Il D.L. 116/2025 in materia di rifiuti e di bonifica dell’area cd. “Terra dei fuochi”

Il D.L. 116/2025 in materia di rifiuti e di bonifica dell’area cd. “Terra dei fuochi”

di Michele Di Salvo

La CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo) ha ritenuto, all’unanimità, che vi fosse stata la violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nei casi portati alla sua attenzione in relazione al fenomeno cd. “terra dei fuochi”.

La sentenza 30 gennaio 2025, n.51567/14 

[il testo, lunghissimo, della sentenza è disponibile qui: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.page?contentId=SDU1455751] è stata presentata nella forma della “sentenza pilota” e sospende il giudizio su responsabilità e danni per due anni, imponendo all’Italia una serie enorme di misure alla verifica delle quali la Corte determinerà su quanto sospeso.

Il D.L. 116/2025 dell’8 agosto non è una misura “motu proprio” del Governo italiano, ma è un primo tentativo quanto meno di dimostrarsi “proattivi” negli adempimenti almeno formali imposti dalla sentenza di gennaio.

Le norme dovrebbero costituire uno strumento utile al fine di assicurare rapidamente il ripristino in concreto delle condizioni di vivibilità, dal punto di vista ambientale, sanitario e della sicurezza pubblica, contrastando la gestione illegale dei rifiuti ad opera della criminalità organizzata. 

Tale provvedimento vuole non solo prevenire e reprimere le attività illecite in relazione ai rifiuti, ma anche garantire l’erogazione del contributo di autonoma sistemazione, pure dopo la cessazione dello stato d’emergenza, ai soggetti evacuati nelle zone colpite da gravi eventi calamitosi. 

Il decreto-legge in esame è direttamente definito “Disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi, nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi” riprendendo i temi centrali della decisione CEDU di gennaio. 

Il territorio interessato è rappresentato da 90 Comuni in provincia di Napoli e Caserta, con elevati livelli di rischio per la salute dei cittadini presenti in tutti i Comuni.

In merito alla disciplina dei rifiuti, viene riorganizzata la tutela penale dell’ambiente in relazione alle condotte di abbandono di rifiuti: il decreto-legge ipotizza tre livelli progressivi di offesa, cui corrispondono tre distinti reati (in questo senso recepisce le note di inadeguatezza ed inefficacia in concreto evidenziate dalla Corte EDU).

Il primo reato (abbandono di rifiuti non pericolosi: art. 255, comma 1, TUA), che resta una contravvenzione, punisce il mero abbandono di rifiuti con sanzioni, tuttavia, più severe di quelle previgenti. L’intervento si completa con la previsione di una fattispecie soggettivamente qualificata (titolari di imprese e responsabili di enti), punita sempre a titolo di contravvenzione ma con una sanzione più elevata.

Il secondo reato (abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari: art. 255-bis TUA), a natura delittuosa, punisce con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chiunque, in violazione di determinate disposizioni del TUA, abbandona o deposita rifiuti non pericolosi ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee se:

a) dal fatto deriva pericolo per la vita o l’incolumità delle persone ovvero pericolo di compromissione o deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;

b) il fatto è commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati o comunque sulle strade di accesso ai predetti siti e relative pertinenze. Anche con riferimento a tale ipotesi, è previsto un aggravamento di pena in relazione alla qualità soggettiva degli autori che siano titolari di imprese o responsabili di enti.

Il terzo reato (abbandono di rifiuti pericolosi: art. 255-ter TUA), anch’esso a natura delittuosa, è configurabile quando l’abbandono avvenga in violazione di determinate disposizioni extrapenali, prevedendosi altresì un aumento di pena laddove si verifichino le conseguenze del pericolo per la vita o l’incolumità delle persone, del pericolo di compromissione o deterioramento degli elementi essenziali dell’ecosistema, ovvero l’abbandono medesimo avvenga in siti contaminati o potenzialmente tali (aggravamento di pena in relazione alla qualità soggettiva degli autori che siano titolari di imprese o responsabili di enti).

Ulteriori interventi riguardano la gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256 TUA) e puntano a trasformare gli attuali illeciti in delitti (sia quanto alla gestione non autorizzata di rifiuti sia quanto alla realizzazione e gestione di una discarica abusiva), con le modifiche conseguenti dal punto di vista delle misure di sicurezza patrimoniali e delle sanzioni amministrative accessorie.

