La tutela cautelare del diritto di informazione del socio non amministratore di s.r.l.

La tutela cautelare del diritto di informazione del socio non amministratore di s.r.l.

L’ostensione della documentazione sociale ex art. 2476, comma 2, c.c. può essere chiesta anche mediante il procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.

Costituisce ormai ius receptum in Giurisprudenza la possibilità di ottenere tutela al diritto soggettivo potestativo del socio non amministratore di s.r.l., codificato dall’art. 2476 comma 2 c.c., di accedere alla documentazione sociale anche in via cautelare attraverso il procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.

Tale approdo giurisprudenziale si fonda sul presupposto che, nell’attuale sistema normativo, non esiste un rimedio cautelare tipico che sia in grado di garantire tutela in maniera piena, efficace e soprattutto celere, al predetto diritto di informazione e controllo.

In alternativa all’azione di merito specifica, pertanto, è sempre possibile ricorrere al rimedio cautelare atipico e residuale di cui all’art. 700 c.p.c., chiedendo l’emanazione di un provvedimento d’urgenza avente contenuto condannatorio.

 

Sommario: 1. Normativa di riferimento – 2. Il diritto di informazione e controllo del socio – 3. Strumenti di tutela del diritto – la tutela cautelare d’urgenza – 4. Il fumus boni iuris5. Il periculum in mora

 

1. Normativa di riferimento

Art. 2476, comma 2, c.c. I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione”.

Art. 700 c.p.c. Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso [125] al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”.

Art. 3 D.lgs. 168/2003Le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, ad esclusione delle azioni di merito e cautelari per le quali l’Accordo su un tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 19 febbraio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C 175 del 20 giugno 2013, prevede la competenza esclusiva del tribunale unificato dei brevetti, fatto salvo il regime transitorio di cui all’articolo 83 del medesimo Accordo; b) controversie in materia di diritto d’autore e di diritti connessi al diritto d’autore; c) controversie di cui all’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287; d) controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione europea. d-bis) controversie di cui al titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile; d-ter) controversie di cui alla parte V, titolo II.1, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. [II] Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti: a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter del codice civile; b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’articolo 2341-bis del codice civile; d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano; e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 3), all’articolo 2497-septies e all’articolo 2545-septies del codice civile; f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario. [III] Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”.

 2. Il diritto di informazione e controllo del socio

Il summenzionato comma 2 dell’art. 2476 c.c. ha codificato il c.d. “diritto di informazione e controllo” del socio non amministratore di s.r.l., riconoscendo allo stesso il diritto di accedere alla documentazione sociale, e dunque di consultare (anche tramite professionisti di fiducia) i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione, nonché di avere notizie sullo svolgimento degli affari sociali.

Orbene, come anche evidenziato dalla Giurisprudenza, ci si trova di fronte ad un diritto potestativo di controllo avente natura autonoma, che può essere esercitato da qualunque socio non amministratore indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso dovesse essere titolare.

Tale previsione si pone in analogia con la disciplina contenuta all’interno dell’art. 2261 c.c., che, in tema di società di persone, riconosce in capo ai soci che non partecipano all’amministrazione un potere di controllo sulla gestione della società.

La ratio sottesa alla previsione di cui al comma 2 dell’art. 2476 c.c. è rappresentata dalla necessità di soddisfare l’esigenza del socio che non partecipa all’amministrazione della società di acquisire tutte le informazioni utili a consentire allo stesso di esercitare il proprio controllo sull’attività gestoria esercitata dall’organo amministrativo. In molti casi, infatti, l’esercizio di tale diritto è funzionale all’esperimento dell’azione sociale di responsabilità promuovibile in via surrogatoria da ciascun socio, nonché dell’azione di revoca dell’organo gestorio.

Peraltro, appare altresì opportuno precisare che, conformemente a quanto chiarito dalla Giurisprudenza (cfr. Tribunale di Roma, Sezione III, ordinanza del 18 agosto 2016), la possibilità di esercitare il superiore potere di controllo permane anche nell’eventualità in cui la società dovesse essere stata posta in liquidazione.

Il carattere potestativo del diritto di informazione e controllo del socio comporta che lo stesso è incondizionato, e che il soggetto passivo (ovvero la società medesima, per quanto meglio si preciserà nel paragrafo successivo) si trova in una situazione di soggezione, ovvero nella condizione di dover necessariamente soggiacere alla richiesta di accesso formulata dal socio non amministratore.

