Attenzione alle parole!

Attenzione alle parole!

Il presente contributo esamina un’attualissima sentenza della Cassazione penale avente ad oggetto la configurabilità del delitto di diffamazione nei confronti dell’Avvocato.

Non è raro oggi imbattersi sui social network nell’utilizzo da parte di tantissime persone di espressioni sconvenienti avverso professionisti, e in modo particolare avverso la categoria degli Avvocati; sicché proprio a tutela del genus più ampio dei diritti della persona, e nella species del diritto di reputazione di questa categoria, è stata portata all’attenzione della Corte una vicenda avente ad oggetto la punibilità di un cittadino per aver utilizzato  su un social una serie di espressioni offensive quali “buffone e  azzeccagarbugli” avverso un professionista (Avvocato) durante la sua candidatura a sindaco.

In particolare, il difensore del cittadino – atteso che il diritto alla reputazione debba sempre essere bilanciato con il diritto di critica politica – ha avallato la tesi secondo la quale l’esercizio del diritto di critica politica non è espressione della lesione dell’altrui reputazione  qualora le espressioni sconvenienti si riferiscano non all’operato in sé del professionista quanto al ruolo che egli sarebbe stato chiamato a ricoprire; infatti, il commento offensivo postato sulla pagina Facebook sarebbe stato rivolto al professionista in veste di futuro sindaco, ma non relativamente al suo lavoro come Avvocato.

Di diverso avviso i giudici della Cassazione, i quali hanno ritenuto  che le espressioni utilizzate dal cittadino, soprattutto quella che qualificava l’Avvocato come “azzeccagarbugli”, sono lesive del diritto di reputazione altrui, in quanto  si riferiscono proprio all’attività esercitata dal professionista, atteso che, se si volesse analizzare l’aggettivo facendo riferimento a un precedente contesto storico, si dovrebbe tener conto del fatto che esso veniva utilizzato soprattutto nel romanzo Manzoniano -“I Promessi Sposi”- come termine per identificare gli Avvocati di poco valore, <<che si accingevano a sottrarre dai guai non del tutto onestamente persone disoneste e potenti>>.

Quindi tenendo conto del significato dell’aggettivo e della condotta tenuta dal cittadino risulta essere lecita la sua condanna per diffamazione e al risarcimento del danno non patrimoniale nella voce di danno morale.


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