Trust fund, mancato trasferimento da parte del trustee: l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre

Trust fund, mancato trasferimento da parte del trustee: l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre

L’arresto giurisprudenziale che si analizzerà – funditus – nel proseguo ha l’enorme pregio di affrontare l’annosa questione sulla astratta esperibilità da parte del beneficiario dell’azione rimediale ex art. 2932 c.c., in caso di inadempimento da parte del trustee al proprio obbligo di trasferimento ai beneficiari finali dei beni costituenti il trust fund.

Tuttavia, prima di trattare nello specifico dell’arresto giurisprudenziale rappresentato dalla Sentenza del 20.02.2020 del Tribunale di Firenze, occorre premettere, in via generale, alcuni cenni sulla figura dei beneficiari nell’ambito del trust, nonché dei risvolti pratico-applicativi dell’istituto del trust.

I beneficiari sono i soggetti a vantaggio dei quali il trust viene istituito e nell’interesse dei quali i beni in esso conferiti vengono gestiti. Il termine beneficiario riveste, invero, più di un’accezione, potendosi distinguere i beneficiari c.d. di reddito dai beneficiari c.d. finali. Nella prima categoria sono annoverati i destinatari delle rendite rinvenienti dalla gestione dei beni del trust per tutta la durata del medesimo; i secondi, invece, sono i destinatari del trust fund, cioè della titolarità dei beni conferiti in trust al momento della cessazione del medesimo. Le due figure possono coincidere e soprapporsi così come non coincidere.

Occorre individuare la natura giuridica della posizione di detti beneficiari, che secondo la dottrina specialistica assolutamente prevalente è quella di titolari di un diritto di credito nei confronti del trustee; dtale diritto di credito ha ad oggetto per i beneficiari di reddito il pagamento di una certa somma di denaro o di altre cose fungibili e per i c,d, beneficiari finali una prestazione di facere negoziale consistente nel trasferimento della proprietà o di altro diritto reale su una certa res costituita in trust.

Medio tempore, vale a dire durante la vita del trust, il trustee sarà, quindi, tenuto a corrispondere ai beneficiari di reddito le rendite rinvenienti dalla gestione del trust fund, in particolare, il complesso dei beni costituiti in trust; alla fine di esso egli dovrà, attraverso un negozio solutorio con causa esterna – in quanto rinveniente la propria giustificazione causale non all’interno di esso ma nel trust da cui era sorto l’obbligo del trustee – trasferire ai beneficiari finali il trust fund o parte dei beni che lo costituiscono, (non essendo il trust idoneo a determinarne un trasferimento automatico in capo ai beneficiari).

Su tale profilo, relativo agli strumenti rimediali o ai c.d. mezzi di tutela a disposizione dei predetti beneficiari finali in caso di inadempimento del trustee, è intervenuto il Tribunale sopra menzionato.

La vicenda sulla quale è stato chiamato a decidere il Tribunale di Firenze prende le mosse dalla costituzione di un trust da parte di un soggetto, (denominato Tizio, a scopo semplificativo), di cui veniva nominato trustee un altro soggetto, a seguire denominato Caio.

Caio (c.d. trustee) costituiva una società in accomandita semplice della quale diventava socio accomandante con una quota pari al 99%, che entrava a far parte del trust.

Nell’atto istitutivo era, inoltre, previsto che il trust esaurisse i propri effetti al compimento del venticinquesimo anno di età di di un terzo soggetto, a seguire indicato come Sempronio e che, medio tempore, fossero beneficiari di reddito Caio e Sempronio (in diverse proporzioni), i quali venivano nominati beneficiari finali nelle stesse proporzioni, salvo che il disponente morisse prima del compimento del venticinquesimo anno di età da parte di Sempronio, nel qual caso unico beneficiario finale sarebbe stato proprio Sempronio.

Nell’atto istitutivo del trust, però, la condizione all’avverarsi della quale Sempronio sarebbe divenuto unico beneficiario finale era inserita in un articolo, rubricato “Beneficiari del reddito”, nonostante nel corpo dell’articolo de quo Sempronio venisse indicato come “beneficiario finale” per il caso di avveramento della sopra ricordata condizione. Tizio decedeva prima del compimento del venticinquesimo anno di età da parte di Sempronio, il quale, compiuti venticinque anni, si rivolgeva all’ormai ex trustee perché gli trasferisse l’intera partecipazione sociale costituente il trust fund, atteso che si era avverata la condizione (risolutiva) dalla quale dipendeva il suo diritto ad essere considerato unico beneficiario finale del trust.

A tale istanza il trustee rispondeva, in nuce, che, atteso il tenore letterale della rubrica dell’articolo 3D dell’atto istitutivo, Sempronio doveva considerarsi non come unico beneficiario finale ma come unico beneficiario di reddito, mentre beneficiari finali erano sia Sempronio che Caio, rispettivamente per la quota di 2/5 e di 3/5.

Vista l’impossibilità di vedere soddisfatte le proprie pretese, Sempronio citava in giudizio Caio esperendo l’azione di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.).

Con il citato strumento rimediale, lo stesso chiedeva che il Tribunale di Firenze, accertato che ne ricorrevano i presupposti e che egli erano da considerarsi come unico beneficiario finale del trust, pronunciasse una sentenza che tenesse luogo del negozio di trasferimento (o traslativo – solutionis causa) dell’intera partecipazione sociale che l’ex trustee si era rifiutato di stipulare.

