
Quante persone in Italia vengono effettivamente a conoscenza della mediazione familiare? E quante scelgono di intraprendere un percorso?
Sommario: 1. I dati drammatici – 2. Il “divario conoscenza-adesione”: alcune chiavi di lettura e prospettive risolutorie
La riforma “Cartabia” (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 id est “Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”) ha collocato la mediazione familiare al centro del nuovo processo unitario in materia di persone, minorenni e famiglie, affidandole una funzione di prevenzione e di gestione di carattere non avversariale del conflitto genitoriale.
Tuttavia, nonostante questo ruolo-fultro, la percezione diffusa non solo fra operatori di sistema ma anche tra i cittadini comuni è che questo strumento resti poco conosciuto e ancor meno utilizzato.
Un quadro empirico aggiornato che certifica questa triste percezione proviene dal documento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA), “La mediazione familiare in Italia. Documento di studio e di proposta”, pubblicato a giugno di quest’anno, che intreccia dati ISTAT 2019-2021 e questionari rivolti a tribunali e università.
1. I dati drammatici
Occorre, preliminarmente, porre l’accento sul fatto che l’AGIA stessa principia il suo report con una constatazione tutt’altro che banale: mancano rilevazioni statistiche sistematiche sugli esiti e sulla diffusione della mediazione familiare e la fotografia disponibile è, pertanto, parziale.
Per stimare il numero di chi conosce e di chi aderisce, il documento, dunque, utilizza principalmente i modelli ISTAT M252 e M253 relativi alle separazioni e ai divorzi per gli anni 2019-2021, che contengono due domande chiave: le parti sono state informate della possibilità di avvalersi della mediazione familiare? E, se sì, ne hanno poi fatto ricorso? Oltre ai dati ISTAT, un questionario inviato ai 142 tribunali ordinari e ai 29 tribunali per i minorenni, ha permesso di mappare le prassi informative e invio in mediazione.
Partendo dall’ISTAT, si segnala una quota non trascurabile di circa il 20% di risposte mancanti, che rendono questi dati non esaustivi; eppure, ad oggi questo è tutto quanto a nostra disposizione.
Dunque, se assumiamo, in modo realistico, che “conoscere” la mediazione coincida almeno con l’essere stati informati formalmente della sua esistenza e finalità, i dati ISTAT offrono alcune indicazioni interessanti. Per le separazioni avvenute nel triennio 2019-2021, al netto delle mancate risposte, nel 2019 su circa 61.000 casi “validi” le coppie che dichiarano di essere state informate della possibilità di ricorrere alla mediazione corrispondono circa a 45.000 procedimenti; nel 2020 si riducono i casi validi a circa 49.000 per corrispondenti coppie informate pari a 36.000 procedimenti; infine, nel 2021 si assiste ad un’evidente ricrescita, rilevandosi su circa 60.000 casi “validi” coppie informate corrispondenti a circa 44.000 procedimenti.
Sembra, pertanto, che quasi il 70% delle coppie risulti informato dell’esistenza della mediazione familiare, ma solamente perché la coppia è già dentro il circuito giudiziario.
Quanto alla seconda fonte, il questionario dell’AGIA ai tribunali conferma, però, che la qualità dell’informazione è spesso molto bassa e generica, poiché solo una minoranza dei giudici indirizza le parti verso sportelli informativi o verso mediatori iscritti negli elenchi ex art. 12-bis disp. att. c.p.c., per un vero primo incontro informativo.
Vieppiù: alla scarsa qualità dell’informazione nonché alla scarsa conoscenza dello strumento, si affianca una notevole mancanza di risorse.
Ne discende che la “cultura” della mediazione familiare resta fragile, disomogenea sul territorio e spesso confinata ad un’informazione meramente burocratica, incapace di tradursi in reale consapevolezza.
Sul versante dell’adesione, il quadro si fa ancora più critico. Sempre per le separazioni 2019-2021, l’ISTAT rileva, fra i casi “validi” nel 2019 poco più di 3.000 coppie che hanno fatto ricorso alla mediazione, su circa 61.000 procedimenti considerati, nel 2020 lo stesso numero su quasi 49.000 casi e nel 2021 una lieve crescita a circa 3.800 su quasi 60.000 casi.
