Mediazione familiare e animali domestici nella separazione

Mediazione familiare e animali domestici nella separazione

La mediazione familiare, in America e in Europa da diverso tempo, mentre in Italia più recentemente, sta divenendo uno strumento sempre più idoneo ed efficace per gestire in modo consensuale e costruttivo le questioni legate alla separazione o al divorzio di coppie in crisi, che abbiano o meno figli.

Sebbene, infatti, si ricorra a questa A.d.r. per la stragrande maggioranza dei casi al fine di riorganizzare l’assetto familiare in merito alla gestione e all’affidamento dei figli e, secondariamente e di riflesso, anche per la divisione dei beni – dalla casa coniugale al conto corrente ai beni materiali di tutti i giorni e così via discorrendo -, un ambito emergente di applicazione della mediazione riguarda gli animali domestici condivisi dalla coppia.

Se una coppia si separa o divorzia, infatti, può trovarsi a dovere affrontare, soprattutto nei tempi più recenti, la questione dell’affidamento dei nuovi membri della famiglia: principalmente i propri cani o gatti.

Deciso in comune di adottarne o acquistarne uno, una volta scelto di chiudere il legame affettivo, c’è da chiedersi come comportarsi e il quesito spesso è di tutt’altro che facile risoluzione.

Gli animali come membri della famiglia

Negli ultimi decenni, come anticipato nell’introduzione, gli animali domestici – dai cani, ai gatti, ma anche ai conigli, etc. – sono divenuti veri e propri compagni di vita, al pari del partner o dei figli. Si consideri, altresì, che spesso le nuove coppie preferiscono avere un animale domestico piuttosto che generare una nuova vita e tale scelta ragionata porta il diritto e le scienze sociali a considerare sotto diversi punti di vista questo mutamento di usi, costumi e tempi.

Insomma, gli animali domestici sono sempre più considerati membri affettivi del nucleo familiare e non semplici beni. Di conseguenza, quando una coppia si separa, può sorgere un conflitto su chi debba tenere l’animale, come garantire la sua cura o se sia possibile una gestione condivisa, al pari del modello dell’affido congiunto dei figli di cui alla Legge 8 febbraio 2006, n. 54.

Accade, così, che l’argomento della gestione degli animali sia e debba essere trattato come le questioni inerenti all’affidamento e alla gestione della prole, cui si affianca o, ancor più spesso, si sostituisce.

Cosa può fare la mediazione familiare su questo fronte?

La mediazione familiare, molto più di un giudizio in tribunale, in ragione del fatto che la questione in esame non può talvolta definirsi strictu sensu giuridica -,  offre un contesto neutrale, guidato da un professionista qualificato terzo e imparziale, in cui le parti possono esprimere i propri bisogni emotivi e pratici riguardo all’animale e stabilire accordi su chi e sul come ci si occuperà quotidianamente dello stesso.

Proprio come per i figli, sarà necessario nel corso degli incontri di mediazione definire eventuali tempi di visita o di permanenza alternata, nell’ipotesi in cui entrambi i proprietari dell’animale vogliano mantenere un legame con l’animale, concordando su spese veterinarie, sull’alimentazione e su tutte altre necessità che emergano.

Altro aspetto da non sottovalutare e, anzi, decisamente pregnante, riguarda le decisioni su tutta una serie di situazioni future, tra cui le vacanze, la malattia, le emergenze etc…

L’obiettivo della mediazione, dunque, non è decidere chi “possieda” l’animale, ma trovare soluzioni condivise che rispettino i legami affettivi e il benessere dell’animale stesso in un’ottica di gestione futura. Insomma, così come accade per la prole, così deve accadere per il nuovo membro della ex “famiglia”.

Aspetti legali: uno scenario aperto e in via di sviluppo

Attualmente, il Codice Civile italiano considera gli animali come beni mobili, pertanto, come beni materiali. Tuttavia, una crescente sensibilità giurisprudenziale, che ha negli anni condotto ad alcune proposte di riforma, tende a riconoscerne il valore affettivo che vada oltre il concetto giuridico di res. Alcuni tribunali, in mancanza di una disciplina specifica, hanno già accolto accordi tra ex partner che regolano la “custodia” o la frequentazione dell’animale, specialmente se accompagnati da un percorso mediativo.

Sebbene, infatti, la giurisprudenza italiana[1] abbia di recente dimostrato una crescente attenzione al benessere degli animali domestici in contesti di separazione e divorzio, applicando principi di affido condiviso e suddivisione delle spese analoghi a quelli previsti per i figli minori, l’assenza di una normativa specifica rende le decisioni giuridiche variabili e dipendenti dalle circostanze del caso concreto.

Per questo, ad oggi la mediazione risulta lo strumento più utile per definire questo tipo di questioni, nonché l’unico al passo con il mutamento dei tempi, in ragione del suo minore rigorismo e formalismo sia a livello procedurale che a livello tematico.

In un tempo in cui le famiglie cambiano forma ma non smettono di essere legate dagli affetti, anche la gestione della vita degli animali può essere affrontata con rispetto, empatia e buon senso e la mediazione familiare si dimostra uno strumento flessibile ed efficace anche per affrontare le problematiche relative a tutte le questioni sugli animali condivisi, sostitutiva del conflitto giudiziario, che può essere lungo, costoso e stressante per tutte le parti coinvolte – incluso l’animale -, promuovendo il dialogo costruttivo e aperto e la corresponsabilità dei mediandi.

 

 

 

 

 

[1] Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 5322 del 15.03.2016 è stato tra i primi in Italia a riconoscere l’affido condiviso di un cane conteso da due ex conviventi. Il Tribunale ha applicato analogicamente la disciplina dell’affidamento dei figli minori, stabilendo che il cane dovesse essere affidato a entrambi i coniugi, con collocamento alternato e diritto di visita e che le spese veterinarie e straordinarie fossero suddivise al 50%.

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