L’impresa: equilibrio aziendale e bilancio di esercizio

L’impresa: equilibrio aziendale e bilancio di esercizio

Sommario: 1. Introduzione: l’attività economica e l’azienda – 2. L’impresa: la condizione di economicità e le tre forme di equilibrio – 3. Il principale strumento di informazione aziendale: il bilancio di esercizio – 4. La disciplina del bilancio in Italia: tra principi contabili internazionali e norme del codice civile

 

1. Introduzione: l’attività economica e l’azienda

Se il problema economico nasce dalla crescente quantità di bisogni umani da soddisfare in un contesto caratterizzato da scarsità di risorse, con la locuzione “attività economica” si intende l’insieme delle attività che l’uomo pone in essere al fine di procacciarsi beni e servizi necessari a soddisfare i propri bisogni.

L’attività economica consta di due differenti fasi, la produzione ed il consumo, e viene svolta in istituti come la famiglia, l’impresa e gli enti pubblici territoriali; in ognuno dei predetti è possibile individuare per astrazione un ordine strettamente economico, l’azienda[1] e poi, assumendo un’ottica più ampia, tre diverse classi di aziende. Specificatamente, l’azienda “di consumo” nell’istituto famiglia, quella “di produzione e di erogazione” negli istituti pubblici territoriali, infine l’azienda “di produzione per lo scambio di mercato” nell’impresa.

In ciascuna delle differenti classi di azienda, il lavoro si combina con il capitale per la realizzazione dell’attività economica, sicché gli elementi essenziali dell’azienda sono le persone, le risorse, intese come capitale o patrimonio, la sussistenza di uno scopo da perseguire ed il complesso di operazioni preordinate al raggiungimento dello scopo medesimo. In ogni caso, sia in modo diretto, tramite il consumo e l’utilizzo, che indiretto, per mezzo della produzione di beni e servizi, il fine ultimo dell’azienda è sempre il soddisfacimento dei bisogni essenziali dell’uomo.

2. L’impresa: la condizione di economicità e le tre forme di equilibrio

Nel caso delle imprese è opportuno che i ricavi superino i costi, e ciò può essere verificato soltanto nel medio-lungo periodo. Quando, invece, l’impresa non realizza né un profitto, né una perdita, determinando un’uguaglianza tra costi e ricavi, essa viene a trovarsi nel “punto di pareggio” o c.d. “punto di rottura”, break-even point. A tal proposito, l’analisi del punto di pareggio, break-even analysis, basandosi sui legami sussistenti tra volumi produttivi, costi sostenuti e risultati economici, indica quale debba essere, per l’impresa interessata, la quantità minima necessaria da produrre e vendere per raggiungere il pareggio tra ricavi e costi.

Le aziende devono peraltro operare in economicità, ossia in razionalità economica, ottenendo il “massimo risultato, con il minimo mezzo”. È bene precisare che non esiste una razionalità economica assoluta, quest’ultima dipende dal risultato che l’azienda intende ottenere, da quali siano i mezzi a sua disposizione, dalle conoscenze presenti in un dato momento storico, nonché dalle diverse possibilità di utilizzazione. Da siffatta osservazione consegue che la razionalità economica è una razionalità inevitabilmente “limitata” da svariati fattori.

Il concetto di economicità è poi indubbiamente legato all’essenza di azienda, oltre che a suoi due ulteriori caratteri strettamente interdipendenti: la durabilità e l’autonomia. A tal proposito, l’azienda deve durare nel tempo in uno status di “autonomia economica”, cioè deve trovare “in se stessa” le condizioni per rinnovare le risorse di cui ha disponibilità, onde continuare a svolgere le proprie attività. Ma la durabilità dell’azienda è, altresì, subordinata alla sua capacità di soddisfare gli interessi e le aspettative degli stakeholder e di tutti i soggetti con i quali intrattiene rapporti.

Orbene, come anticipato, il rispetto della condizione di economicità deve essere sottoposto a valutazione e, a tal riguardo, sono molteplici gli strumenti, o i modelli, volti a comprendere se l’azienda stia operando in economicità; tra i più noti, vi è quello che si fonda su tre condizioni di equilibrio aziendale, misurate per mezzo del modello del bilancio di esercizio. Di fatto, ogni impresa è fondata su un sistema di equilibri afferenti l’aspetto economico, patrimoniale e finanziario, la cui misurazione è indispensabile per conoscere lo “stato di salute” aziendale e valutare eventuali interventi correttivi.