Ordunque, pur prescindendo dagli inevitabili limiti della rilevazione, l’ordine di grandezza è chiaro: solo circa il 5-6% delle coppie in separazione ricorre alla mediazione familiare, a fronte di una quota di coppie informate che si aggira attorno ai tre quarti dei procedimenti.
Non sorprende, allora, che il documento AGIA, leggendo tali dati nel loro insieme, parli di uno strumento “pressoché inutilizzato”.
Ancora più problematico è, infine, il fatto che non esistono oggi statistiche centralizzate sull’esito dei percorsi di mediazione demandati dal giudice, né sulla tenuta nel tempo degli accordi raggiunti, elemento che l’AGIA indica esplicitamente come lacuna da colmare.
2. Il “divario conoscenza-adesione”: alcune chiavi di lettura e prospettive risolutorie
Alla luce delle statistiche riportate, forse la considerazione più significativa e preoccupante che emerge dal documento in esame è il divario strutturale tra conoscenza, quantomeno formale, e adesione effettiva. Ma quali sono i possibili motivi di questo enorme gap?
Innanzitutto, c’è da considerare la dilagante ignoranza sulle modalità di svolgimento degli incontri di mediazione familiare, che spesso – se vengono “presentati” – vengono descritti in maniera standardizzata e generica. Altro conto è, invece, sperimentare un vero colloquio informativo con un mediatore, in uno “spazio altro” rispetto all’aula di giustizia!
Non stupisce, pertanto, che laddove esistano sportelli informativi stabilmente presidiati da mediatori, i dati di adesione risultano significativamente più alti secondo le esperienze territoriali richiamate dal documento.
Occorre, in secondo luogo, considerare la scarsa cultura condivisa dello strumento anche tra operatori: nelle audizioni raccolte dall’AGIA emerge che una parte della magistratura e dell’avvocatura fatica a distinguere mediazione, conciliazione e terapia di coppia, alimentando confusione e resistenze.
Ebbne sì: se il giudice e il difensore non credono nella mediazione o non la conoscono a fondo, l’“invito” ex art. 473-bis.10 c.p.c. difficilmente potrà tradursi in una proposta credibile. In poche parole, chi non è convinto non può convincere!
Da ultimo, c’è il grande problema della “geografia a macchia di leopardo”, poiché la ricognizione della prassi giudiziaria evidenzia forti differenze tra distretti, con presenze di buone prassi e sportelli strutturati in alcune realtà e, all’opposto, totale assenza di elenchi di mediatori e di spazi informativi in altre.
Per fortuna, il documento dell’AGIA non si limita a fotografare la situazione con rammarico, ma – anzi! – formula una serie di raccomandazioni rivolte ai diversi attori istituzionali, proprio a partire dalla constatazione del basso tasso di adesione nonostante il crescente riconoscimento normativo.
Tra le proposte che incidono più direttamente su conoscenza e utilizzo della mediazione familiare si segnalano:
– l’istituzione di una Giornata nazionale della mediazione familiare, per informare e sensibilizzare la cittadinanza;
– l’incremento della formazione specifica di magistrati e avvocati, con il coinvolgimento delle associazioni professionali dei mediatori;
– la promozione e il finanziamento di sportelli informativi nei tribunali e sul territorio;
– la raccolta di statistiche uniformi sugli invii in mediazione e sugli accordi raggiunti, così da misurarne davvero l’impatto.
Ciononostante, rimane un interrogativo senza risposta. Almeno per ora: la riforma Cartabia sarà in grado di trasformare la mediazione familiare da istituto “poco usato” in risorsa ordinaria del sistema di giustizia familiare?
In questo spazio di distanza – tra ciò che le norme prevedono e ciò che i dati mostrano – si gioca, forse, la vera sfida della mediazione familiare in Italia nei prossimi anni.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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