Autoriciclaggio, occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene

Autoriciclaggio, occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene

Cass. pen., sez. II, 11/11/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 24/02/2021), n.7171

In fatto il Tribunale di Vicenza ha rigettato con ordinanza l’istanza di riesame nell’interesse degli indagati per il reato di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, avverso il decreto di sequestro preventivo, anche per equivalente, emesso dal G.i.p. dello stesso Tribunale perché, nell’imminenza  del fallimento della società amministrata da uno degli indagati, operavano di fatto una cessione di azienda a favore di altra società, amministrata formalmente dall’altro indagato ma gestita sostanzialmente dall’indagato che compiva la cessione, distraendo le risorse aziendali della prima società, impiegando le stesse nell’attività della seconda società. 

La comune difesa degli indagati ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con un unico motivo violazione di legge in relazione agli articoli 321 c.p.p. e art. 648 quater c.p.: sostenevano le Difese che il Tribunale del riesame non aveva tenuto conto della diversa natura del sequestro, in relazione al delitto di bancarotta (operato in via diretta con riguardo alle somme corrispondenti all’illecita distrazione delle risorse aziendali) e in riferimento al delitto di autoriciclaggio (quale sequestro anche per equivalente, in misura corrispondente al profitto conseguito mediante il reimpiego nella nuova società del compendio aziendale. 

Il Tribunale non aveva fornito alcuna risposta alle doglianze delle ricorrenti in relazione al sequestro in via diretta del profitto del delitto di bancarotta (e alla necessaria relazione tra i beni sequestrati e il delitto contestato), contestava, invece, la sussistenza dei presupposti per ipotizzare il delitto di autoriciclaggio, profilo rispetto al quale il Tribunale del riesame non aveva fornito alcuna motivazione con riguardo alle censure formulate con l’istanza di riesame. 

Il Tribunale contestava inoltre la sussistenza dei presupposti per ipotizzare il delitto di autoriciclaggio, non fornendo, tuttavia, alcuna motivazione con riguardo alle censure formulate con l’istanza di riesame. 

La Seconda sezione della Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato. 

La Suprema Corte, infatti, quanto alla contestata ipotesi di autoriciclaggio, ha evidenziato l’apparenza della motivazione del provvedimento impugnato: l’ordinanza del Tribunale del riesame, infatti riteneva sufficiente per integrare la condotta di autoriciclaggio il trasferimento d’azienda che altrettanto veniva individuato come costitutivo anche della condotta di bancarotta fraudolenta. 

La Cassazione, sul punto, ha sottolineato che “non integra la condotta di autoriccilaggio il mero trasferimento di somme, oggetto di distrazione fallimentare, a favore di imprese operative, occorrendo a tal fine un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene.” 

In particolare la Corte ha evidenziato che, in assenza della verifica della concreta idoneità dell’operazione distrattiva ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, qualora si dovesse riconoscere in tali ipotesi il delitto di autoriciclaggio si realizzerebbe una ingiustificata sovrapposizione punitiva con l’applicazione di entrambe le norme incriminatrici. 

La Suprema Corte, a sostegno di quanto sopra, ha rilevato come la condotta tipica del delitto di cui all’art. 648 ter c.p., co.1, “richiede che l’autore del delitto presupposto, dopo la consumazione dello stesso, compia condotte di dissimulazione sul bene oggetti del precedente illecito; pertanto, alla stregua dell’imputazione di bancarotta fraudolenta che si attribuisce agli indagati, posta in essere dando esecuzione agli atti negoziali che hanno consentito la cessione dell’azienda facente parte del compendio della società in procinto di fallire, non possono gli stessi atti negoziali – senza altri elementi che non risultano indicati dall’ordinanza – integrare la condotta tipica del delitto di autoriciclaggio”.


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