Il “minore persona” e la capacità di discernimento: uno sguardo d’insieme

Il “minore persona” e la capacità di discernimento: uno sguardo d’insieme

La storia del minore d’età è forse la storia del tentativo di sganciarsi dalla soggezione degli adulti acquistando la dignità di persona capace di autodeterminarsi.

L’interesse del fanciullo, è tutto proiettato verso il futuro; quindi, tenerne conto, significa contribuire alla formazione ed allo sviluppo armonioso della sua personalità.

Sì può dire che mai come in questi ultimi tempi, l’interesse del bambino è al centro dell’attenzione non soltanto dei giuristi, ma anche degli psicologi, dei sociologi e dei pedagogisti.

Tutto ciò è talmente vero che il secolo appena trascorso è stato definito “il secolo del fanciullo”, mentre il Diritto di Famiglia tende a diventare sempre più “paidocentrico”.

Si è andata infatti ampiamente consolidando, nell’analisi della dottrina e della giurisprudenza più attente, una rinnovata considerazione della posizione del minore, quale soggetto titolare di diritti soggettivi perfetti, autonomi ed azionabili, membro a tutti gli effetti della comunità sociale e protagonista del suo progressivo inserimento in essa.

Tale considerazione viene genericamente ricollegata ad una più approfondita lettura dei principi Costituzionali, secondo una linea di tendenza che dagli arti 2 e 3 conduce agli arti 29, 30 e 31 della Nostra Carta Fondamentale.

La tutela dei diritti fondamentali anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la personalità, nonché l’impegno pubblico a rimuovere ogni ostacolo allo sviluppo della stessa personalità, sono previsioni che costituiscono la chiave di volta di tutto l’edificio Costituzionale e sicuramente si indirizzano anche al minore come ad ogni cittadino.

Su tali basi vanno pertanto interpretate le norme che più specificamente attengono alla problematica familiare e minorile.

Si osserva che nel dettato Costituzionale non acquistino una posizione centrale termini come “minore” o “minore età”; tuttavia ciò non va visto come una scarsa considerazione verso il fanciullo, ma al contrario come una inversione di rotta: da un ordinamento precostituzionale fin troppo ricco di riferimenti alla particolarità o specificità della condizione minorile che necessitava di subordinazione alla tutela degli adulti, alla considerazione del minore “persona” al pari di ogni altro individuo perfettamente capace di autodeterminarsi.

Ed ecco che una nozione diviene centrale per comprendere appieno questa “rivoluzione”: la capacità di discernimento.

Attraverso l’espressione “capacità di discernimento” è possibile rappresentare il riassunto, inteso come punto di arrivo, di una lunga evoluzione del modo di concepire il ruolo del fanciullo nel diritto.

Dall’incapacità legale di agire del minore alla capacità di discernimento, il salto è stato notevole; ma si tratta di due ordini di grandezza incompatibili.

L’incapacità legale di agire è un istituto di raffinata genesi ed elaborazione dogmatica, mentre la capacità di discernimento nasce nei testi delle Convenzioni Internazionali come punto di riferimento di alcune libertà fondamentali.

Si può dire che il Legislatore italiano non aveva mai fatto uso del termine capacità al di fuori degli istituti tipici di riferimento, non aveva mai parlato per il minore di “capacità”, anche quando gliene aveva attribuito l’eccezionale anticipazione o aveva dato lui la possibilità di esprimere un decisivo assenso o consenso. Che cosa sia la “capacità di discernimento” del minore, che fa la sua comparsa nel nostro sistema attraverso l’art. 7 della Legge sull’adozione (cui fanno eco le numerose disposizioni che ripetono la stessa formula) è difficile da dire.

Molti dubitano si tratti di un concetto giuridico, propendendo per una sua valenza psicologica. C’è chi ritiene la si debba equiparare, senza troppi problemi, alla capacità di intendere e di volere che in positivo trova nell’art. 1389 c.c. l’unico appiglio normativo.

Infine c’è chi l’accosta più verosimilmente alla maturità psico-fisica di cui all’art. 84 comma 2 c.c.

Volendo cercare di fornire una definizione di capacità di discernimento, si può dire che la Costituzione direttamente tutela il diritto della persona umana, anche minore d’età, di dirigersi liberamente e di attivarsi secondo le sue personalissime istanze per la realizzazione dei progetti personali di vita.

Chiunque o qualsiasi cosa impedisca tutto ciò, arreca un pregiudizio all’individuo.

È dotato di discernimento colui il quale sia in grado di comprendere ciò che è meglio per se stesso, di avere opinioni ed aspirazioni, ma principalmente di operare delle scelte autonome, ovvero svincolate dall’influenza o dal condizionamento dell’altrui volontà.

La capacità di discernimento di un minore corrisponde alla gradualità di sviluppo della persona, da valutare in concreto ed in relazione alle singole fattispecie.

Sono state le Convenzioni Internazionali la vera “testa d’ariete” per il riconoscimento dei diritti del minore nell’ambito delle situazioni giuridiche che lo vedono protagonista.

