L’assegno di mantenimento in favore del figlio
Nelle situazioni di separazione o divorzio dei coniugi, è bene tenere in conto che la separazione avviene tra i coniugi stessi ma non dal figlio, pertanto il genitore con cui il figlio o eventuali figli quando sono più di uno, vanno a vivere hanno diritto a ottenere dall’altro genitore un assegno mensile per il mantenimento, finché questi non diventano economicamente autosufficienti. Si badi bene il figlio diventa economicamente autosufficiente al momento in cui ha un contratto di lavoro e svolge una mansione lavorativa che gli permette di avere un’entrata economica tale da vivere serenamente.
Fondamenti legislativi: – l’art. 30 Cost.: tra le altre disposizioni, prevede che sia dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli; – l’art. 315 bis c. 1 c.c., rubricato “diritti e doveri dei figli”, dispone che il figlio abbia diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; – l’art. 317 bis c. 1 c.c., rubricato “concorso al mantenimento”, prevede che i genitori debbano adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli; – l’art. 337 ter c. 4 c.c. dispone che il giudice fissi la misura e il modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento. Ogni genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando vari parametri; – l’art. 337 septies c.c., rubricato “disposizioni a favore di figli maggiorenni”, prevede che il giudice possa disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Pertanto, se noi guardiamo alle varie disposizioni giuridiche su cui va fondarsi il contributo di mantenimento, possiamo affermare che esso non deve coprire tutte le spese totali per il figlio, in quanto esse vanno suddivise secondo il principio di proporzionalità su entrambi i genitori – appunto in proporzione alle rispettive capacità economiche. Lo stesso mantenimento, altresì, non si limita a garantire le spese essenziali per la sopravvivenza del figlio, quali vitto, alloggio e istruzione, ma riguarda anche tutte quelle spese che sono necessarie alla vita psico-sociale del figlio stesso.
La determinazione dell’assegno di mantenimento può discendere da un accordo delle parti; qualora tale accordo non venga raggiunto dalle parti, sarà il giudice a decidere, e se una delle parti diventa inadempiente, l’altra parte può sempre chiedere al medesimo giudice la condanna della parte inadempiente rispetto al versamento del mantenimento per il figlio.
Va precisato che l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio scatta a partire dalla nascita dello stesso, grava su entrambi i genitori, coniugati o separati e divorziati che siano; esso quindi non deve venire da una sentenza del tribunale, esso dovrebbe scaturire dal senso di responsabilità verso i figli che ogni genitore dovrebbe avere.
Va precisato che lo stesso mantenimento, come anche la decisione che lo ha accompagnato, può sempre essere oggetto di revisione a seguito di modifiche significative nelle esigenze materiali e anche morali del figlio. Questo è possibile per iniziativa del genitore con cui il figlio vive, il quale può presentare un’istanza al giudice per rivedere l’importo dell’assegno. A tale riguardo è importante evidenziare le seguenti situazioni:
– Mutamento delle Esigenze. Quando ci sono cambiamenti in materia economica o nei costi stessi della vita per il figlio, il genitore può richiedere una modifica dell’assegno di mantenimento, al fine di garantire sia il benessere materiale ma anche quello morale, sociale e psicologico del figlio.
– Necessità di una Nuova Decisione Giudiziale. Per apportare modifiche all’assegno, deve essere presentata una nuova richiesta al giudice competente, che valuterà la situazione presente prima di decidere in merito alla modifica.
L’ammontare del mantenimento dei figli viene parametrato sulle capacità economiche di entrambi i genitori (Cass. ord. n. 17903/2023). Perché – dice la legge – anche dopo la separazione bisogna garantire loro lo stesso tenore di vita che avevano quando la famiglia era unita.
Questo significa, in buona sostanza, che l’assegno di mantenimento deve garantire al figlio lo stesso tenore di vita di quando la famiglia e la stessa coppia – cioè i genitori – erano uniti; ciò significa anche che il tenore di vita non può essere oggetto di prese di posizioni di un ex coniuge verso l’altro, che determinino conseguenze, quali rinunce, privazioni e/o altro, a cui il figlio non doveva, prima della separazione o del divorzio, sottoporsi.
Pertanto, non esistono, elementi ben precisi per calcolare l’ammontare del mantenimento. In ogni caso il giudice deve sempre motivare in modo adeguato la propria decisione. Il tribunale, quindi, non può che partire dalla verifica delle rispettive condizioni economiche dei genitori.
