Mediazione familiare: uno strumento utile (ma quanto conosciuto?) per gestire i conflitti familiari

Mediazione familiare: uno strumento utile (ma quanto conosciuto?) per gestire i conflitti familiari

Sommario: 1. La mediazione familiare: uno strumento per ricostruire il dialogo e per proteggere i figli – 2. Quando è particolarmente indicata e come ci si arriva? – 3. E Marta e Luca?

Marta e Luca hanno una figlia di 7 anni. Vivono ancora sotto lo stesso tetto, ma non si parlano più se non attraverso pochi e verbalmente aggressivi e noncuranti messaggi. Ogni decisione sui compiti, sul pediatra, sulle attività sportive della bimba diventa terreno di scontro e la piccola assiste quotidianamente a litigi, porte sbattute e silenzi punitivi.

Marta vorrebbe “portare tutto dall’avvocato”, mentre Luca teme una causa lunga e, soprattutto, molto costosa, che i due non si possono permettere. Nessuno dei due sa che esiste lo strumento della mediazione familiare, ossia un metodo di risoluzione stragiudiziale delle controversie che dà avvio ad un percorso guidato da un professionista terzo che potrebbe aiutarli a riorganizzare la genitorialità senza trasformare tutto in una battaglia giudiziaria.

Quello appena riportato è un esempio tipico di crisi di coppia che porta a problemi di genitorialità. Mostra una realtà semplice ma spesso ignorata: in materia di crisi familiare, i cittadini hanno oggi a disposizione diversi strumenti alternativi alla causa giudiziaria, più flessibili e – indubbiamente – meno conflittuali, rafforzati e valorizzati da ultimo proprio dalla Riforma Cartabia. Il problema è che, fuori dagli ambienti tecnici e lontano dalla conoscenza degli operatori di sistema, sia la mediazione familiare che gli altri istituti restano quasi del tutto sconosciuti.

1. La mediazione familiare: uno strumento per ricostruire il dialogo e per proteggere i figli

La mediazione familiare è un percorso – ad oggi ancora – volontario e strutturato, condotto da un mediatore familiare, ossia un professionista terzo, imparziale e formato, che aiuta i genitori a comunicare in modo meno conflittuale, a capire bisogni e paure reciproche e a costruire accordi condivisi soprattutto sull’organizzazione della vita dei figli.

Non si tratta affatto di una consulenza legale, né tantomeno di una sorta di terapia di coppia. Inoltre, è bene chiarirlo fin dal principio, il mediatore non va a sostituire il giudice. La mediazione familiare è proprio uno spazio neutro a parte in cui la coppia, pur separandosi, impara a restare coppia genitoriale.

Grazie alla caratteristica di neutralità del mediatore, questi non prende le parti di nessuno dei mediandi, non ha il compito di individuare i torti e le ragioni, non dà pareri legali né cerca di fare “vincere” una parte sull’altra, come nel classico schema “win-lose” delle aule di tribunale. Questa figura, anzi, si limita a facilitare il dialogo e aiuta i mediandi a “tradurlo” in accordi concreti, ponendo il focus degli incontri sul piano relazionale ed emotivo.

Negli incontri di mediazione si lavora su come ci si parla, su come gestire il conflitto davanti ai figli, su come organizzare la quotidianità dopo la separazione della coppia, che rimane pur sempre costituita da due genitori, che tali rimangono.

Un altro aspetto importante della mediazione familiare sta nella riservatezza della sede, in quanto ciò che viene detto durante la stessa è coperto da confidenzialità e, in linea di principio, non entra nel fascicolo processuale[1]. Il minore, inoltre, è senza ombra di dubbio il centro del percorso, che è precipuamente orientato al suo benessere, anche se spesso non è fisicamente presente negli incontri.

2. Quando è particolarmente indicata e come ci si arriva?

Detto strumento risulta particolarmente efficace nei casi di conflitto ad alta carica emotiva (gelosie, tradimenti, risentimenti), in cui la comunicazione è interrotta, in presenza soprattutto di figli minori o comunque non autonomi economicamente, per impostare una co-genitorialità stabile.