Infatti ad un certo momento, ci si è posti l’interrogativo se anche un bambino in tenera età fosse dotato di discernimento e se fosse necessario tenere conto del suo punto di vista. Il primo fondamentale segnale di una accresciuta attenzione verso il minore ed il suo mondo interiore giunge dalla Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia del 1989, meglio nota come Convenzione di New York.

L’esistenza di un testo consacrato ai fanciulli è la conseguenza di un’analisi specifica sul tema dell’infanzia considerata nella sua specialità e peculiarità.

La Convenzione introduce l’idea del bambino come soggetto di diritti invece che come mero oggetto di tutela e protezione; affianca a diritti universalmente riconosciuti e sanzionati (diritto al nome, alla salute, all’istruzione) una serie di diritti di nuova generazione (diritto alla partecipazione del bambino, al rispetto della sua privacy, della sua dignità e libertà di espressione).

L’attenzione deve essere rivolta soprattutto all’art. 12, il quale richiede agli Stati di garantire che ogni minore capace di discernimento abbia il “diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa” e che “le opinioni del fanciullo siano debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”.

Il minore ha dunque il diritto di partecipare attivamente all’assunzione di decisioni che lo riguardano, nonché di influenzare le disposizioni adottate nei suoi confronti; tale diritto va garantito anche nel caso in cui il fanciullo, sebbene capace di farsi una opinione, non sia in grado di comunicarla.

Lo stesso fondamentale articolo, afferma che è necessario dare al minore la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa, l’ascolto potrà essere diretto o intermediato da un rappresentante o da un organismo appropriato, e l’intermediario dovrà trasmettere l’opinione del bambino ed agire solo nel suo superiore interesse.

Le indicazioni della Convenzione di New York sono state riprese, sviluppate e rafforzate negli artt. 3 e 6 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, meglio nota come Convenzione di Strasburgo. La Convenzione prevede che nei procedimenti dinanzi ad una Autorità Giudiziaria che riguardino il minore considerato secondo il diritto interno come avente capacità di discernimento sufficiente, siano riconosciuti al fanciullo, come diritti di cui egli steso può chiedere di beneficiare, quelli di ricevere ogni informazione pertinente e di essere informato delle eventuali conseguenze di qualunque decisione.

Inoltre, l’Autorità Giudiziaria, prima di giungere ad una decisione, deve informare il minore personalmente con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario agli interessi superiori dei bambino, e deve altresì permettere al minore di esprimere la sua opinione, tenendo e poi debitamente conto.

Queste norme contengono molto di più rispetto alla Convenzione di New York, sia per la specificità dei contenuto, sia perché consentono che il minore possa chiedere egli stesso di beneficiare dei diritti di comunicazione e di ascolto.

Sempre la Convenzione di Strasburgo, riconosce al fanciullo il diritto di nominare un proprio rappresentante nei procedimenti che lo riguardano.

Esistono alcuni altri documenti internazionali che impongono l’ascolto del minore.

Fra di essi è opportuno ricordare la Convenzione relativa al rimpatrio di minori sottoscritta a l’Aja nei 1970, il Regolamento Comunitario n. 1347/2000 relativo al riconoscimento di Sentenze in materia matrimoniale, e la Convenzione de l’Aja del 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.

Tutti i documenti internazionali di cui si è sin qui disquisito sono ovviamente stati ratificati dall’Italia.

In particolare, il fondamentale art. 12 della Convenzione di New York è stato ritenuto dalla Sentenza n. 1 del 2002 della Corte Costituzionale, immediatamente recettivo nell’Ordinamento Italiano, senza cioè alcun bisogno di una legge di attuazione.

Ecco quindi che la nozione “capacità di discernimento”, implementata a livello internazionale, fa il suo ingresso anche nel nostro Ordinamento, ed ecco che si avvia quel processo, tuttora in itinere ed in costante inevitabile evoluzione, volto a dare piena e compiuta rilevanza al “minore persona”, fulcro del Diritto di Famiglia e perno di un contesto socio-giuridico degno di un Paese come il nostro.

La capacità di discernimento del fanciullo trova la sua pragmatizzazione nel tema dell’ascolto del minore nel Diritto, tematica tanto importante quanto delicata, che formerà oggetto di un mio prossimo contributo.


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Avv. Ivana Consolo

Sono l'Avv. Ivana Consolo ed esercito la Professione Forense presso il Foro di Catanzaro dall'anno 2010. Mi sono laureata nell'anno 2007 presso l'Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro, conseguendo il voto di 110/110 e Lode Accademica, con una tesi in Diritto di Famiglia dal titolo: "La capacità di discernimento del minore e la riforma dell'adozione". Il mio ambito di attività è costituito prettamente dal Diritto Civile in ogni suo settore. Lavoro in autonomia presso il mio Studio Professionale, sito in Catanzaro, Viale De Filippis n. 38; sono altresì Mediatore per la Società di Mediaconciliazione Borlaw. Da sempre ho una naturale abilità nella scrittura, e per questo sono qui, ad offrire a chi avrà la bontà di leggere, ciò che periodicamente redigo.

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