Nel dettaglio, le tre condizioni sono:

– l’equilibrio economico: la capacità di reintegrare i costi con i ricavi nel medio-lungo periodo, producendo, altresì, adeguati livelli positivi di reddito, ovvero utili. Si tratta quindi di valutare l’efficienza della gestione e se vi sia stata un’appropriata remunerazione dei fattori produttivi impiegati, compreso il capitale investito;

– l’equilibrio monetario: l’equilibrio tra incassi e pagamenti, ossia tra entrate ed uscite effettive, qualificato nel breve periodo, dunque monitorato “momento per momento”. Tuttavia, la dinamica monetaria non è mai perfettamente allineata a quella economica, è probabile che l’impresa sostenga un costo, ma non avvenga l’immediata uscita di denaro e, viceversa, è probabile che consegua un ricavo ma non un’entrata effettiva.

Generalmente, nelle imprese il sostenimento dei costi della gestione operativa precede il conseguimento dei ricavi ed anche le uscite precedono le entrate monetarie, per questo motivo, la condizione di equilibrio monetario si realizza difficilmente, anzi, sono frequenti gli squilibri temporanei tra entrate ed uscite, cui le imprese fanno fronte ricorrendo al credito di prestito;

– l’equilibrio finanziario: la capacità di garantire in ogni momento un’adeguata copertura dei fabbisogni finanziari e, dunque, masse monetarie sufficienti a rispettare gli impegni assunti e, dacché ha un ruolo strumentale e non finalistico per la vita aziendale, deve sussistere sempre. Sostanzialmente consiste nella capacità dell’impresa di mantenere in equilibrio le entrate e le uscite, senza compromettere il proprio equilibrio economico. La gestione finanziaria cerca, quindi, di realizzare l’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie, originando entrate con l’ottenimento del credito di prestito ed uscite nella fase del rimborso, in cui oltre a restituire il capitale, si corrispondono gli interessi, a titolo di remunerazione del finanziatore.

È evidente che l’equilibrio economico e quello monetario siano collegati ed il ricorso al prestito di finanziamento ne è una immediata conseguenza. È del tutto ordinario che le imprese facciano ricorso al capitale di prestito per realizzare l’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie, tanto che le operazioni di finanziamento sono fisiologiche nella vita di un’impresa e si palesano indispensabili al funzionamento della stessa.

3. Il principale strumento di informazione aziendale: il bilancio di esercizio

Il principale strumento di informazione patrimoniale, economica e finanziaria cui gli stakeholders fanno riferimento per monitorare lo “stato di salute” dell’impresa è il bilancio di esercizio.

Quest’ultimo, in altri termini, costituisce il principale strumento utilizzato dall’impresa per comunicare informazioni non solo all’interno, ossia ai soci ed agli organi preposti alle funzioni di controllo e decisione, ma anche all’esterno. Consentire di prendere visione e valutare le poste in bilancio garantisce, infatti, trasparenza a tutti coloro che hanno rapporti con l’impresa o che intendano intrecciarne con la stessa. Esso espone sia la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, sia il flusso di reddito prodotto alla fine del periodo amministrativo, rispettivamente nello Stato patrimoniale e nel Conto economico, può, inoltre, rappresentare analiticamente i flussi finanziari, soprattutto di cassa, se vi è il Rendiconto finanziario.

Specificatamente, lo Stato patrimoniale esprime lo “stato” della ricchezza a disposizione dell’impresa per la produzione del reddito, dunque, il capitale di funzionamento, suddiviso in attività, passività e patrimonio netto. Il Conto economico espone il “divenire” dei componenti di reddito, in termini di cause negative e positive del flusso di reddito generato in un esercizio, mentre il Rendiconto finanziario manifesta le variazioni di disponibilità liquide ed i flussi finanziari che le determinano. Talvolta è presente la Nota integrativa, finalizzata a rendere intelligibile il contenuto sostanziale degli schemi di bilancio.

4. La disciplina del bilancio in Italia: tra principi contabili internazionali e norme del codice civile

La disciplina del bilancio in Italia è mista, poiché deriva sia dalla prassi contabile, sia ex lege. A seconda delle ipotesi, le imprese possono attenersi a due modelli di bilancio: quelli che applicano i principi contabili[2] internazionali, noti come IAS/IFRS e quelli che adottano i principi civilistici. I principi contabili internazionali sono nati dall’esigenza di armonizzare i sistemi contabili europei, onde consentire una comparabilità dei bilanci e, quindi, un funzionamento più efficiente del mercato comunitario. In virtù del regolamento europeo CEE 29 settembre 2003, n.1725, questi principi internazionali debbono essere considerati sovraordinati rispetto alle norme del codice civile. Vi sono poi modelli di bilancio che rispettano le norme del codice civile e, in subordine, solo con funzione interpretativa ed integrativa, i principi contabili nazionali, emanati dall’OIC – organismo italiano di contabilità[3].

