La rinuncia preventiva ai diritti nascenti dal contratto di locazione. Risoluzione di un caso pratico

La rinuncia preventiva ai diritti nascenti dal contratto di locazione. Risoluzione di un caso pratico

Sommario: 1. Il caso pratico – 2. La legge dell’equo canone e l’indennità da perdita dell’avviamento commerciale – 3. I diritti nascenti dal contratto di locazione quali diritti indisponibili

 

1. Il caso pratico

Con contratto del febbraio 2005, il Comune di Alfacity, proprietario di un locale commerciale, concedeva in locazione il predetto immobile alla conduttrice Beta s.r.l., che lo adibiva a pasticceria.

Senonché, in data 7 agosto 2020, il Comune di Alfacity manifestava al conduttore la volontà di esercitare il diritto di recesso dal contratto, al fine di destinare il locale ad altro uso.

Il conduttore, contestando tale richiesta, indirizzava al Comune una formale diffida al pagamento di una indennità pari a diciotto mensilità del canone contrattualmente dovuto.

Il Comune, prendendo posizione, rifiutava il pagamento richiesto esibendo il contratto originariamente pattuito.

L’accordo prevedeva, invero, che in ipotesi di recesso dal contratto da parte del locatore, il conduttore avrebbe rinunciato ai diritti di cui all’art. 34 l. 392/1978, in tema di indennità per la perdita dell’avviamento.

Tizio, legale rappresentante della Beta s.r.l., si rivolgeva allora ad un legale per avere delucidazioni sul punto e per comprendere se vi fossero ulteriori contestazioni da poter sollevare in merito a quanto asserito dal locatore.

2. La legge dell’equo canone e l’indennità da perdita dell’avviamento commerciale

La legge dell’equo canone cristallizza la disciplina dei contratti di locazione di immobili urbani utilizzati per scopi diversi da quello abitativo. Tale legge stabilisce che la durata di questo tipo di locazioni non può essere inferiore a sei anni. Si tratta, a ben vedere, di una norma cogente che stabilisce la durata della locazione prevedendo, nel caso in cui venga stipulato un contratto per una durata inferiore, una automatica eterointegrazione del contratto.[1] In altri termini, la durata inferiore eventualmente pattuita viene sostituita automaticamente con la durata minima stabilita dalla legge. È quanto suffragato, peraltro, dalla giurisprudenza di legittimità in virtù della quale ove le parti abbiano concordato una durata del contratto inferiore al sessennio imposto per legge, la relativa clausola è destinata ad essere sostituita di diritto, ex art. 1419, 2 comma, cod. civ., dalla norma imperativa di cui all’art. 27, 4 comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, senza che ne resti travolto l’intero contratto.[2]

Il caso in esame, tuttavia, non lascia spazio ad osservazioni critiche circa la durata del contratto, atteso che lo stesso è in essere da ben quindici anni.

Quanto alla disciplina del recesso, la legge prevede che il conduttore possa recedere dal contratto in tronco, dandone semplicemente avviso al locatore almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione, oppure, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, per gravi motivi. Si tratta di fatti improvvisi e inattesi, che non dipendono in alcun modo dalla volontà o dal comportamento del conduttore; devono sostanziarsi, invero, in fatti involontari, imprevedibili, sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo.[3]      

La legge in esame prevede, inoltre, che in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo ad un immobile urbano utilizzato per scopi diversi da quello abitativo, il conduttore ha diritto, se si tratta di attività di tipo commerciale (ma non solo), ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto.[4]

Si tratta di una disposizione centrale posta a tutela del conduttore. Coloro che esercitano attività industriali, artigianali o commerciali, infatti, subiscono un notevole danno dallo spostamento del luogo ove svolgono la propria attività. Soprattutto, per la perdita del cosiddetto avviamento.

Si tratta, a ben vedere, di una vera e propria presunzione di danno in virtù della quale il conduttore viene esentato dal dovere di provare il danno subito, essendo il pregiudizio presunto per il solo fatto di dover lasciare la propria attività imprenditoriale, trasferendola in un luogo diverso.