Il decreto-legge reca, inoltre, disposizioni modificatrici della fattispecie di reato concernente la combustione illecita di rifiuti (art. 256-bis TUA), mediante la previsione di un più grave trattamento sanzionatorio laddove si verifichino le conseguenze del pericolo per la vita o l’incolumità delle persone, del pericolo di compromissione o deterioramento degli elementi essenziali dell’ecosistema, ovvero la combustione avvenga in siti contaminati o potenzialmente tali.

Analogo inasprimento del trattamento sanzionatorio, attraverso la sostituzione della contravvenzione con il delitto, è attuato con riferimento alla spedizione illegale dei rifiuti (art. 259 TUA).

Si è, poi, prevista un’aggravante speciale (art. 259-bis TUA) quando i fatti sono commessi nell’ambito di un’impresa o comunque di un’attività organizzata.

Va, infine, evidenziata l’introduzione della corrispondente ipotesi colposa per tutti i casi in cui la fattispecie contravvenzionale, prima vigente, sia stata trasformata in delitto (art. 259-ter TUA).

Sul piano amministrativo si prevede, una modifica in riferimento all’Albo nazionale dei gestori ambientali (art. 212, comma 19-ter, TUA). Nell’ottica di disincentivare condotte illecite da parte di imprese professioniste del trasporto che subirebbero forti limitazioni o esclusioni rispetto all’esercizio dell’attività di trasporto, viene contemplata una sanzione amministrativa accessoria per le imprese di trasporto iscritte all’Albo degli autotrasportatori per conto terzi di cui alla L. n. 298/1974: laddove le predette imprese commettano una delle violazioni previste dal titolo VI della parte quarta del TUA, risulteranno destinatarie sia delle sanzioni previste per ciascuna violazione, sia della sanzione della sospensione, dall’Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terzi, da 15 giorni a 2 mesi. In caso di reiterazione delle violazioni o di recidiva, si applicherà la sanzione accessoria della cancellazione dall’Albo nazionale con divieto di reiscrizione prima che siano trascorsi 2 anni.

Viene, inoltre, ipotizzata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, quando il reato considerato è commesso attraverso l’uso di veicoli a motore (art. 255 TUA).

È inoltre sanzionata la condotta di abbandono o deposito di piccoli rifiuti posta in essere fuori dalla strada, con o senza l’impiego di veicoli, o sulla strada dai pedoni (art. 255, comma 1-bis, TUA). Si tratta dei rifiuti da prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni, il cui abbandono comporta una sanzione pecuniaria del pagamento di una somma da 80 euro a 320 euro. L’accertamento delle violazioni può avvenire anche mediante l’ausilio delle immagini riprese dagli impianti di videosorveglianza; il procedimento volto all’applicazione della sanzione pecuniaria è affidato al Sindaco del Comune in cui è stata commessa la violazione.

Gli interventi di diritto sostanziale sono finalizzati a realizzare due obiettivi: il primo è quello di arricchire il catalogo dei reati ostativi all’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.); il secondo è di prevedere, anche per le ipotesi codicistiche relative ai “rifiuti”, gli inasprimenti sanzionatori connessi agli eventi di pericolo sopra citati.

Riguardo al diritto processuale, si rende applicabile l’istituto dell’arresto in flagranza differita ad una serie di reati (inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari, abbandono di rifiuti pericolosi, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, combustione illecita di rifiuti, traffico illecito di rifiuti), di significativo disvalore penale, diretti ad offendere il bene giuridico ambiente (art. 382-bis c.p.p.).

È stato ampliato il novero dei reati, contemplati nell’art. 9 L. n. 146/2006, cui può applicarsi l’istituto eccezionale della tecnica investigativa speciale delle operazioni sotto copertura, includendo così tutte quelle ipotesi di illecito ambientale ritenute di particolare disvalore penale.

Segnatamente, sono stati aggiunti i reati di inquinamento ambientale, di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, di disastro ambientale, di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, di abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari, di abbandono di rifiuti pericolosi, di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, di combustione illecita di rifiuti e di traffico illecito di rifiuti: queste fattispecie rappresenterebbero “reati-spia” dell’operatività di gruppi criminali organizzati.

È stato infine esteso il catalogo di reati per i quali può essere disposta, ai sensi dell’art. 34 D.Lgs. n. 159/2011, la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende, includendovi pure alcune ipotesi di illeciti penali in materia di rifiuti.

Si è intervenuti sul D.Lgs. n. 231/2001, sulla responsabilità da reato dell’ente, segnatamente sull’art. 25-undecies, dedicato ai reati ambientali, in termini corrispondenti, e conseguenti, alle modifiche sul piano della legge penale sostanziale.

