Cessione del credito e divieto del patto commissorio: il negozio di cessione come strumento di elusione della regola di cui all’art. 2744 c.c.

 Cessione del credito e divieto del patto commissorio: il negozio di cessione come strumento di elusione della regola di cui all’art. 2744 c.c.

Sommario: 1. Introduzione – 2. L’Istituto della cessione del credito ai sensi dell’art.1260 c.c.: tratti essenziali – 3. La regola imperativa contemplata dall’art.2744 c.c. secondo la moderna teoria della causa in concreto – 4. La cessione del credito può costituire uno strumento di raggiro del precetto imperativo ex art.2744 c.c.? – 5. La soluzione negativa avallata dalla presenza di fattispecie eccezionali in cui ricondurre la cessio in securitatem6. Conclusione

 

1. Introduzione

Il rapporto tra cessione del credito e divieto di patto commissorio richiede un’indagine volta a individuare la configurabilità di un rischio per il cedente derivante dall’operazione economica, la quale assume i connotati di una vera e propria “cessione a scopo di garanzia”.

Non di rado un negozio di cessione intercorrente tra una parte debole, normalmente il cedente, e una forte, il cessionario, lascia sottendere la violazione del divieto di patto commissorio, sancito dalla regola imperativa di cui l’art.2744 c.c.

Se così fosse, si arrecherebbe un grave pregiudizio in capo a colui che, essendo parte vulnerabile del rapporto, cede un credito attuale al solo fine rafforzare la garanzia dovuta al cessionario per l’adempimento di un credito pregresso.

L’analisi sul tema è quindi volta a verificare se il divieto posto dall’art.2744 c.c. possa trovare terreno oltre la fattispecie tipizzata del trasferimento ad effetti reali, ossia anche per i negozi ad effetti obbligatori, quale il modello di cui all’art.1260 c.c.

È opportuno premettere che la risposta a tale quesito discende dalla forza applicativa dell’art.2744 c.c., di cui è discusso se il contenuto possa essere inteso in maniera ristretta, o piuttosto in maniera eclettica, ossia comprensivo di fattispecie ulteriori rispetto a quella testuale dei trasferimenti sospensivamente condizionati.

Si tratta, in primo luogo, di stabilire l’essenza dell’art.2744 c.c. quale “norma di risultato” che, in virtù della più moderna concezione di causa come funzione economico-individuale, può essere estesa a tutte quelle operazioni economiche, compresa la cessione del credito che, lungi dal recare una violazione diretta della regola, la aggirano al fine di ottenere un risultato vietato dalla legge.

In secondo luogo sarà possibile verificare se anche la cessione del credito, come altre ipotesi di dubbia collocazione, possa rappresentare uno strumento di illiceità che configura una cessio in securitatem.

2. L’Istituto della cessione del credito ai sensi dell’art.1260 c.c.: tratti essenziali

La cessione del credito costituisce una forma di sostituzione soggettiva del rapporto obbligatorio nel lato attivo e trova disciplina agli artt.1260 ss. c.c.

L’istituto, invero, contempla quel negozio con cui un soggetto, il cedente, cede a titolo oneroso o gratuito un proprio credito ad un altro soggetto, il cessionario, senza che sia necessaria l’autorizzazione o l’adesione del debitore ceduto.

Di norma, quest’ultimo soggetto resta estraneo al rapporto di cessione, tanto che nei suoi confronti la comunicazione dell’avvenuta cessione ha il solo scopo di evitare che egli esegua la prestazione nei confronti dell’ormai creditore apparente, il cedente, ex art.1189 c.c.

Il negozio ha ad oggetto un credito che non è strettamente personale e che può essere corredato dagli accessori, quali i privilegi, le garanzie reali e quelle personali, secondo il disposto dell’art.1263 c.c.

Trattandosi di un negozio ad efficacia obbligatoria che si costituisce per sol fatto del consenso, ai sensi dell’art.1376 c.c., il debitore resta estraneo al rapporto contrattuale e dunque non potrà opporre al cessionario le eccezioni concernenti il rapporto negoziale tra questi e il creditore cedente, a meno che non si tratti di un’ipotesi di nullità del contratto di cessione, poiché in quel caso egli si troverebbe ad eseguire una prestazione indebita nei confronti di un soggetto non legittimato.

Il debitore non potrà nemmeno far valere in via d’eccezione i vizi che danno luogo all’annullabilità del negozio di cessione, stante il loro carattere strettamente relativo, o a legittimazione ristretta, così come le ipotesi di rescissione previste dalla legge.

Il debitore potrà tuttavia opporre la nullità o l’inesistenza del suo rapporto di valuta verso il cedente, ma non anche le eccezioni strettamente personali quali ad esempio la compensazione.

Così brevemente tratteggiate le caratteristiche essenziali della cessione del credito ciò che rileva in questa sede è un’indagine circa l’idoneità dell’istituto a violare la regola di cui all’art.2744 c.c., configurandosi quella situazione di “raggiro” della regola imperativa, nell’ipotesi in cui la cessione di un credito sia sospensivamente o risolutivamente condizionata all’inadempimento del cedente di altra obbligazione avverso il terzo cessionario.

3. La regola imperativa contemplata dall’art.2744 c.c. secondo la moderna teoria della causa in concreto

Orbene, il principio espresso dall’art.2744 c.c. è una regola la cui violazione diretta determina la nullità del patto commissorio ai sensi dell’art.1418 comma 1 c.c.; il patto è considerato affetto da una vera e propria illiceità, la cui estrema contrarietà ai valori fondanti dell’ordinamento lo rende irrimediabilmente insanabile.