Il diritto di consultazione previsto dall’art. 2476, comma 2, c.c., infatti, in quanto strumentale all’esercizio del fondamentale potere di controllo riconosciuto al socio non amministratore, non tollera limitazioni, se non quelle connesse al generale principio di buona fede e correttezza, e può essere esercitato senza che sia necessario indicare i motivi sottesi all’esercizio della potestà in questione.

Motivi che possono riguardare sia, per un verso, la tutela degli interessi della società medesima a fronte di possibili condotte gestorie illecite da parte dell’organo amministrativo (nel quadro della responsabilità degli amministratori nei confronti della società), sia, per altro verso, la tutela di interessi propri del socio che richiede l’ostensione della documentazione sociale.

A tal fine, la Giurisprudenza di Merito ha ulteriormente precisato che “il legislatore ha disegnato il diritto di accesso del socio alla documentazione sociale come una manifestazione del suo potere individuale di controllo – anche, ma non necessariamente – collegato alla legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e, come tale, esercitabile in via potestativa, senza che il socio debba indicare o dimostrare l’utilità della documentazione a cui intende accedere rispetto ad uno specifico interesse”(cfr. Tribunale di Torino, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ordinanza del 20 febbraio 2019).

Peraltro, atteso che il diritto previsto dall’art. 2476, comma 2, c.c. contempla una potestà che è diretta espressione dello status stesso di socio (status che non è soggetto a prescrizione), allo stesso modo, tale potestà non può ritenersi suscettibile di prescrizione.

Conseguentemente, il diritto del socio all’informazione e alla consultazione della documentazione societaria, quale strumento attraverso il quale si può estrinsecare il controllo dello stesso sull’amministrazione della società, non può ritenersi soggetto ad alcun limite temporale, potendo essere esercitato in ogni momento e per tutto il periodo in cui perdura il rapporto con la società.

Ciò premesso, come già sopra accennato, l’unico limite che incontra il diritto de quo è rappresentato dalla necessità che l’esercizio dello stesso avvenga nel rispetto dei generali principi di correttezza e buona fede.

Segnatamente, sono da considerare illegittimi, in quanto contrari a correttezza e buona fede, i comportamenti del socio che dovesse richiedere l’ostensione di documentazione sociale per finalità estranee a quelle strettamente informative, ovvero unicamente con l’obiettivo di turbare e/o ostacolare l’operato dell’organo amministrativo.

Il legittimo esercizio del diritto (ancorché potestativo), infatti, non può sfociare in un abuso, che si verificherebbe nell’eventualità in cui il socio dovesse richiedere informazioni o l’esibizione di documenti dei quali non ha effettivamente bisogno; e ciò al solo scopo di esercitare un’ingerenza nell’attività degli amministratori, così da ostacolare l’operato degli stessi, ovvero l’attività della società.

Allo stesso modo, costituisce illegittimo esercizio del diritto di informazione e controllo la condotta del socio che dovesse esercitare tale potere in modo contrastante con l’interesse sociale, o con modalità tali da recare intralcio alla gestione societaria, ovvero con l’obiettivo di svantaggiare la società nel rapporto con imprese concorrenti.

Chiaramente, è lapalissiano che, in tali circostanze, l’esercizio del diritto di informazione e controllo non potrebbe ricevere tutela, sussistendo dall’altro lato un vero e proprio obbligo per gli amministratori di rifiutarsi di fornire informazioni riservate o confidenziali, ovvero di consentire l’ostensione di documenti sociali riservati. E ciò in considerazione del fatto che, ovviamente, anche l’organo amministrativo potrebbe altrimenti rendersi responsabile nei confronti della società per l’indebito utilizzo di informazioni riservate da parte del socio ai danni della società.

In particolare, tra le esigenze che potrebbero spingere l’organo amministrativo a richiedere il rispetto di specifiche modalità e condizioni nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione sociale, fino al punto di precludere la visione di alcuni documenti o di informazioni in essi riportati, figurano la necessità di salvaguardare dati, informazioni riservate o del know-how aziendale, nonché la prevenzione di un uso strumentale del diritto di ispezione da parte del socio (quale potrebbe essere quello esercitato non per scopi di controllo individuale, bensì per scopi concorrenziali, avuto riguardo alla concreta posizione del socio richiedente che renda verosimili e seri i rischi di un utilizzo abusivo della documentazione riservata).

Nell’eventualità in cui le circostanze concrete lasciassero presagire un comportamento del socio contrario a buona fede nei rapporti sociali, la società potrebbe legittimamente subordinare l’esercizio del diritto di ispezione al rispetto di specifiche richieste, quali ad esempio: l’oscuramento dei dati sensibili (anche di natura commerciale) sulle copie dei documenti maggiormente rilevanti; ovvero la firma di impegni di non disclosure da parte del socio.

