La configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva: un inestricabile “nodo gordiano” al cospetto delle Sezioni Unite

La configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva: un inestricabile “nodo gordiano” al cospetto delle Sezioni Unite

Abstract. La Quarta Sezione della Suprema Corte regolatrice, con Ordinanza del 21 novembre 2024, ha deferito alle Sezioni Unite una quaestio iuris di pregnante rilevanza dogmatica, del seguente tenore: “Se il reato di cui agli artt. 438, comma 1 e 452, comma 1, n. 2 cod. pen. possa essere realizzato anche in forma omissiva”. L’udienza per la discussione è stata calendarizzata per il 10 aprile 2025.

 

Sommario: 1. L’antefatto – 2. Un mosaico giurisprudenziale incerto – 3. Le “innovative” argomentazioni propugnate dalla Sezione rimettente – 4. Rischi e confini di una responsabilità in forma omissiva – 5. Conclusioni

1. L’antefatto

La questione interpretativa rimessa al vaglio Supremo Consesso, nella sua massima composizione nomofilattica, trae la sua genesi da un procedimento penale iscritto a carico di una figura sanitaria apicale dell’Ospedale civico di Alghero, accusato dell’avere omesso, in violazione della regola prudenziale specificatamente dettata dall’art. 77 co. 4, lett. h, del D. Lgs. 81/2008, l’adozione di ogni forma di profilassi idonea a scongiurare, all’interno del menzionato nosocomio, il rischio di propagazione del virus SARS-CoV-2.

Chiamato a pronunciarsi in ordine alla fondatezza della postulazione accusatoria, il Tribunale Penale di Sassari, in prime cure, pronunciava sentenza assolutoria nei confronti dell’imputato, motivando l’insussistenza del fatto sulla scorta dell’assunto esegetico – allo stato nettamente maggioritario – secondo cui il delitto contestato mal si concilierebbe con una tipizzazione in forma omissiva.

Dissentendo dalla impostazione accolta dal Giudice di primo grado, parte accusatoria decideva di interporre ricorso immediato dinanzi alla Suprema Corte, prospettando, a sostegno della impugnazione promossa, una duplice intelaiatura argomentativa: da un lato, l’applicabilità della clausola di equivalenza di cui all’art. 40, co. 2, c.p. anche ai reati a forma vincolata; dall’altro, la riconducibilità della fattispecie di epidemia colposa nell’alveo dei reati a forma libera.

2. Un mosaico giurisprudenziale incerto

La Quarta Sezione del Supremo Consesso, riscontrando la presenza di un contrasto ermeneutico sul tema, ha ritenuto imprescindibile l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

Più dettagliatamente, in abbrivio, l’ordinanza remissiva muove da una propedeutica ricognizione della giurisprudenza in subiecta materia, ravvisando l’esistenza di due sole pronunce che hanno esplicitamente negato la possibilità di configurare l’epidemia in forma omissiva.

In entrambe le decisioni menzionate – afferenti, per quanto qui di rilievo, l’una a una vicenda di un dirigente di acquedotto accusato di non aver impedito la diffusione di acque contaminate, l’altra, in maniera non dissimile da quella oggetto della presente trattazione, alla diffusione del Covid-19 all’interno di una casa di riposo – la Suprema Corte mostra di aderire apertamente (per non dire asetticamente) all’orientamento, oggi dominante, in base al quale  “in tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l’art. 438 c.p., con la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni”, richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell’art. 40 c.p., comma 2, riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera” (v. Cass. Pen. Sez. IV, n. 9133 del 12/12/2017, dep. 2018, Giacomelli, Rv. 272261).

A completamento del quadro esegetico tracciato, l’Ordinanza annovera, altresì, un ulteriore arresto (in materia di truffa) dal quale sembrerebbe evincersi – almeno prima facie – la possibilità di includere il reato in disamina nell’alveo delle fattispecie a forma libera.

Tale spunto interpretativo ha indotto la Quarta Sezione a sollecitare un’interpretazione più ampia della norma incriminatrice, idonea a ricomprendere anche il concetto di omissione.

3. Le “innovative” argomentazioni propugnate dalla Sezione rimettente

Nel promuovere una soluzione ermeneutica antitetica a quella appena richiamata, la Sezione rimettente articola un costrutto argomentativo di significativa rilevanza teorica.

Segnatamente, un primo argomento a sostegno dell’assetto ermeneutico prospettato andrebbe individuato, sul piano strettamente letterale, sul significato semantico della locuzione verbale “diffondere”, impiegata dalla norma incriminatrice.

Quest’ultima, almeno secondo l’impostazione perorata dalla Suprema Corte, si presterebbe a una decodificazione polisemica tale da ricomprendere, oltre alla condotta commissiva in senso stretto, anche un contegno omissivo qualificato, consistente nel mero “lasciar diffondere” la propagazione del virus.

