
Tutela della concorrenza tradizionale e protezione da abusi nella Comunità Europea
La tutela della concorrenza “classica” nel Mercato Unico europeo si regge ancora sull’antico pilastro degli artt. 101 e 102 TFUE: il divieto di intese restrittive e di abusi di posizione dominante, sostenuto dal controllo delle concentrazioni e da un impianto procedurale che intreccia Commissione, Autorità nazionali e Corte di giustizia all’interno della Rete europea della concorrenza (ECN).
Una macchina complessa, ma ancora sorprendentemente efficiente: una sorta di orologio svizzero del diritto economico, capace di adattarsi ai ritmi imprevedibili del mercato digitale.
L’art. 101 colpisce accordi e pratiche concordate idonei a restringere la concorrenza; l’art. 102, invece, censura gli abusi di potere economico attraverso condotte escludenti o discriminatorie. La loro redazione volutamente ampia riflette un tratto di saggezza normativa: definire principi, non casistiche. È poi la giurisprudenza a dar loro corpo, con un’opera di cesello che nel tempo ha trasformato l’astrazione giuridica in una trama di regole di condotta concreta.
Con il Reg. (CE) n. 1/2003, l’Unione ha abbandonato la verticalità monolitica del modello originario, distribuendo competenze e responsabilità alle Autorità nazionali.
È il trionfo del decentramento controllato: un sistema che, con la Direttiva (UE) 2019/1, ha unito indipendenza e responsabilità, lasciando all’Europa la regia ma non l’accentramento.
La modernità dell’antitrust europeo risiede nella sua capacità di coniugare rigore e flessibilità. La Corte, da Hoffmann-La Roche a Intel, ha via via raffinato l’approccio effects-based, superando il formalismo e accettando la complessità economica come compagna di viaggio del giurista. Perfino i casi Google Shopping e Android hanno finito per insegnare che la vera sfida non è più la sanzione, ma la comprensione dei nuovi ecosistemi digitali.
In un contesto dove la “posizione dominante” può essere algoritmica e la “leva discriminatoria” si nasconde nel codice di una piattaforma, il diritto è chiamato a rinnovare il proprio linguaggio. Le misure cautelari, rinate con Broadcom, tornano a essere strumenti di tempestività, mentre i rimedi strutturali — un tempo eccezionali — assumono un’aura di necessità quasi etica quando la concentrazione di potere tecnologico rischia di piegare la concorrenza stessa.
Il futuro, forse, non richiederà nuove norme, ma una nuova postura mentale: un diritto che osserva il mercato non come un giudice distante, ma come un interlocutore curioso, attento a ciò che l’economia non dice ma suggerisce.
In fondo, la vera modernità dell’antitrust europeo non sta nell’inseguire l’innovazione, ma nel comprenderla senza timore, ricordando che — persino nel mondo dei dati — la concorrenza resta, prima di tutto, un esercizio di libertà.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Avv. Gianluca Galofaro
Si laurea nel 2005 presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi sperimentale in Informatica giuridica, dedicata all’analisi dei sistemi informativi nel diritto.
Consegue nel 2008 l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Siracusa dal 2009.
Patrocinante innanzi alla Corte di Cassazione, svolge attività professionale presso il proprio studio legale con sedi in Augusta e Roma, occupandosi prevalentemente di diritto civile, tributario, del lavoro, ambientale e marittimo.
È avvocato fiduciario di diversi enti pubblici e aziende private, per i quali presta consulenza continuativa in materia di contenzioso, contrattualistica, gestione della compliance e responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001.
Ha conseguito un Master di II livello in Diritto della Navigazione e dei Trasporti e un Master di I livello in Discipline economiche, statistiche e giuridiche, approfondendo le competenze in ambito economico-gestionale e nella regolazione dei trasporti.
Esperto in management della Pubblica Amministrazione, ha maturato una significativa esperienza nella consulenza a enti pubblici, società partecipate e amministrazioni locali, anche nell’ambito di partenariati pubblico-privati e progetti di sviluppo territoriale.
Dal 2009 al 2011 ha collaborato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, presso l’Ufficio Affari Legali, occupandosi di problematiche giuridiche in materia ambientale, sicurezza e responsabilità d’impresa.
È inoltre membro della Camera Arbitrale Internazionale, dove ha svolto incarichi di arbitro e giudice in controversie di diritto commerciale e contrattuale.
Abilitato all’insegnamento, è docente di corsi di Diritto della Navigazione e partecipa a iniziative di formazione professionale e aziendale su tematiche di diritto ambientale, sicurezza nei luoghi di lavoro e sostenibilità.
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