Il diritto del conduttore a percepire l’indennità per perdita dell’avviamento nasce nel momento in cui viene a cessare il contratto di locazione e, addirittura, sorge indipendentemente da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno concretamente derivante dal rilascio, con la conseguenza che [l’indennità] spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile.[5]   

Va segnalato, inoltre, che la legge dell’equo canone prevede la nullità di qualsivoglia pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dalle medesima legge, ovvero un altro vantaggio in contrasto con quanto normativamente previsto.[6]

Anche in questo caso la disposizione è palesemente orientata alla tutela del conduttore che è parte debole del contratto. Questi, infatti, spinto dal bisogno di assicurarsi la disponibilità dell’immobile ben potrebbe essere indotto ad accettare condizioni contrattuali a sé sfavorevoli. Fermo restando che l’art. 79 l. 392/1978, che commina la nullità delle convenzioni tendenti ad escludere preventivamente i diritti del conduttore, non esclude la possibilità per il conduttore medesimo di disporre dei diritti una volta che questi siano sorti e possano essere fatti valere.[7]

3. I diritti nascenti dal contratto di locazione quali diritti indisponibili

Esaminato il quadro normativo riferibile alla fattispecie concreta oggetto d’indagine, occorre prendere in esame due ordini di considerazioni.

In primo luogo, sembrerebbe fatto salvo il diritto del conduttore a percepire l’indennità da perdita di avviamento. I presupposti ricorrono tutti: la locazione è infatti cessata ad iniziativa del locatore e non è dipeso da inadempimento del conduttore né disdetta né recesso da parte di quest’ultimo; inoltre l’attività del conduttore è qualificabile come attività industriale, commerciale, artigianale, trattandosi di una pasticceria.

In secondo luogo, è pur vero che dal dato testuale dell’art. 79 della l. 392/1978 si evince che nulla impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità della perdita dell’avviamento commerciale.

Ciò che permette di fare chiarezza è un ormai costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in virtù del quale l’eventuale rinuncia all’indennità sarebbe dovuta avvenire successivamente alla conclusione del contratto, e non prima. Scrivono gli Ermellini che “l’art. 79 della legge 27 luglio 1979, n. 392, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità della perdita dell’avviamento commerciale, purché ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata”.[8]

L’indirizzo interpretativo è tale da suggerire che le esigenze di inderogabile tutela del contraente debole, in questo caso il conduttore, sussistono fino alla stipulazione del contratto, il quale non potrà mai e poi mai contenere clausole dissonanti con la ferrea protezione assicurata dalla legge al conduttore. Solo dopo aver stipulato il contratto, raggiunto l’equilibro contrattuale, le parti potranno disporre liberamente attraverso rinunce dei diritti nascenti dal contratto medesimo.

Alla luce di quanto sinora delineato possiamo concludere che fintanto che la locazione non è stipulata i relativi diritti sono elevati al rango di diritti indisponibili. Solo dopo che le parti hanno raggiunto la pari forza contrattuale, i diritti nascenti saranno declassati a diritti disponibili.

Il quesito oggetto d’esame può quindi facilmente essere risolto: la Beta s.r.l., infatti, ben potrà invocare la nullità della clausola contrattuale esibita dal Comune di Alfacity e riguardante la rinuncia del conduttore all’indennità da perdita di avviamento. Tale clausola, invero, è stata inserita ab origine, prima della conclusione del contratto. La nullità della clausola è, dunque, del tutto evidente poiché il conduttore ha rinunciato ad un diritto che ancora era indisponibile e posto proprio a sua tutela. La rinuncia poteva essere addotta dal Comune come esimente solo se oggetto di un accordo posteriore alla stipulazione.

 

 

 

 


[1] Cfr. art. 27 l. 392/1978.
[2] Cass. Civ., sez. III, n. 24843/2014.
[3] Cass. Civ., sez. III, n. 9443/2010.
[4] Cfr. art. 34 l. 392/1978
[5] Cass. Civ. sez. III, n. 11770/2017.
[6] Cfr, art. 79 l. 392/1978.
[7] Cass. Civ., sez. III, 8444/1996.
[8] Cass. Civ. sez. III, n. 15373/2018.

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