L’usufrutto su partecipazioni sociali di società di capitali

L’usufrutto su partecipazioni sociali di società di capitali

Sommario: 1. Introduzione: l’usufrutto in generale – 2. L’usufrutto su partecipazioni sociali – 3. L’esercizio del diritto di voto dell’usufruttuario nell’assemblea che delibera sulla liquidazione della società

 

Nella presente trattazione verranno preventivamente svolti brevi cenni sulla disciplina generale dell’usufrutto, per poi passare all’esame dell’usufrutto avente ad oggetto le partecipazioni sociali di società di capitali, prestando particolare attenzione a talune criticità relative all’esercizio dei diritti connessi all’istituto in parola in particolari frangenti della vita sociale.

1. Introduzione: l’usufrutto in generale

La disciplina generale dell’usufrutto è contenuta agli artt. 978 – 1020 c.c. Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui che consiste, in particolare, nel diritto di godere ed usare una cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che possono derivarne (compresi i frutti naturali e civili dalla stessa prodotti), con l’obbligo di non mutarne la destinazione economica.

La situazione giuridica del proprietario del bene gravato da usufrutto prende il nome di “nuda proprietà”.

Ciò che distingue l’usufrutto dagli altri diritti reali è la temporaneità. Esso, difatti, non può eccedere in nessun caso la vita dell’usufruttuario, quando questi sia persona fisica, ovvero i trent’anni se si tratta di persona giuridica.

L’art. 978 c.c. prevede che l’usufrutto possa essere costituito per legge, per contratto o per usucapione.

L’usufrutto può avere ad oggetto qualunque specie di bene, purché si tratti di beni fungibili ed inconsumabili, stante l’obbligo dell’usufruttuario di restituire lo stesso bene al termine del periodo di usufrutto.

In generale, tutti gli obblighi gravanti sull’usufruttuario sono collegati all’obbligo fondamentale di restituire la cosa al termine dell’usufrutto.

L’art. 1014 c.c. elenca le diverse cause di estinzione dell’usufrutto, tra le quali, ai fini della presente trattazione, occorre menzionare: il totale perimento del bene; l’abuso del diritto da parte dell’usufruttuario.

Tra i beni che possono essere oggetto di usufrutto vi rientrano altresì le partecipazioni sociali, fattispecie che si andrà adesso ad esaminare più nel dettaglio.

2. L’usufrutto su partecipazioni sociali

Se l’ammissibilità dell’usufrutto su partecipazioni di società di persone è stata a lungo oggetto di discussione in dottrina e giurisprudenza, a causa dell’assenza di apposita disciplina legislativa, è pacificamente ammessa dal legislatore la possibilità di costituzione dell’usufrutto su quote o azioni di società di capitali. È proprio su quest’ultimo aspetto che d’ora in avanti si concentrerà la presente trattazione.

La disciplina dell’usufrutto su partecipazioni di società di capitali è costituita dagli artt. 978-1020 c.c. (sull’usufrutto in generale) e dall’art. 2352 c.c., rubricato “Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni”. La disposizione in parola, sebbene topograficamente collocata all’interno del Capo V, Titolo V del codice civile, relativo alle società per azioni, è applicabile, per espresso richiamo dell’art. 2471-bis, altresì alle società a responsabilità limitata.

Va precisato, come forse si avrà già avuto modo di intuire, che l’art. 2352 c.c. si occupa di frazionare tra usufruttuario e nudo proprietario solo alcuni poteri e diritti inerenti la partecipazione concessa in usufrutto, mentre per quanto non espressamente previsto dalla norma occorrerà fare riferimento alla disciplina generale dell’istituto.

Pare opportuno, a questo punto, esaminare come vengono ripartiti i diritti e i poteri legati alla quota o azione oggetto di usufrutto tra usufruttuario e nudo proprietario.

Il primo comma dell’art. 2352 c.c. attribuisce il diritto di voto in assemblea all’usufruttuario. È importante rilevare, in virtù di quanto si dirà più tardi, che, nell’esercizio del diritto di voto, l’usufruttuario non è tenuto a conformarsi ad eventuali indicazioni impartite dal nudo proprietario. A tutela di quest’ultimo, che mantiene comunque la qualità di socio, è previsto l’obbligo per l’usufruttuario di non esercitare il voto in modi che possano pregiudicare il valore patrimoniale della partecipazione.

Considerata la natura dell’istituto ed in applicazione delle norme generali sull’usufrutto, qualora la società dovesse deliberare la distribuzione di dividendi, il diritto agli stessi non vi è dubbio che spetti all’usufruttuario, in quanto frutti civili del bene.

Con riguardo agli altri diritti amministrativi non espressamente previsti dall’art. 2352 c.c., l’ultimo comma prevede che essi spettino congiuntamente al socio nudo proprietario ed all’usufruttuario, salvo diversa previsione del titolo. Tra i diritti in parola possono essere annoverati, ad esempio, la consultazione dei libri sociali, la convocazione dell’assemblea, il diritto di essere preventivamente informato degli argomenti oggetto di discussione e deliberazione nonché la possibilità di proporre l’aggiunta di altri punti tra quelli previsti dall’ordine del giorno.

Tra i diritti amministrativi che spettano sia al socio sia al nudo proprietario vi è certamente anche quello di impugnare le delibere assembleari, in quanto portatori di interessi differenti aventi ad oggetto la medesima partecipazione.

