Credito fondiario e nullità del contratto

Credito fondiario e nullità del contratto

L’art. 38, comma 2, T.U.B. stabilisce che “La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.

L’attuale limite massimo di finanziabilità è fissato dalla delibera del CICR del 22 aprile 1995 (e dalle conseguenti istruzioni applicative di Banca d’Italia) nell’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sui beni medesimi.

Osserva il Tribunale di Venezia – tramite il decreto del 10.05.2012, depositato il 26.07.2012 – che “…la direttiva 2000/12/CE definisce come valore del credito ipotecario quello “determinato da un perito in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’immobile e dei suoi appropriati usi alternativi”, sicché “…la stima effettuata dal perito incaricato dalla banca non rispetta i criteri prudenziali indicati nella citata direttiva”. Infatti “….dall’esame della stima effettuata da tale perito…emerge che quest’ultimo ha valutato sia i terreni che gli edifici ad uso industriale e commerciale sulla base dei prezzi di mercato dell’epoca con riferimento ad immobili della medesima tipologia e caratteristiche e ciò in violazione della direttiva 2000/12/CE/ che impone al tecnico di non limitarsi a stimare il possibile valore di realizzo o di mercato dell’immobile al momento dell’erogazione del finanziamento ma di tenere conto di tutte le circostanze che in futuro potrebbero modificare il valore dello stesso immobile nel momento in cui il debitore divenisse inadempiente e subisse l’esecuzione”.

In particolare, rileva il dedotto Tribunale di Venezia – “Il mancato rispetto del limite di finanziabilità dettato dalla normativa sul credito fondiario (come detto, avente natura imperativa) dà luogo alla nullità del contratto ex art. 1418 cod. civ., dovendosi ritenere che la determinazione dell’importo massimo finanziabile attenga propriamente alla struttura del contratto di credito fondiario…”.

A sua volta il Tribunale di Firenze – tramite decreto di data 08.10.2014 – ha evidenziato che “Dove la legge ha regolato con limiti e vincoli l’attività creditizia si verte sempre in materia di norme inderogabili ed imperative, preordinate al regolare andamento dell’attività stessa, che è essenziale all’economia nazionale, come affermato dalle Sezioni Unite di legittimità con la decisione n. 8355 del 13 ottobre 1994”, sicché “…deve conseguentemente ritenersi che la disposizione che determina i limiti di finanziabilità nel credito fondiario sia norma imperativa, la cui violazione determina la nullità del contratto ex art. 1418, comma 1, c.c..”

Anche la Cass. Sez. I, 13 luglio 2017, n. 17352, afferma che “Il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell’art. 38, secondo comma, del T.u.b. e della conseguente delibera del Cicr, determina di per sé la nullità del contratto di mutuo fondiario; e poiché il detto limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, “fondiario”, secondo l’ottica del legislatore, lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell’intero contratto fondiario”.

Le pronuncie citate sottolineano dunque che il valore degli immobili su cui calcolare l’80% non è quello di mercato (Market value, Mv) ma quello ipotecario o cauzionale (Mortgage lending value, Mlv), così come definito dalle direttive europee.


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