Attività sportive pericolose: come superare la presunzione di responsabilità a proprio carico?

Attività sportive pericolose: come superare la presunzione di responsabilità a proprio carico?

Cass. Pen., Sez. III., 28 luglio 2017, (ud. 18.05.2017) n. 18903

La massima

La Sezione Terza della Corte di Cassazione Penale , con la sentenza n. 18903 del 28 luglio 2017, in tema di responsabilità per attività sportiva pericolosa, ha affermato che l’organizzatore di un’attività sportiva con caratteristiche intrinseche di pericolosità  o che presenti dei passaggi di particolare difficoltà esecutiva, nei quali esista un rischio più elevato della media per i partecipanti di procurarsi danni alla persona, ha l’obbligo, derivante dalla diligenza richiesta ai fini dell’esecuzione della propria obbligazione contrattuale, di illustrare nel dettaglio ai partecipanti  le difficoltà dell’attività o del relativo passaggio e di predisporre cautele adeguate  affinchè tale attività possa essere svolta da tutti i partecipanti in condizioni di massima sicurezza.

La fattispecie 

La Suprema Corte ha statuito nel senso della massima innanzi riportata nell’ambito di una fattispecie relativa all’attività sportiva di rafting, caratterizzata da passaggi pericolosi. Il ricorrente, nella persona del titolare del club sportivo di rafting , impugnava la sentenza con la quale era stato condannato al risarcimento dei danni alla persona riportati da una donna a seguito di una gita di rafting organizzata dal suddetto club sportivo, durante la quale, ella si lanciava da un ponte in un torrente, su incitamento dell’organizzatore,riportando la frattura di un piede. La domanda di risarcimento era stata parzialmente accolta dal tribunale, che accertava la concorrente responsabilità contrattuale della danneggiata nella misura di un terzo, con decisione integralmente confermata in secondo grado. Il ricorrente sosteneva di aver esaurito il suo obbligo di diligenza nell’aver dato esatte indicazioni ai gitanti, alle quali la danneggiata non si è attenuta, ponendo in essere un comportamento rischioso non indicato e non evitabile se non, come sostenuto dal ricorrente, con la coazione fisica.

La questione giuridica e le soluzioni offerte dalla Suprema Corte nel tempo.

Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato dai giudici di legittimità, in coerenza con la giurisprudenza della Suprema Corte.

In precedenza i supremi giudici si erano pronunciati sul tema relativamente all’attività sportiva esercitata sulle piste da sci: essi avevano evidenziato che, considerata la natura intrinsecamente pericolosa dell’attività sciistica, oltre all’estensione delle piste e alla loro possibile irregolarità, dovuta anche a fattori naturali, affinchè possa essere rilevato un comportamento colposo in capo al gestore, e si possa riscontrare, dunque, una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno, il danneggiato deve provare l’esistenza di condizioni in presenza delle quali possa configurarsi un comportamento colposo del gestore a causa della mancata predisposizione di segnalazioni e protezioni; sul gestore, invece, ricadrebbe l’onere di provare fatti impeditivi della propria responsabilità, come, ad esempio, la possibilità per il danneggiato di prevedere, con l’ordinaria diligenza, la suddetta situazione di pericolo (Cass. Pen, Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4018). Pertanto, la chiave di risoluzione della controversia veniva individuata dai giudici supremi nell’applicazione dell’art. 2050 c.c., rubricato “responsabilità per l’esercizio delle attività pericolose“, ai sensi del quale “chiunque cagioni danni ad altri nello svolgimento di un’ attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno“.

In seguito, con sentenza del 20 maggio 2015, n. 10268, la Terza Sezione della Corte di Cassazione penale ,ha affermato un principio di portata più generale, secondo il quale , ai fini dell’applicazione dell’articolo 2050 c.c. , la valutazione in concreto se un’attività, non qualificata espressamente “pericolosa” da una disposizione di legge , possa essere considerata tale per sua  natura o per la marcata potenzialità offensiva dei mezzi adoperati nell’esecuzione, implica un accertamento di fatto fondato sul criterio della ” prognosi postuma”, rimesso in via esclusiva al giudice di merito, sulla base delle circostanze di fatto esistenti al momento dell’esercizio dell’attività. In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che l’art. 2050 c.c. fosse correttamente applicabile all’attività di noleggio di cavalli e di guida del cliente, svolta fuori dall’area attrezzata a maneggio e senza limiti nell’utilizzo dell’equino, nei confronti di un soggetto di cui si ignoravano le effettive capacità.

Conclusioni

La sentenza impugnata ha resistito alle critiche mosse dal ricorrente , sulla base delle considerazioni dei giudici di legittimità che hanno ritenuto che il club sportivo, organizzando un’attività  obiettivamente pericolosa << non abbia predisposto un’organizzazione adeguata sotto il profilo della protezione dei partecipanti, atta ad evitare che da essa non sortissero danni a carico dei partecipanti>>. Queste valutazioni della Corte, come sopra riportato, si fondano su principi di diritto già elaborati in precedenza e, si può dire, ad oggi consolidati: in passato, infatti, è stato già affermato che l’organizzatore e il gestore di attività sportive, con caratteristiche di pericolosità quali il rafting,<< si trovino in una posizione di protezione nei confronti  dei soggetti che a loro si rivolgono per praticare tale attività sportiva pericolosa e che, per andare esenti da responsabilità>>- e dunque superare la presunzione a loro carico-, <<debbano adottare tutte le cautele necessarie per contenere e non aggravare il rischio e per impedire che siano superati i limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva (Cass. pen. n. 3446 del 2004, proprio a proposito del rafting, Cass. pen n. 16998\2006, Cass. pen n. 22037 del 2015)>>.


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