Per quanto concerne invece il “contenutodel diritto di informazione e controllo da parte del socio non amministratore, e dunque la documentazione alla quale lo stesso può avere accesso nell’esercizio summenzionato diritto, si rileva quanto segue.

È ormai pacifico in Giurisprudenza che il diritto di controllo non ha ad oggetto soltanto i libri sociali, bensì tutti i documenti e le scritture contabili, i documenti fiscali e quelli riguardanti singoli affari, poiché il riferimento normativo ai “documenti relativi all’amministrazione” è in sé idoneo a ricomprendere ogni documento concernente la gestione della società e non consente letture riduttive volte a distinguere, ad esempio, la documentazione amministrativo-contabile da quella più prettamente commerciale.

Nello specifico, infatti, è stato precisato che il diritto di accesso alla documentazione sociale da parte del socio si estende a “tutta la documentazione contrattuale, amministrativa, contabile e fiscale della società, previa comunicazione del luogo o dei luoghi in cui è custodita la suddetta documentazione: in particolare, ma l’elenco non è esaustivo, deve essere consentito di esaminare, con facoltà di estrarne copia, a cura e spese della ricorrente, il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee e delle decisioni dei soci, il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo amministrativo, il libro inventari, il libro giornale, i registri IVA, le dichiarazioni fiscali, le fatture attive e passive, il registro cespiti, gli estratti conto bancari, tutti i contratti (in particolare i contratti di compravendita e i contratti preliminari di compravendita di immobili) in cui sia parte la società, tutti gli atti notificati a (o da) privati a (o da) Pubbliche Amministrazioni”, il tutto dalla data di costituzione della società, fino alla data dell’accesso” (cfr. Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ordinanza del 24 luglio 2017).

L’espressione utilizzata dal legislatore, pertanto, deve essere interpretata nella sua accezione più ampia.

3. Strumenti di tutela del diritto – la tutela cautelare d’urgenza

Come già chiarito in premessa, il diritto di informazione e controllo del socio non amministratore di s.r.l. può essere esercitato sia in via ordinaria attraverso l’azione di merito specifica, ovvero ricorrendo alla tutela cautelare, qualora dovessero sussistere specifiche ragioni di urgenza tali da giustificare il ricorso alla stessa.

In difetto di un rimedio cautelare tipico per l’esercizio di tale diritto, l’unico strumento al quale è possibile ricorrere è quello atipico e residuale previsto dall’art. 700 c.p.c., che si estrinseca nella possibilità di chiedere l’emanazione di un provvedimento d’urgenza avente contenuto condannatorio.

La norma in questione, infatti, fuori dai casi in cui esista un altro rimedio cautelare “tipico”, consente a chiunque abbia motivo di temere che, nelle more del tempo necessario ad esercitare il proprio diritto nelle forme ordinarie, lo stesso possa subire un pregiudizio grave ed irreparabile, di agire in via d’urgenza, attraverso un procedimento che è in grado di anticipare gli effetti di quella che sarebbe stata l’eventuale decisione adottata all’esito di un giudizio di merito.

In tale contesto, la tutela cautelare d’urgenza si pone pienamente in linea con la ratio sottesa al diritto di informazione e controllo del socio.

Ed infatti, atteso che, nella maggior parte dei casi, l’esercizio del potere di controllo connesso a tale diritto è preordinato a verificare il compimento di eventuali irregolarità da parte dell’organo amministrativo, se non addirittura funzionale al successivo esperimento dell’azione sociale di responsabilità, ovvero di revoca dell’organo amministrativo, la necessità di ottenere una tutela rapida al diritto in questione, attraverso un procedimento che consenta di ottenere quanto richiesto in tempi decisamente più brevi rispetto a quelli richiesti dal rito ordinario, è connaturata alla funzione stessa del diritto in questione.

Il ricorso alla tutela cautelare d’urgenza, tuttavia, presuppone la sussistenza in concreto di entrambi i requisiti richiesti dalla legge, ovvero del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Presupposti intesi, il primo, come dimostrazione della verosimile esistenza del diritto per cui si agisce, essendo sufficiente (sulla base di un giudizio necessariamente sommario) la probabile fondatezza della pretesa azionata, mentre, il secondo, come fondato motivo di temere che, nelle more del tempo occorrente per far valere il proprio diritto in via ordinaria, quest’ultimo rimanga all’esito insoddisfatto in quanto minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile.