Un discorso a parte va fatto per l’azione di responsabilità sociale. In questo caso la legittimazione spetta esclusivamente al nudo proprietario, in quanto, per l’appunto, trattasi di azione sociale, non esperibile da chi non rivesta la qualità di socio.

Potrà invece essere esercitata congiuntamente dal socio nudo proprietario e dall’usufruttuario l’azione individuale per il risarcimento dei danni che siano stati direttamente cagionati dagli atti colposi o dolosi degli amministratori, in quanto, come per l’impugnazione delle delibere sociali, essi sono portatori di interessi differenti ed autonomi.

Merita, infine, di essere trattato il tema del diritto di opzione e degli aumenti di capitale.

L’art. 2352 comma 2 prevede che il diritto di opzione, nelle ipotesi di aumento di capitale, spetta esclusivamente al socio nudo proprietario, in quanto l’opzione, rappresentando un’espressione del potere di disposizione, attiene strettamente alla qualità di socio.

Nell’ipotesi in cui l’aumento di capitale sia gratuito, ossia attuato mediante l’imputazione a capitale di riserve o altri fondi disponibili, l’usufrutto si estende alle partecipazioni risultanti dall’aumento. Tale previsione, non menzionando la disposizione in parola la possibilità di una deroga statutaria, deve ritenersi tassativa.

Una volta tracciata la disciplina normativa dell’usufrutto sulle partecipazioni sociali, occorre adesso soffermarsi sulle criticità sollevate dalla fattispecie in esame.

Una questione, in particolare, negli ultimi anni ha impegnato tanto la giurisprudenza di legittimità quanto quella di merito, ossia l’esercizio del diritto di voto dell’usufruttuario nell’assemblea che decide sulla liquidazione della società.

3. L’esercizio del diritto di voto dell’usufruttuario nell’assemblea che delibera sulla liquidazione della società

Il riconoscimento del diritto dell’usufruttuario di partecipare e di esercitare liberamente il diritto di voto all’assemblea convocata per decidere sullo scioglimento anticipato della società da sempre genera dubbi circa la sua ammissibilità, in quanto, secondo taluni, nell’ipotesi in cui la votazione dovesse avere quale esito effettivo lo scioglimento della società, ciò potrebbe determinare il perimento del bene oggetto di usufrutto ai sensi dell’art. 1014 c.c., ovvero un abuso dell’usufruttuario ex art. 1015 c.c., nell’ipotesi in cui il voto da questi espresso dovesse risultare decisivo.

Sul punto si è pronunciata la S.C. di Cassazione affermando che il nudo proprietario non può lamentarsi delle scelte che concretamente l’usufruttuario operi, perché in difetto di diverse risultanze dal titolo costitutivo dell’usufrutto, egli è nei confronti dell’usufruttuario in uno stato di sostanziale soggezione, i cui unici limiti sono quelli di abusivo deterioramento o distruzione della cosa, che di per sé non possono essere individuati nella cooperazione dell’usufruttuario alla decisione di sciogliere anticipatamente la società. L’adozione di una decisione in sensi contrario avrebbe quale effetto, secondo i giudici di legittimità, quello di limitare il diritto di voto dell’usufruttuario, nel silenzio della legge e dello statuto, a prescindere dall’idoneità in concreto dell’oggetto della delibera ad incidere negativamente sulla consistenza patrimoniale della partecipazione sociale. Si tratterebbe, pertanto, di una soluzione impraticabile de iure condito (Cass. 19/10/1997, n. 7614).

Quello appena esposto rappresenta l’orientamento attuale e consolidato della giurisprudenza di legittimità, non sufficiente, tuttavia, a dissipare ogni dubbio sul tema.

Per tale ragione risulta essenziale l’interpretazione dello stesso da parte della giurisprudenza di merito, che ne ha precisato alcuni elementi, invero essenziali.

Il Tribunale di Milano, ad esempio, con giurisprudenza costante, ha affermato che lo scioglimento della società, anche se provocato dall’usufruttuario con il proprio voto o la propria condotta, non costituisce perimento della cosa ai sensi dell’art. 1014 c.c. né abuso dell’usufruttuario ai sensi dell’art. 1015 c.c. Lo scioglimento dell’organizzazione societaria e la conseguente liquidazione del suo patrimonio, infatti, non estingue i diritti sociali, ma li trasforma in diritto alla quota di liquidazione, sicché il nudo proprietario non soffre nessun pregiudizio per il mero fatto dello scioglimento della società cui partecipava (Cfr. da ultimo Trib. Milano, decreto del 21/08/2023, n. 361).

Occorre, del resto, tener presente la particolarità del bene in caso di usufrutto su partecipazioni societarie, in quanto si rende necessaria una valutazione della condotta dell’usufruttuario con ottica diversa e più ampia rispetto a quella tradizionale, essendo il valore della partecipazione connesso all’effettiva consistenza patrimoniale della società.

Pertanto, in ragione di quanto sopra esposto, è possibile concludere che, in caso di delibera avente ad oggetto lo scioglimento anticipato della società, l’usufruttuario può esprimere liberamente il proprio voto, anche se questo dovesse risultare determinante, in quanto la res oggetto del diritto reale di godimento non viene meno, né risulta deteriorata o perita, semplicemente essa si tramuta da partecipazione sociale a quota di liquidazione della partecipazione.


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