Tecnologia e algoritmo nel procedimento amministrativo: tra progresso e principi

Tecnologia e algoritmo nel procedimento amministrativo: tra progresso e principi

La tecnologia si evolve con il progredire della società, o – per dirla con un pizzico di ironia – è la società che rincorre, talvolta affannosamente, l’evoluzione tecnologica.

L’innovazione digitale, e in particolare l’uso dell’intelligenza artificiale, presenta luci e ombre: se da un lato offre strumenti in grado di accelerare la risoluzione di problematiche complesse, anche in ambito giuridico, dall’altro rischia di deresponsabilizzare il pensiero critico, anestetizzando quella forma mentis che dovrebbe sempre contraddistinguere l’azione umana, soprattutto se pubblica.

Tra i settori nei quali l’impiego dell’intelligenza artificiale si è ormai consolidato, può annoverarsi senza dubbio anche l’ambito amministrativo.

L’attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione ha, com’è noto, l’obiettivo primario di perseguire l’interesse pubblico attraverso l’adozione di un provvedimento espresso, quale esito di un procedimento. L’art. 2 della Legge n. 241/1990 sancisce, appunto, l’obbligo per l’amministrazione di concludere il procedimento con un atto formale.

Nulla, nella formulazione della norma, sembra precludere – almeno sul piano testuale – che un provvedimento possa essere adottato anche con il supporto di un algoritmo, purché il procedimento sia standardizzato e l’intervento tecnologico sia compatibile con le regole del giusto procedimento.

L’automazione, infatti, può contribuire sia alla semplificazione dell’attività amministrativa, sia al miglioramento qualitativo del processo decisionale. In altri termini, l’intelligenza artificiale non è necessariamente un usurpatore dell’umano, ma può fungere da catalizzatore di efficienza… a patto che non si sostituisca al ragionamento giuridico ma lo assista.

In passato, tuttavia, si è a lungo discusso circa l’ammissibilità del ricorso all’algoritmo, soprattutto in presenza di discrezionalità amministrativa. Mentre nessun dubbio era mai sorto in relazione all’attività vincolata – nella quale è la legge stessa a predeterminare i requisiti e gli esiti del provvedimento – la questione si faceva più delicata allorché la P.A. fosse chiamata a compiere una ponderazione tra interessi pubblici e privati, esercitando un potere discrezionale.

A dirimere tale questione è intervenuto il Consiglio di Stato, il quale ha chiarito che anche nel caso di attività discrezionale, l’amministrazione può avvalersi di un procedimento algoritmico, purché siano rispettati specifici presìdi normativi e costituzionali. In particolare, l’utilizzo dell’algoritmo deve essere conforme:

  • al principio di trasparenza, che impone la conoscibilità del criterio di calcolo, nonché l’obbligo di motivazione del provvedimento ex art. 3 della L. 241/1990, affinché il giudice possa effettivamente controllarne la legittimità;

  • al principio di uguaglianza e non discriminazione, che vieta l’impostazione di meccanismi decisionali idonei a generare trattamenti diseguali tra soggetti in situazioni identiche;

  • al principio della non esclusività della decisione algoritmica, che configura l’intervento dell’intelligenza artificiale come soluzione estrema e non come regola, ammessa solo ove l’intervento umano rischierebbe di compromettere la celerità e l’efficacia del procedimento, senza tuttavia esonerare il giudice da un controllo pieno e concreto sulla legalità dell’operato automatizzato.

Alla luce di tali considerazioni, pur potendosi ritenere oggi ammissibile l’utilizzo dell’algoritmo nell’adozione di provvedimenti amministrativi – anche in ambito discrezionale – ciò è possibile solo nel rispetto delle garanzie sopra richiamate. Tali garanzie assicurano, da un lato, al cittadino la possibilità di impugnare un provvedimento lesivo dei propri diritti e, dall’altro, al giudice amministrativo il potere-dovere di esercitare un sindacato effettivo sulla legittimità della decisione.

Per concludere, il futuro della pubblica amministrazione non potrà prescindere dalla tecnologia, ma nemmeno potrà abdicare alla ragione giuridica. Il diritto non teme l’algoritmo, ma solo l’algoritmo privo di diritto.


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Avvocato Antonella Fiorillo

Laureata in giurisprudenza. Avvocato.

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