L’art. 2932 c.c. disciplina un “peculiare strumento di rimedio” azionabile dalla parte non inadempiente qualora l’altra si rifiuti stipulare un contratto cui è tenuta e che permette alla prima di ottenere una sentenza (costitutiva) che produca i medesimi effetti del contratto non concluso.

L’istituto presente alcuni presupposti di operatività di carattere soggettivo ed oggettivo, tutti previsti dal comma 1 della disposizione in commento.

Il primo – ossia quello di carattere soggettivo – consiste nel fatto che a poter esperire l’azione è soltanto l’altra parte del rapporto obbligatorio, vale a dire soltanto colui che è titolare del diritto di credito avente ad oggetto quel facere negoziale consistente nella stipulazione del contratto e non anche un qualunque interessato.

I secondi consistono, invece, nel fatto che l’emissione di una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso sia possibile e non sia escluso dal titolo. Se l’esclusione deve essere prevista dal titolo, per cui può aversi solo laddove a prevederla sia la legge o il contratto che hanno generato l’obbligo di contrarre, non pare invece inutile approfondire a cosa il legislatore abbia voluto riferirsi quando ha stabilito che l’emissione della sentenza deve essere “possibile”.

Orbene la dottrina chiarisce che deve farsi riferimento a situazioni di fatto o di diritto che rendono appunto impossibile l’emissione della sentenza – in quanto essa risulterebbe inutiliter data – non potendo il giudice trasferire la res da una parte all’altra visto che la medesima non esista più in natura oppure appartenga ad un soggetto diverso dalle parti in causa. È quindi necessario che la sentenza, una volta emessa, possa produrre gli effetti voluti dalla parte non inadempiente.

Ulteriore requisito di carattere oggettivo è quello per il quale, se il contratto da stipulare aveva ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata oppure la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la parte che propone la domanda deve preventivamente adempiere la propria prestazione oppure la offra nei modi di cui agli artt. 1208 ss. c.c., salvo che la sua prestazione non sia ancora esigibile (comma 2 dell’art. 2932).

Inoltre, la dottrina – in senso estensivo – ha rilevato che nel caso in cui il contratto da concludere sia a titolo gratuito la parte che agisce in giudizio non dovrà effettuare alcuna prestazione, non essendovi ella tenuta nei confronti della parte inadempiente. Ricorrendo questi presupposti, la parte che non è inadempiente e che ha interesse alla

stipula del contratto può adire l’autorità giudiziaria perché questa emette una sentenza che produca gli effetti del contratto non stipulato (c.d. sentenza costitutiva con efficacia ex nunc).

Per quanto attiene, in particolare, il caso esaminato dal Tribunale, i giudici hanno analizzato l’annosa questione sulla esperibilità da parte del beneficiario dell’azione rimediale ex art. 2932 c.c., in caso di inadempimento da parte del trustee al proprio obbligo di trasferimento ai beneficiari finali dei beni costituenti il trust fund.

Il Tribunale ha ritenuto che, essendo ormai – de facto -decorso il termine di durata del trust e quello al trustee ai fini del trasferimento dei beni al beneficiario finale, fosse possibile l’emissione sentenza costitutiva, ossia che tenga luogo dell’atto di trasferimento che il convenuto (inadempiente) avrebbe dovuto porre in essere, e cioè per tutti i beni conferiti in trust.

Sulla base della sentenza de qua, pertanto, i beneficiari finali di un trust sono titolari nei confronti del trustee di un diritto di credito avente ad oggetto un facere negoziale consistente nella conclusione di un negozio solutorio – a causa esterna – volto al trasferimento in loro favore dei beni costituenti il trust fund.

Dunque, in caso di inadempimento del trustee di tale obbligo di facere, i c. c.d.d. beneficiari finali possono adire l’Autorità giudiziaria esperendo lo strumento rimediale di cui all’art. 2932 c.c: gli stessi possono ottenere l’emissione- in loro favore – una sentenza (costitutiva) che produca ex nunc i medesimi effetti del negozio non concluso a causa dell’inadempimento medesimo.

Una ricostruzione ermeneutica dottrinale – e in parte giurisprudenziale – ha ritenuto che il rimedio ex art. 2932 c.c. fosse applicabile in ogni caso di violazione di obblighi a contrarre, siano essi di natura legale o negoziale.

L’azione di cui all’art.2932 c.c. – sulla base di ciò – assurge come una norma di principio generale che regola tutte le fattispecie in cui la parte contraente non adempia all’obbligo di concludere un determinato contratto e la parte non inadempiente abbia interesse alla conclusione del contratto medesimo.

Secondo un distinto orientamento giurisprudenziale minorirario, il ricorso al rimedio di cui all’art. 2932 c.c. è compatibile con l’obbligo di contrarre derivante per il trustee da quello di trasferire in beni costituiti in trust in favore dei beneficiari finali di esso, solo quando tale obbligo sia espressamente previsto nell’atto costitutivo del trust. Sarebbe, dunque, possibile esperire l’azione de qua solo quando l’obbligo di contrarre e l’esperibilità del rimedio medesimo sia espressamente prevista dal negozio. In altri termini, il rimedio ex art. 2932 c.c. sarebbe applicabile in caso di violazione di obblighi a contrarre solo di natura negoziale (e non legale).


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