Requisiti la cui “declinazione” con specifico riferimento all’esercizio del diritto di cui all’art. 2476, comma 2, c.c. verrà compiutamente analizzata nei paragrafi successivi.

Per quanto concerne la competenza giurisdizionale, ferma l’applicazione degli artt. 669-ter e 669-quater relativi al riparto di competenza a seconda che la domanda sia proposta ante causam ovvero in corso di causa, rientrando l’esercizio del diritto di informazione e controllo del socio tra le materie contemplate dall’art. 3 del D.lgs. 168/2003, sussiste in ogni caso la competenza funzionale delle Sezioni Specializzate in Materia di Proprietà Industriale ed Intellettuale (c.d. “Tribunale delle Imprese”).

Con riferimento alla legittimazione all’esperimento dell’azione, invece, si rileva quanto segue.

La legittimazione attiva all’azione è riconosciuta al socio non amministratore indipendentemente dalla consistenza della quota di partecipazione al capitale sociale, ed anche se la società dovesse essere stata posta in liquidazione.

Peraltro, come già chiarito nel paragrafo precedente, l’esercizio del diritto di informazione e controllo da parte del socio, essendo connesso allo status stesso di socio, può essere esercitato, anche in via giudiziaria, senza limiti temporali e di reiterazione, almeno fintantoché dovesse permanere il rapporto che lo lega alla società.

Per quanto concerne, invece, la legittimazione passiva, è ormai pacifico in Giurisprudenza che la stessa sussiste in capo alla società in persona del legale rappresentante pro tempore, e non in capo agli amministratori uti singuli. E ciò a dispetto di quanto potrebbe apparentemente ricavarsi dal tenore letterale della disposizione codicistica, che, prevedendo che “i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori [… omissis]”, sembrerebbe attribuire la predetta legittimazione passiva direttamente in capo all’organo amministrativo.

Invece, dal momento che il diritto di controllo del socio attiene ai rapporti endo-societari e non investe la sfera giuridica personale dell’amministratore in quanto tale (pur presupponendo la sua attuazione la necessaria collaborazione da parte degli amministratori, che devono poi materialmente soddisfare la pretesa del socio di avere notizie sull’andamento della società e di ispezionare la documentazione sociale), il ricorso ex art. 700 c.p.c. deve essere rivolto necessariamente alla società in persona del suo legale rappresentante, la quale costituisce l’unico soggetto dotato di legittimazione passiva rispetto alla domanda cautelare. Restano, invece, privi di legittimazione passiva i singoli amministratori (cfr. sul punto sia Tribunale di Torino, Sezione Specializzata in Materia di Imprese, ordinanza del 24.05.2018, che più di recente Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in Materia di Imprese, ordinanza del 16.10.2023).

Analoghe considerazioni valgono anche con riferimento all’eventuale richiesta di condanna ex art. 614-bis per ogni giorno di ritardo nell’ottemperamento dell’ordine di esibizione della documentazione sociale di cui dovesse essere stata chiesta l’ostensione, formulata al fine di garantire l’effettività della tutela invocata.

Anche tale richiesta di condanna, infatti, deve essere formulata nei confronti della società, in persona del legale rappresentante, non potendosi ancorare una legittimazione passiva diretta dell’amministratore al solo fatto che l’esecuzione del provvedimento richieda necessariamente la cooperazione da parte dello stesso.

Per l’analisi dei presupposti dell’azione (fumus boni iuris e periculum in mora), si rinvia invece a quanto compiutamente esposto nei paragrafi che seguono.

Infine, si rileva che, qualora il Tribunale dovesse ritenere in concreto sussistenti entrambi i suddetti requisiti, con conseguente accoglimento della domanda cautelare, il relativo procedimento si concluderà con un ordine rivolto alla società di consentire al socio non amministratore, anche per il tramite di un professionista di sua fiducia, la consultazione della documentazione sociale di cui dovesse essere stata richiesta (ed autorizzata) l’ostensione. Il tutto con diritto del socio di estrarne copia a proprie spese.

4. Il fumus boni iuris

Per quanto concerne il presupposto del fumus boni iuris, inteso (come detto) in termini di parvenza di fondatezza del diritto azionato, appare doveroso evidenziare che esso è invero in re ipsa, trovando fondamento direttamente nel diritto contemplato dall’art. 2476, comma 2, c.p.c.

Il diritto di informazione del socio e di accesso ai documenti relativi all’amministrazione, infatti, essendo connaturato alla qualità di socio, avendo carattere potestativo, ed essendo espressione del diritto di ciascun socio di vigilare sulla gestione della società (alla luce di quanto già chiarito sopra) può essere sempre esercitato senza limiti particolari, non essendo necessario dimostrare la sussistenza di uno specifico interesse alla consultazione della documentazione di cui dovesse essere chiesta l’ostensione.