L’assegno di mantenimento per i figli minorenni deve essere versato nelle mani (o meglio, sul conto corrente) del genitore con cui questi vivono, a cui peraltro va anche destinata la casa coniugale (come conseguenza dell’esigenza di garantire alla prole lo stesso habitat domestico).
Il genitore è legittimato a chiedere l’assegno di mantenimento a condizione quindi che coabiti con il figlio minorenne o maggiorenne se, in quest’ultimo caso, non sia ancora autosufficiente per la propria sopravvivenza.
Una volta divenuto maggiorenne, il figlio può chiedere al genitore tenuto al pagamento di versare l’assegno direttamente a sé medesimo. In mancanza di tale richiesta, l’importo deve essere sempre bonificato al genitore collocatario.
Il contributo che il genitore non collocatario è tenuto a versare è di due tipi:
– Mantenimento ordinario: si tratta di una somma da versare periodicamente (fissata su base annua ma, per comodità, pagata mensilmente, quindi anche per i mesi in cui il figlio va a stare con l’altro genitore) volta a coprire tutte le spese per i bisogni quotidiani del figlio;
– Spese straordinarie che comprendono invece le esigenze occasionali, imprevedibili e imponderabili (quindi non calcolabili in anticipo), di norma di rilevante valore economico. Queste ultime sono ripartite tra i due genitori, di norma al 50% ciascuno (salvo diversa determinazione del giudice).
Per quanto riguarda le spese necessarie, spetta poi al giudice valutare la corrispondenza delle stesse all’interesse dei minori, commisurando l’entità rispetto alla loro utilità e alla sostenibilità da parte dei genitori (Cassazione, ord. n. 14564/2023). Le spese straordinarie hanno infatti la funzione di assicurare la provvista per quelle specifiche esigenze dei figli che sono state ritenute proporzionate al loro interesse e quantificate con l’analisi puntuale delle capacità economiche e reddituali di entrambi i genitori (Cass. ord. n. 15215/2023).
Come già detto, i genitori sono obbligati a contribuire alle spese dei figli, inclusi quelli maggiorenni, fino a quando questi non raggiungono l’autonomia economica. L’obbligo di mantenimento persiste comunque, ma non in eterno: secondo la Cassazione, raggiunti i 30/35 anni (a seconda del percorso di studi intrapreso), se il figlio non studia e non lavora, si potrebbe configurare un comportamento incline all’inerzia, ovvero riconoscere nello stesso la mancanza di volontà a rendersi economicamente autosufficiente; in tal caso il diritto al mantenimento cessa di esistere.
In capo al figlio maggiorenne è posto l’onere di provare, di essersi impegnato effettivamente per rendersi economicamente autonomo e per trovare un’occupazione in base alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, anche ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di un’opportunità consona alle proprie ambizioni (Cass. 14 agosto 2020 n. 17183).
La stessa regola si applica ai figli con patologie, come la lieve depressione, tale da rendere difficile l’inserimento lavorativo ma non tale da implicare un grave handicap, che invece impone ai genitori il mantenimento del figlio come per quello minorenne, vita natural durante (Cass. ord. n. 23133/2023).
Una volta che il figlio ha raggiunto l’autonomia economica che lo rende capace di badare alla propria sopravvivenza, il mantenimento cessa per sempre e non rivive neanche se quest’ultimo, dopo poco tempo, dovesse tornare in condizioni di difficoltà economiche.
Per quanto riguarda la revoca del mantenimento essa deve avvenire su apposita richiesta al giudice, non può avvenire in modo autonomo e/o di propria iniziativa. In materia la stessa Cassazione ha stabilito che la revoca diventa efficace dal momento in cui è stata depositata in tribunale la domanda giudiziale per la revoca del mantenimento, quindi prima della sentenza di revoca ma dopo la situazione sostanziale che ha determinato la modifica della situazione economica. Pertanto, è importante formalizzare la richiesta al giudice in modo tempestivo, chiedendo nel corso del giudizio un provvedimento di sospensione temporanea.
Nelle situazioni di riduzione invece accade che, se il contributo per il mantenimento dei figli viene ridotto in base a valutazioni e cognizioni di nuovi fatti, non è prevista la restituzione degli importi già versati. La Cassazione (ord. n. 10974/2023) ha chiarito questa regola, sottolineando che la riduzione dell’assegno non comporta la restituzione delle somme pagate in precedenza.
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Dott. Pino Tontoli
Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza
presso
Università degli Studi del SannioMateria di Competenza - Diritto di Famiglia e Minorile ( Area Civilistica)
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