Il principio dell’autodeterminazione nella sfera del minore

Il principio dell’autodeterminazione nella sfera del minore

Sommario: 1. Definizione di autodeterminazione – 2. Autodeterminazione del minore – 2.1. Autodeterminazione informata del minore 2.2. Autodeterminazione terapeutica del minore – 3. Conclusioni

 

In questo lavoro, si parlerà del principio dell’autodeterminazione nella sfera del minore; nello specifico si guarderà a quando si può applicare tale pricipio e quindi il minore stesso può autodeterminarsi nelle situazioni che lo rigurdano e quando esso invece non può autodeterminarsi, risultando tale principio non applicabile, e quindi spetta prendere decisioni a chi detiene ed esercità la responsabilità genitoriale o  tutela del minore stesso, tenendo conto sempre dell’interesse superiore del minore.

1. Definizione di autodeterminazione

Con il termine autodeterminazione si fa riferimento alla situazione in cui l’ individuo può determinare in modo libero e autonomo le proprie scelte nelle situazioni che lo riguardano. La stessa autodeterminazione dunque è un principio con il quale si consente al soggetto stesso la facoltà di scegliere liberamente le proprie aspettative di salute e di vita.

Lo stesso principio trova una forte tutela, sia nella Carta Costituzionale nell’art. 32, il quale sancisce, “ la Repubblica tutela la saluta come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana ”[1], sia con strumenti a livello internazionale, come gli interventi della Comunità Europea, che disegnano con attenzione e determinazione maggiore, il senso intimo di una così pressante tutela concessa alla persona.

A tal riguardo è necessario prendere in considerazione, la Convenzione del Consiglio d’Europa, per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina ( c.d. Convenzione di Oviedo), in cui all’art. 5 comma 1  sancisce che  un intervento nel campo della salute non possa essere effettuato se non dopo che la persona stessa a cui è destinato abbia deliberatamente espresso il libero ed informato consenso[2].

Ma tale principio è applicabile anche per la persona minore di età? Sì, ma con delle differenziazioni che il legislatore ha voluto tenere ben presente, come, ad esempio, nelle situazioni che di seguito vengono analizzate.

2. Autodeterminazione del minore

In materia relativa al minore bisogna prendere in considerazione gli ultimi due interventi normativi che, a loro volta, hanno preso in considerazione la persona minore di età in tutte la sue dimensioni, guardando quelle scelte auto-determinative solitamente ricondotte alle “situazioni esistenziali”, e stabilendo regole, seppur non omogenee, rispetto alla capacità del minore di autodeterminarsi.

Ci riferiamo, in particolare, ai seguenti strumenti normativi: Regolamento Europeo sulla Privacy ( Reg. EU. 2016/679), entrato in vigore il 25 maggio 2018; L. n. 219 del 2017, c.d. Legge sul fine vita.

2.1. Autodeterminazione informata del minore

L’art. 8 del Reg. 678/2016 stabilisce che “ per quanto riguarda l’offerta diretta dei servizi delle società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore sia sedicenne o ultrasedicenne, nel caso invece di minore infra sedicenne, il consenso è lecito, purché prestato e autorizzato da chi ne esercita la responsabilità genitoriale ”[3].

Per meglio comprendere tale articolo, bisogna guardare la stessa situazione giuridica in materia del diritto alla privacy, ove viene riconosciuto al suo interno anche il “diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni”, quale diritto stesso ascritto nei diritti della persona, di cui anche il minore si fa portatore. L’autorizzazione al trattamento dei propri dati personali, avviene attraverso un atto che è chiamato “ consenso informato ”, atto con cui il soggetto manifesta la volontà e il potere di autodeterminarsi rispetto alla divulgazione e all’utilizzo da parte di soggetti terzi, delle informazioni che riguardano la sfera personale, non a caso il garante alla privacy ha qualificato come  “Diritto all’autodeterminazione informativa[4].

Tale atto, è da ritenersi tra gli “ atti personalissimi ” attinenti all’esercizio dei diritti fondamentali, ed in quanto tali, devono essere dalla stessa persona – in questo caso il minore – in quanto atti non delegabili.

Il legislatore interno, a tal proposito, ha stabilito che il consenso deve essere prestato dal minore di anni 14 e in caso di minori infra quattordicenni, il consenso stesso deve essere prestato da chi detiene ed esercita la responsabilità genitoriale, ponendo il limite alle comunicazioni di offerta diretta di servizio della società dell’informazione, ossia a quei servizi che consentono l’accesso alle informazioni o comunicazioni.

2.2. Autodeterminazione terapeutica del minore

L’art. 1 della l. 219/2017  stabilisce che viene attribuito ad ogni soggetto la facoltà di rifiutare qualsiasi trattamento diagnostico o sanitario proposto dal medico, nonché revocare anche l’eventuale consenso precedentemente prestato.

In caso di soggetto minore bisogna guarda il successivo art. 3, che dopo aver rubricato al comma 1, che la persona minore di età ( o incapace )  “ ha diritto di valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all’art.1, comma 1”[5], al comma 2 aggiunge, che “ il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato  dagli esercenti della responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà del minore, in relazione della sua età, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”[6].

Va da sé, quindi, che nell’attuale quadro normativo, in ambito di autodeterminazione terapeutica, la stessa non è posta nelle mani del minore di 18 anni, ma nelle mani di chi ne esercita la responsabilità genitoriale, a prescindere dal grado di evoluzione e dalla capacità di discernimento che lo stesso minore possiede. Resta però da evidenziare che il minore in ambito sanitario può essere informato del trattamento a cui è sottoposto, può essere informato del suo stato di salute, senza però che possa dissentire in qualcosa.

3. Conclusioni

In conclusione, la scelta del legislatore, in ambito di autodeterminazione del minore, di adottare e privilegiare soluzioni differenziate, qualificando per alcune situazioni il minore come soggetto “capace,” mentre per altre indipendentemente dallo stato evolutivo e capacità di discernimento “non capace”, è conseguenza inevitabile della intrinseca poliedricità delle relazioni che oggi più di ieri, coinvolgono in via diretta soggetti in fase evolutiva, sicché appare sconveniente riferirsi al minore in modo unitario, nella completezza delle sfere di vita che lo coinvolgono.

 

 

 

 

 


[1] Cost., art 32.
[2] P. TONTOLI, “ L’ascolto del minore”, Tesi di Laurea presso CdL Magistrale in Giurisprudenza, Università degli Studi del Sannio, Anno 2024.
[3] Reg. EU., Privacy, n. 679 del 2016, art 8.
[4] P. Tontoli, “L’ascolto del minore”, Tesi di Laurea presso CdL Magistrale in Giurisprudenza, Università degli Studi del Sannio, Anno 2024.
[5] Art. 3, comma 1, L. 22 dicembre 2017, n. 2019.
[6] Art. 3, comma 2, L. 22 dicembre 2017, n. 2019.

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Dott. Pino Tontoli

Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso Università degli Studi del SannioMateria di Competenza - Diritto di Famiglia e Minorile ( Area Civilistica)

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