Non è, ed è bene precisarlo, esclusa in casi di assenza di figli, anche per risolvere questioni economiche[2] o per la gestione degli animali domestici[3].

La mediazione familiare può essere proposta spontaneamente dai genitori – rivolgendosi a centri sia pubblici che privati – o suggerita dal giudice nel corso del procedimento, nonché consigliata dagli avvocati come passaggio preliminare o parallelo alla causa.

Chiedere al proprio legale informazioni sui mediatori accreditati è spesso il primo passo concreto e, anzi, il Codice Deontologico Forense impone all’avvocato di tutelare l’interesse del cliente nel modo meno conflittuale possibile e di informarlo in modo completo sugli strumenti disponibili, anche alternativi al giudizio.

Insomma, la conoscenza della mediazione familiare non è solo un dettaglio per tecnici, ma un’opportunità concreta da cogliere per i cittadini, andando a ridurre il ricorso al contenzioso giudiziale, permettendo di contenere tempi, costi e, soprattutto, il peso emotivo della separazione.

Vieppiù: non essendo una sentenza calata dall’alto dal tribunale, favorisce di solito soluzioni più stabili nel tempo, proprio perché costruite – e non imposte – direttamente dai mediandi insieme al mediatore.

3. E Marta e Luca?

Tornando, dunque, al nostro caso-esempio di partenza, si può affermare che, grazie alla mediazione familiare, Marta e Luca, decidendo di ricorrervi, non risparmierebbero solo conflitti ulteriori, ma anche e – soprattutto – tempo e denaro.

Invece di intraprendere due cause contrapposte, con consulenze tecniche, rinvii e udienze, concentrerebbero energie e costi in un percorso più breve, con un numero definito e limitato di incontri meno costosi delle consulenze legali e del processo e senza l’incertezza dei tempi della giustizia ordinaria, ormai arcinoti a chiunque.

In mediazione, inoltre, potrebbero regolare in modo dettagliato e personalizzato aspetti che nella vita quotidiana fanno davvero la differenza e che – almeno in alcuni casi – in sede giudiziaria non potrebbero essere trattati.

Otre a definire all’interno dell’accordo scritto chi accompagna e chi va a prendere la bambina a scuola, come organizzare i weekend e le vacanze, chi gestisce i rapporti con il pediatra e con gli insegnanti, come suddividere le spese straordinarie, come utilizzare la casa familiare nel periodo di transizione, Marta e Luca potrebbero anche ricominciare a parlarsi non solo dei “problemi” della coppia oramai in rottura, bensì dei bisogni concreti della figlia, dei suoi cambiamenti, delle sue paure e dei suoi desideri, sperimentando un dialogo meno accusatorio e più cooperativo.

In questo senso, si spiega bene come la mediazione familiare non si limiti a chiudere o risolvere – compito che non compete, del resto! – una crisi, ma aiuti i due mediandi ad aprire una nuova fase della loro relazione: non più come coppia coniugale, bensì come coppia genitoriale in grado di prendere decisioni insieme, con maggiore consapevolezza, responsabilità e – spesso – con un minore impatto emotivo ed economico per tutti.

Resta un nodo culturale: fuori dalle aule di tribunale e dagli studi legali, questi strumenti sono poco conosciuti.
Sarebbe bene, ricordarci e ricordare che il compito dell’avvocato ad oggi non è solo “fare causa”, ma anche illustrare percorsi alternativi, spiegare in modo chiaro le opzioni disponibili e accompagnare la persona – e, in questi casi, la famiglia – verso la soluzione più adatta, nel rispetto della legge ma anche della dignità e dei bisogni di tutti i soggetti coinvolti, in primis dei minori.

 

 

 

 

 

 

[1] Per le eccezioni, vedasi: “Riservatezza nella Mediazione Familiare: limiti, obblighi e casi di decadenza”, di Elisa Cofano, in Salvis Juribus, 30.04.2025.
[2] Vedasi: “La mediazione familiare: uno strumento anche per le coppie senza figli”, di Elisa Cofano, in Salvis Juribus, 25.04.2025.
[3] Vedasi: “Mediazione familiare e animali domestici nella separazione”, di Elisa Cofano, in Salvis Juribus, 04.06.2025.

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