Su altro versante, si segnalano modifiche al codice della strada. Nello specifico, è sanzionata la condotta di chi insudicia o imbratta la strada o le sue pertinenze con oggetti diversi dai rifiuti (escludendo le ipotesi di occupazione abusiva), nonché la condotta di chi deposita o getta piccoli rifiuti non pericolosi sulla strada, dai veicoli in sosta o in movimento (art. 15 CdS).

Si introduce la possibilità, nell’ambito delle attività investigative e di accertamento delle violazioni previste da specifiche disposizioni, di avvalersi dei dati contenuti nella Carta nazionale dell’uso del suolo dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA: D.Lgs. n. 74/2018).

Si tratta di un sistema oggettivo, uniforme e georeferenziato, che consente l’identificazione di poligoni di uso agricolo e non agricolo, la valutazione di variazioni morfologiche e chimico-fisiche del suolo, il monitoraggio di abbandoni, urbanizzazioni irregolari, l’evoluzione delle aree boschive, la mappatura di suoli inutilizzati o degradati da recuperare, nonché la verifica di conformità degli usi del suolo agli aiuti della politica agricola comune (PAC). La possibilità di sovrapporre nel tempo le immagini contenute nella Carta permette non solo l’individuazione di fenomeni di degrado, ma anche la datazione degli stessi, requisito fondamentale ai fini della responsabilità penale e amministrativa.

Il D.L. 116/2025 individua le misure urgenti per il finanziamento dell’attività di ripristino ambientale e bonifica nella “Terra dei fuochi”: viene così autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per l’anno 2025, ai fini della realizzazione degli interventi attribuiti al Commissario unico (di cui all’art. 10, comma 5, D.L. n. 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 69/2025) compresi quelli di rimozione dei rifiuti abbandonati in superficie; si dispone l’attribuzione al Commissario unico dei poteri inerenti alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti, e al ripristino dello stato dei luoghi, nonché all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati e al recupero delle somme anticipate; si attribuiscono al Commissario unico, in materia di bonifica dei siti contaminati, i poteri di diffida del responsabile e di successiva attuazione d’ufficio degli interventi necessari; si prevede che, fra i poteri attribuiti al Commissario unico, sia compresa l’azione di rivalsa e di recupero delle somme spese nei confronti dei responsabili individuati.

Viene consentita l’erogazione del contributo per l’autonoma sistemazione ai soggetti evacuati in conseguenza di gravi eventi calamitosi anche nelle more del completamento delle procedure di presentazione delle domande per il contributo per la ricostruzione (art. 22-ter, comma 1, D.L. n. 4/2022, convertito dalla L. n. 25/2022).

Ancora una volta quindi la scelta del Governo italiano è quella di un intervento considerato “a costo zero”, che mostra i muscoli e offre una apparente sensazione di attività.

Si sceglie la via penale, inasprendo sanzioni e pene che la Corte EDU ha già definito per il passato inefficaci e insufficienti.

Non si interviene sull’unico punto che davvero poteva dare una qualche efficacia: il prolungamento dei tempi di prescrizione.

Le modifiche relative agli operatori di cui all’Albo nazionale dei gestori ambientali, nulla incidono su chi opera nella completa illegalità.

Sono state inasprite pene e sanzioni pecuniarie, dimenticandosi che molto raramente queste si sono rivelate efficaci e numericamente consistenti in passato, per poi finire nell’inefficacia di fatto proprio a causa dei tempi di prescrizione.

Non si interviene minimamente sul fronte del coordinamento complessivo – esplicitamente richiesto dalla sentenza CEDU – degli enti amministrativi interessati dal territorio al Governo centrale.

Nel caso specifico, data la peculiarità delle fattispecie, non va taciuto che proprio questa frammentarietà (90 comuni, due province, una regione, sei ministeri minimo coinvolti) è un facilitatore del fenomeno e non certo un deterrente o uno strumento di contrasto efficace.

In termini di risorse il Governo ha stanziato 15milioni, che a chiunque appaiono insufficienti anche alla semplice raccolta straordinaria, laddove le azioni esplicitamente elencate e richieste dalla Corte prevedono una vera e propria azione straordinaria.

Nulla in pratica viene indicato per la salute, il monitoraggio, il coordinamento, l’informazione, la ricerca sui dati epidemiologici, la prevenzione… tutti temi centrali nella sentenza di gennaio.


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