Nella nostra impostazione contabile è prioritaria l’oggettività dell’informazione, per questo motivo con l’adozione del costo storico[4] come criterio base nelle valutazioni delle poste di bilancio si privilegia la verificabilità e l’attendibilità dei dati. La scelta del costo storico, ispirata dall’osservanza del principio di prudenza, lascia minor margine agli apprezzamenti soggettivi ed è volta ad eludere il rischio di una sopravvalutazione del patrimonio aziendale, nonché una sottostima delle passività.

Tuttavia, il dilagante sviluppo dell’applicazione dei principi contabili internazionali ha registrato una tendenza alle valutazioni al valore di mercato, poiché ciò consente agli investitori di cogliere nell’immediato la relazione tra valore dell’investimento e potenzialità di accrescimento del valore del capitale. Sostanzialmente, nei sistemi che accolgono il valore corrente quale criterio di valutazione, il reddito include tutte le variazioni di valore degli elementi patrimoniali, anche se l’impresa non ha ancora monetizzato quei valori.

In definitiva, se da un lato la valutazione al valore di mercato rappresenta meglio la performance dell’impresa, facilitando le decisioni del management, dall’altro, diversamente da quel che concerne i costi storici, comporta che i valori correnti, soggetti alle frequenti oscillazioni di mercato, rendano volatili i risultati di bilancio. Per completezza è opportuno, altresì, constatare che la sensibilità agli andamenti economici si riflette pure sulla congiuntura economica, accelerandola ed amplificandola, producendo, insomma, effetti “pro-ciclici”.[5]

 

 

 

 

 

[1] Ex multis cfr. Carlo Masini, Lavoro e risparmio, Utet, 1970, pp.12-13: “Con il termine “azienda” si intende dunque per astrazione l’ordine strettamente economico di un istituto; questa astrazione deve essere opportunamente vincolata agli altri caratteri dell’istituto, ad esempio sociali, etici, religiosi, politici. Per “ordine economico” si intende la disposizione di accadimenti economici ad unità e secondo proprie leggi.”
[2] Disposizioni tecnico ragioneristiche che regolano i criteri, le procedure ed i metodi per redigere, certificare ed analizzare il bilancio, al fine di garantire una informazione più completa possibile.
[3] Fondazione privata con la funzione di coordinamento e collaborazione con le istituzioni europee e mondiali, nonché standard setter nazionale provvisto di rappresentatività, capace di esprimere le istanze nazionali in materia contabile.
[4] Consiste nel valutare un bene o un servizio in base al costo sostenuto per il suo acquisto, pertanto il principio del costo comporta che l’impresa debba registrare le transazioni nelle proprie registrazioni contabili per l’importo effettivamente corrisposto per la transazione stessa.
[5] A titolo esemplificativo, se un’impresa ha attività che perdono valore sul mercato, farà in modo di cederle al più presto, al fine di contenere le perdite.

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Alessia Aversa

Scopre presto la sua passione per la scrittura, così la coltiva iscrivendosi al Liceo Classico. Durante gli studi liceali, viene selezionata per effettuare due brevi programmi operativi nel Regno Unito, tra cui stage lavorativo presso un ufficio di consulenza d'affari. Consegue la maturità classica con il massimo dei voti, elaborando la Tesi: "La parola come strumento di accesso relativistico alla realtà" e dimostrando già un’attenzione particolare per le potenzialità performative delle parole. Frequenta la Facoltà di Legge dell'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" e sostiene esami extra-curriculari in psicologia sociale e filosofia morale. Consegue la Laurea in Giurisprudenza Magistrale cum laude e menzione alla carriera accademica, discutendo la Tesi in Diritto Processuale Penale: "La manipolazione della memoria del testimone". In quest'ultima confluiscono non solo studi giuridici relativi all'istituto della testimonianza ed alla cross-examination, ma anche studi -da autodidatta- di psicologia della testimonianza, scienza della memoria e neuroscienze. Anche in materia testimoniale, sottolinea la rilevanza delle potenzialità delle parole, in quanto tese alla ricostruzione della verità processuale. Iscritta al Registro Praticanti Avvocati dell'Ordine di Bari, svolge la pratica forense presso uno Studio Legale che opera in ambito civile e penale, fornendo anche consulenza a società.E' selezionata come tirocinante per l'ufficio legale e contenzioso di ARPA Puglia, dove attualmente svolge un'attività intensa e proficua.

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