Conseguentemente, “… [omissis] è possibile ricorrere alla tutela cautelare anche solo per far valere il diritto medesimo” (cfr. Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ordinanza del 13 marzo 2015).

Ai fini della dimostrazione della sussistenza del presupposto del fumus boni iuris, pertanto, nel relativo procedimento cautelare per il ricorrente sarà sufficiente dimostrare il possesso della qualifica di socio non amministratore.

Diversamente, graverà invece sulla società resistente, eventualmente, l’onere di dimostrare che la richiesta avanzata dal socio risulta contraria ai principi di correttezza e buona fede, in quanto il diritto risulta essere esercitato per finalità estranee a quelle strettamente informative, ovvero unicamente con l’obiettivo di turbare e/o ostacolare l’operato dell’organo amministrativo (e quindi in maniera pretestuosa).

Pertanto, va da sé che il semplice (ingiustificato) mancato accoglimento da parte dell’organo amministrativo della richiesta di accesso alla documentazione sociale presentata dal socio non amministratore determina sempre, di per sé, la fondatezza del ricorso ex art. 700 c.p.c. volto all’ostensione della predetta documentazione.

5. Il periculum in mora

Quanto periculum in mora, anche tale presupposto (al pari del già analizzato fumus boni iuris) deve considerarsi invero in re ipsa, in quanto insito nella struttura stessa del diritto di informazione e controllo riconosciuto al socio non amministratore di una s.r.l. dall’art. 2476, comma 2, c.c.

Infatti, alla luce di quanto già sopra chiarito, essendo l’esercizio di tale diritto preordinato principalmente a verificare la corretta gestione della società da parte dell’organo amministrativo (anche nell’ottica della revoca dell’amministratore e/o della proposizione di un’azione di responsabilità a carico dello stesso), presuppone necessariamente che il suo accoglimento avvenga in tempi rapidi, che sono incompatibili con la durata di un giudizio ordinario.

In conformità a quanto sopra evidenziato, si rileva che, sul punto, la Giurisprudenza di Merito ha chiarito che “quanto sopra si riverbera anche sul tradizionale requisito del periculum in mora necessario per accedere alla tutela cautelare, atteso che il diritto di controllo in questione è per sua natura incompatibile con la durata del giudizio ordinario. Il diritto di controllo, infatti, presuppone tempi rapidi di esercizio perché, ove non effettuato con la necessaria immediatezza, perde, per definizione, di efficacia sia preventiva che strumentale rispetto all’esercizio dei diritti sociali” (cfr. Tribunale di Torino, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ordinanza del 20 febbraio 2019).

Conseguentemente, in tale contesto, appare evidente che, a maggior ragione, il requisito del periculum in mora deve sempre ritenersi sussistente nell’eventualità in cui al socio non amministratore dovesse essere stata ingiustificatamente negata dall’organo amministrativo la richiesta di accesso alla documentazione sociale.

In questo senso, infatti, anche di recente, è stato ribadito che “al di là delle limitazioni derivanti dall’operatività del principio di buona fede e correttezza, l’ingiustificato procrastinarsi del rifiuto da parte degli amministratori all’accesso del socio alla documentazione sociale vale, di per sé, ad integrare il periculum in mora che giustifica l’emissione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., poiché il ritardo lede il diritto di controllo del socio medesimo sull’amministrazione della società e l’esercizio dei poteri connessi sia all’interno della società che mediante eventuali iniziative giudiziarie” (cfr. Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ordinanza del 19 gennaio 2023).

Considerazioni analoghe valgono anche con riferimento all’eventualità in cui vi fosse la chiara evidenza circa il compimento di atti di mala gestio da parte dell’organo amministrativo.

L’esigenza di controllo da parte del socio, nonché di avere riscontro documentale (attraverso l’accesso ai documenti sociali) di una situazione conclamata di irregolarità nella gestione da parte dell’organo amministrativo, infatti, risulterebbe altrimenti frustrata dai tempi richiesti da giudizio ordinario; indi la sussistenza (anche con riferimento a tale ipotesi) del requisito del periculum in mora.


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Avv. Claudio Colombo

Avvocato iscritto all'albo tenuto presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Catania. Laureato magna cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. Avvocato operante principalmente nel settore del diritto civile, commerciale, fallimentare, bancario, nelle procedure esecutive e nel recupero crediti. Autore di diverse pubblicazioni su riviste scientifiche di diritto.

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