Violazione dell’obbligo di fedeltà e addebito della separazione

Violazione dell’obbligo di fedeltà e addebito della separazione

Il presente contributo si propone di analizzare una delle tematiche più diffuse su cui è stata chiamata a pronunciarsi spesso la Corte di Cassazione; ossia la violazione dell’obbligo di fedeltà nonché la sussistenza del nesso causale tra la violazione di questo obbligo e la richiesta di separazione con addebito.

Prima di accingersi nell’ analisi di una recente pronuncia emanata dai giudici di piazza Cavour, e precisamente l’ordinanza nr. 15196/2023 appare opportuno, analizzare alcune tematiche rilevanti in ambito familiare.

Nel nostro ordinamento non esiste una definizione unitaria del concetto di famiglia, proprio perché il legislatore preferisce parlare di formazioni sociali, dal momento che accanto alla famiglia tradizionale fondata sul matrimonio sono state riconosciute e ammesse le convivenze more uxorio e le unioni civili; tuttavia per i giuristi le nozioni sono fondamentali, sicché essi ricavano  la nozione di famiglia dall’ analisi degli art. 2 e 29 della Cost. in virtù dei quali si preciserebbe che la famiglia tradizionale debba essere intesa come una società naturale fondata sul matrimonio. Dal matrimonio, inteso come rapporto nascono in capo ai coniugi una serie di diritti e doveri, e in modo particolare in riferimento ai rapporti personali che vengono a istaurarsi tra i coniugi che sono posti su un piano di parità, i doveri che debbono essere rispettati e che sono espressamente sanciti dalla legge sono: – il dovere di fedeltà; – il dovere di assistenza materiale e morale; – il dovere di collaborazione; – il dovere di coabitazione.

Nell’analisi della questione portata all’attenzione della Cassazione si è discusso sulle conseguenze che gravano in capo a uno dei coniugi qualora lo stesso vada a violare il  dovere di fedeltà. Il legislatore ha imposto questo dovere a seguito del matrimonio al fine di tutelare l’intimità sessuale tra marito e moglie, tuttavia in una accezione più ampia il dovere di fedeltà perde il suo esclusivo riferimento alle relazioni sessuali ed estende il suo ambito di operatività a tutte quelle relazioni che offendono quei vincoli di sentimenti e di affetti, di stima e di fiducia sui quali è fondato il consenso alla costituzione del matrimonio.

L’ obbligo di fedeltà è un dovere coniugale giuridico sicché dalla sua violazione derivano delle conseguenze che possono spingere il coniuge tradito ad avanzare una richiesta risarcitoria essendo il tradimento un fatto illecito in grado di produrre un danno risarcibile; ed è proprio su questa questione che sono stati chiamati a pronunciarsi i giudici di piazza Cavour.

Nel caso di specie la fattispecie aveva ad oggetto delle foto che ritraevano la coniuge (donna) mano nella mano in un luogo pubblico con un collega di lavoro; il coniuge tradito chiedeva quindi la separazione con addebito che gli veniva riconosciuta sia in primo che in secondo grado in quanto sarebbe stato questo comportamento della moglie ad innescare la crisi coniugale. La donna però avverso la decisione dei giudici di Appello, proponeva ricorso in Cassazione, in quanto affermava che la violazione del dovere di fedeltà era non la causa ma una semplice conseguenza di una crisi coniugale già da tempo in atto, infatti la stessa aveva comunicato già da tempo al marito di volersi separare dato che da diversi anni i rapporti matrimoniali erano irrimediabilmente deteriorati, tuttavia, per i magistrati di Cassazione <<ai fini dell’addebito della separazione, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile del tradimento>>; inammissibili quindi i motivi addotti nel ricorso dal legale della donna che precisava che i giudici di Appello non avessero tenuto conto nella loro valutazione della  vita matrimoniale nel suo complesso e che quindi la stessa già fosse diventata intollerabile, atteso che la donna aveva già comunicato al marito la sua volontà di volersi separare; e che gli stessi avessero basato la loro decisione su  una prova atipica quale la relazione investigativa corredata da un video fotografico, il legale, infatti, precisava che stante il rispetto del principio dispositivo le prove di cui può avvalersi il giudice al fine di ottenere la veridicità dei fatti di causa possono essere quelle tipiche, ossia quelle previste dalla legge, tuttavia nulla osta al giudice di poter utilizzare delle prove atipiche provenienti da terzi soggetti e ciò è stato precisato anche dalla Cass. con sent. nr. 4899/2020 in cui si è ribadito che <<in tema di addebito della separazione le fotografie che riproducono uno dei coniugi in un atteggiamento di intimità con altra persona possono ritenersi dimostrative della violazione del dovere di fedeltà coniugale atteso che la comune esperienza induce a presumere l’esistenza tra i due di una relazione extraconiugale>>.

Inoltre, va precisato che ai fini probatori il coniuge che richiede la separazione con addebito deve provare la sussistenza del nesso di causalità tra la relativa condotta della violazione dell’obbligo di fedeltà e l’intollerabile prosecuzione della convivenza non sussistente prima di tale condotta.

Quindi, si può concludere affermando che la relazione adulterina instaurata da uno dei coniugi se ha dato vita a una crisi coniugale che prima non esisteva, legittima l’altro coniuge a chiedere e a veder accolta la sua domanda al fine di ottenere la separazione con addebito; in caso contrario, ossia se già da prima dell’instaurarsi di una relazione extraconiugale sussisteva tra i coniugi una crisi idonea a rendere intollerabile la prosecuzione della  convivenza la richiesta di separazione con addebito può essere rigettata.


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