Rimedi contro l’anatocismo bancario

Rimedi contro l’anatocismo bancario

Con il termine anatocismo si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi, nel linguaggio comune può essere definito come il calcolo degli interessi sugli interessi.

Tale fenomeno giuridico – contabile si verifica, infatti, quando il saggio di interessi viene applicato non solo al capitale, ma al capitale con gli interessi già maturati in precedenza. In questo modo, gli interessi producono altri interessi e finiscono per essere esponenzialmente sempre più elevati.

Si parla di anatocismo bancario in quanto gli istituti di credito praticano tale sistema ogni tre mesi ed è conosciuto anche come capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Difatti, questi vengono conteggiati dalla banca ogni trimestre per finire sommati al saldo debitore finale. Così facendo, gli interessi “capitalizzati” nel trimestre precedente producono, allo scadere del trimestre successivo, a loro volta interessi che vanno a capitalizzarsi sul saldo finale, e così via, in una spirale senza fine.

Con l’anatocismo aumentano, quindi, gli interessi da corrispondere al creditore.

Pertanto, le clausole contenute nei contratti bancari alludenti a tale “prassi” (c.d. clausole anatocistiche) sono nulle perché poste in violazione al divieto di anatocismo sancito dall’art. 1283 del codice civile. Tale norma recita testualmente che “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.

L’art. 1283 del codice civile prevede tre eccezioni al divieto di capitalizzazione degli interessi e più precisamente:

  • gli interessi che maturano “dal giorno della domanda giudiziale”. Per esempio, se un decreto ingiuntivo riguarda un ammontare comprensivo di una parte di capitale e di una parte di interessi non pagati, l’intera somma viene riconosciuta come un debito indistinto su cui maturano ulteriori interessi;

  • la conclusione di una “convenzione posteriore alla scadenza” degli interessi. In tal caso, la somma maturata fino alla convenzione si intende come nuovo capitale prestato e sul totale di tale importo possono maturare nuovi interessi. Ciò avviene anche ove si verifichi un ritardato pagamento di una rata di mutuo, altrimenti il debitore non avrebbe alcun interesse a pagare il dovuto entro la scadenza (se la quota di mutuo riferita a interessi non genera interessi, perché non pagare il più tardi possibile?). Tuttavia anche in questo caso c’è anatocismo se gli interessi di mora sono calcolati come interessi composti e non come interessi semplici;

  • la “mancanza di usi contrari”. Nella prassi, a partire dal 1952, questa frase è stata interpretata dall’ABI prevedendo nei contratti bancari la capitalizzazione degli interessi a favore della banca ogni tre mesi (a marzo, a giugno, a settembre e a dicembre) e quelli a favore del cliente solo annualmente;

Diversi interventi legislativi hanno vietato espressamente la pratica dell’anatocismo, ricordiamo la Legge di Stabilità  del 2014 (L. n. 147/2013) oltre a molteplici sentenze della Cassazione, come ad esempio la n. 24418/2010 della Corte a Sezioni Unite, che consentono di ottenere il rimborso degli interessi versati indebitamente. In particolare, la legge n. 147/2013 sancisce chiaramente come gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.

Ancora, la Suprema Corte con la sentenza n. 2593/2003 statuisce che Occorre, in primo luogo, rilevare che in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel tempo, mediante il pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante, cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate scadute decorrono gli interessi sulla intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c.”. In generale tuttavia gli istituti di credito applicano gli interessi di mora composti su tutta la quota di debito (capitale e interessi), di fatto ignorando la legislazione vigente.

L’art. 1283 c.c. è una norma di carattere eccezionale ed è applicabile perciò ai soli debiti di valuta e non è estensibile a quelli di valore. Per questa ragione non è estendibile al caso in cui gli interessi vengano riconosciuti a partire dalla data del fatto illecito sulle somme liquidate a titolo di risarcimento danno. Ancora, l’art. 1283 c.c. non viene applicato in materia tributaria, ove sussistono disposizioni speciali che regolano gli effetti della mora debendi.

Viceversa, la disciplina dell’anatocismo si applica alla clausola penale, un patto con cui le parti stabiliscono, in caso di ritardo nell’adempimento, se siano dovuti o meno interessi, e ne prevedono la misura. Altro aspetto rilevante è l’applicazione dell’anatocismo agli interessi relativi ai crediti da lavoro, nonché a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro sulla quale sono dovuti interessi di vario tipo.

Possono inoltrare domanda alla propria banca per chiedere la restituzione delle somme indebitamente versate, tutti i correntisti che avendo avuto scoperture di conto corrente, in altre parole conti con saldo negativo, hanno pagato interessi trimestrali alle banche.

La restituzione deve esser chiesta entro dieci anni dalla estinzione del rapporto contrattuale con l’istituto di credito, la domanda interrompe i termini prescrizionali. Tale richiesta non riguarda gli utenti che hanno avuto mutui o prestiti, senza aver avuto scoperti di conto corrente.

Per ottenere la restituzione degli interessi anatocistici addebitati occorre: richiedere alla banca, ai sensi degli art. 117 Decr. Lgs. 385/1993, il contratto di conto corrente e tutti gli estratti conto del periodo in cui sono maturati gli interessi debitori; ottenuti i documenti può essere richiesta una perizia econometrica per il calcolo della differenza degli interessi anatocistici pagati (su base trimestrale), e quelli invece effettivamente dovuti (su base annuale); successivamente si scrive alla banca chiedendo la restituzione di quanto pagato in più e se la banca non aderisce alla richiesta, si potrà agire in giudizio. Nel caso di decreto ingiuntivo della banca l’utente può proporre opposizione allo stesso entro quaranta giorni dalla notifica richiedendo in via riconvenzionale il rimborso degli interessi illegittimi.

La causa che occorre avviare per la restituzione dell’anatocismo presenta comunque dei costi iniziali: spese giudiziarie, incarico di un consulente tecnico – bancario che consiglia di instaurare un giudizio solamente se si è veramente intenzionati o se le somme da recuperare hanno un certa consistenza. Occorre tenere presente però che in caso di esito positivo del giudizio, il giudice con ogni probabilità accollerà  alla banca soccombente tutte le spese legali, comprese le somme anticipate dal correntista.

Ad oggi, infatti, l’orientamento largamente prevalente dei Tribunali e Giudici di Pace è quello di accogliere le domande di restituzione, conformemente all’indirizzo di tutte le ultime sentenze della Corte di Cassazione tenendo sempre presente però che tutte le cause, come è noto, presentano dei margini di rischio.


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