In secondo luogo, con specifico riferimento alla mens legislatoris, pur riconoscendo che l’art. 438 c.p. fosse stato originariamente concepito quale fattispecie incriminatrice funzionalmente orientata alla repressione del fenomeno dello “spargimento doloso di germi patogeni”, nondimeno, sostiene la Suprema Corte la necessità di pervenire a una interpretazione evolutiva, più aderente alla realtà contemporanea, che ne adegui la portata applicativa alle moderne – e purtroppo recentemente sperimentate – declinazioni del rischio pandemico.

Sotto il profilo sistematico, inoltre, l’Ordinanza in esame sembra inequivocabilmente propendere per la piena compatibilità della struttura tipica del reato con l’art. 40, comma 2, c.p., avvalorando siffatta impostazione in base all’assunto per cui l’espressione “diffusione di germi patogeni”, lungi dal costituire un indefettibile elemento di tipizzazione della condotta, implicherebbe soltanto il riferimento al “mezzo” attraverso cui si realizza l’evento lesivo contemplato dalla fattispecie: detto altrimenti, il delitto in questione non si configurerebbe quale reato a forma vincolata, bensì quale reato a “mezzo vincolato.

In ogni caso, anche volendo prescindere dall’inclusione del delitto di epidemia tra quelli a forma libera, ciò non precluderebbe, ipso facto, la sua configurabilità in forma omissiva, non costituendo l’indirizzo interpretativo che postula l’incompatibilità tra i reati a forma vincolata e l’art. 40 cpv. soluzione univocamente accettata all’interno della giurisprudenza di legittimità.

4. Rischi e confini di una responsabilità in forma omissiva

Pur rappresentando l’approccio epistemico complessivamente delineato dalla Quarta Sezione un apprezzabile tentativo di meglio circoscrivere la ratio della fattispecie in esame, non può esso, al contempo, ritenersi esente da talune osservazioni critiche.

Più dettagliatamente, un primo punto di frizione appare profilarsi nella possibilità di estendere il significato semantico della locuzione verbale “lasciar diffondere”.

Quand’anche tale opzione esegetica non rischi di travalicare il divieto, normativamente imposto dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, del ricorso all’analogia in malam partem, non v’è chi non veda nell’opzione proposta dalla Sezione rimettente – benché episodicamente adottata in relazione al delitto di truffa – un comodo espediente per aggirare il perimetro applicativo della disposizione incriminatrice.

In altri termini, postulare – come fa la l’Ordinanza – la tipicità di qualsivoglia omissione nell’impedire la propagazione di germi patogeni, prescindendo da un opportuno inquadramento nell’alveo del reato omissivo improprio e dall’individuazione di una specifica posizione di garanzia, determinerebbe un’inaccettabile espansione dell’alveo della penale responsabilità per epidemia; tanto più se si considera la circostanza dell’essere l’ipotesi delittuosa in disamina costruita secondo il coefficiente soggettivo della colpa.

Esclusa, dunque – almeno ad avviso di chi scrive – la percorribilità di un’interpretazione estensiva quale strumento risolutivo della vexata quaestio, appare, viceversa, maggiormente coerente, sul piano sistematico, l’eventuale riconduzione della fattispecie di epidemia nell’alveo del reato omissivo improprio.

Pur registrandosi al riguardo, tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, vedute radicalmente contrastanti, in virtù della tendenziale incompatibilità – motivata da esigenze di legalità sostanziale – della clausola di equivalenza di cui all’art. 40 cpv con le fattispecie a forma vincolata, siffatta soluzione (condividendosi in parte qua quanto affermato dalla Quarta Sezione) appare, verosimilmente, la più idonea ad apprestare effettiva tutela al bene giuridico presidiato dall’art. 438 c.p., ovvero, la saluta pubblica e l’incolumità collettiva.

5. Conclusioni

L’invocato intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte si rivela, come agevolmente intuibile, imprescindibile al fine di ristabilire un assetto ermeneutico coerente rispetto a una fattispecie che, per sua stessa conformazione, si caratterizza per un perimetro applicativo intrinsecamente incerto.

Sebbene la possibilità di sussumere all’interno del reato di epidemia anche condotte tipicamente omissive costituisca un’irrinunciabile occasione al fine di più efficacemente modellare la fattispecie incriminatrice in vista della primaria esigenza di tutela della collettiva pubblica, nondimeno, perché una simile soluzione possa ritenersi giuridicamente accettabile non può, al contempo, esimersi dal necessario  raccordato con il principio – costituzionalmente presidiato – di legalità, il quale, com’è noto, impone di delimitare con precisione gli ambiti della penale responsabilità.

In conclusione, se l’orientamento estensivo dovesse prevalere, risulterà cruciale individuare stringenti criteri per distinguere tra omissioni penalmente rilevanti e mere carenze organizzative, affinché la dilatazione del paradigma punitivo non si traduca in un’ingiustificata criminalizzazione di condotte prive di effettiva incidenza causale sulla propagazione epidemica.


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Gabriele Ferro

Laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Siena, attualmente praticante avvocato, con predilezione per il settore del diritto penale sostanziale e processuale.

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