Questo è facilmente comprensibile dalla lettura della norma, ove si stabilisce che sono nulli i patti con cui il trasferimento della proprietà di un bene oggetto di pegno o ipoteca è subordinata all’inadempimento dell’obbligazione da parte del debitore, proprietario del bene stesso.

La ratio della norma racchiude in sé, contemporaneamente, la tutela del contrente vulnerabile che soccombe alla pressione psicologica del creditore e la custodia dei valori costituzionali di solidarietà, libertà negoziale, integrità economica e circolazione dei beni, contemplati dagli artt.2-41-42 Cost.

Come già accennato, dal dato letterale emerge un’applicazione limitata del disposto: da un lato, il carattere meramente accessorio del patto illecito che si affianca alla costituzione delle garanzie reali, quasi a volerne rafforzare il contenuto, dall’altro lato, il riferimento è ai soli trasferimenti ad effetti traslativi sospensivamente condizionati.

In quest’ultimo caso si è in presenza, ad esempio, di una vendita di bene immobile in favore del creditore con effetto reale differito, subordinato all’adempimento dell’obbligazione principale da parte del debitore; in caso di inadempimento, la proprietà si stabilizzerà in favore del creditore.

Ad ogni modo, ai fini di un’estensione applicativa del principio, è opportuno soffermarsi sulla ratio ad esso sottesa.

Il carattere della norma quale “precetto di risultato” rappresenta il normale approdo di una differente concezione di causa, non più intesa come funzione economico-sociale del negozio, strettamente coincidente con il tipo legale, bensì come “ragion pratica del regolamento” o interesse concreto perseguito dai contraenti.

Aderendo alla moderna idea di causa, appare evidente che la norma assuma una portata eclettica, atta a ricomprendere tutti quei negozi che, apparentemente leciti, celino una causa concreta illecita a “scopo di garanzia”, in quanto indirettamente preordinati ad aggirare il patto commissorio.

Non a caso la figura del “contratto in frode alla legge” di cui all’art.1344 c.c. in passato rappresentava l’ipotesi residuale con cui un negozio, dalla causa “tipicamente lecita”, veniva utilizzato come strumento per aggirare le norme imperative, tra cui il divieto di patto commissorio.

La ragione di ciò risiedeva nel pensiero tradizionale secondo cui una causa normalmente coincidente con il tipo non poteva mai considerarsi direttamente illecita, ex art.1343 c.c.; cosicché, il rimedio avverso un contratto dalla causa tipica e lecita, ma indirettamente lesivo di norme imperative, avrebbe trovato spazio residuale nell’istituto del contratto in frode alla legge, di cui all’art.1344 c.c.

Da ciò se ne deduce che il divieto di patto commissorio ex art.2744 c.c. avrebbe potuto dar luogo ad una nullità ex art.1418 comma 1 c.c. solo se violato in maniera diretta, secondo le ipotesi formalmente contemplate dalla norma stessa.

Tuttavia la moderna idea di causa come funzione economico-individuale, o interesse concretamente perseguito dalle parti, ha fatto sì che il negozio in frode alla legge abbia perso parte della sua centralità, tanto da ammettere una violazione anche indiretta dell’art.2744 c.c., stante la rilevanza dell’interesse nel suo insieme, del risultato finale cui il meccanismo economico è preordinato.

Il risultato commissorio, pertanto, si intende raggiunto non solo quando si è in presenza di un patto accessorio alle garanzie reali, realizzato mediante un negozio sospensivamente condizionato all’inadempimento, bensì anche mediante altre operazioni economiche apparentemente lecite che dissimulano un risultato lesivo.

La ragione è evidente nell’interesse trascendente di impedire un risultato iniquo e sproporzionato, quale quello di attribuire al creditore un bene dal valore ampiamente maggiore rispetto al quello dell’obbligazione originaria.

Tra le operazioni potenzialmente censurabili con la sanzione della nullità commissoria, la giurisprudenza, servendosi di indici sintomatici che palesano il meccanismo fraudolento, ha individuato il contratto preliminare, la vendita risolutivamente condizionata, il contratto socialmente tipico di sale and lease back che mimetizza una causa illecita e altre ancora.

Un dubbio sorge, tuttavia, per la cessione del credito, stante il fatto che, come accennato, la norma si riferisce al solo trasferimento di diritti reali.

4. La cessione del credito può costituire uno strumento di raggiro del precetto imperativo ex art.2744 c.c.?

Volendo prospettare l’ammissibilità di una cessio in securitatem avallata dalla logica della causa concreta, la fattispecie illecita ricorrerebbe quando il debitore cede al creditore un suo credito, mediante un negozio ex art.1260 c.c. ove l’effetto traslativo è sospensivamente o risolutivamente condizionato all’inadempimento dell’obbligazione principale.

Nel caso di specie l’operazione economica, apparentemente legittima secondo la struttura della cessione, può nascondere una causa illecita ex art.1343 c.c., con la quale non si realizza una diretta violazione del precetto imperativo, ma si pone in essere uno strumento di simulazione preordinato a garantire l’obbligazione principale.

Il risultato finale non sarà dunque un negozio avente ad oggetto uno scambio a titolo oneroso o gratuito, ma soltanto un meccanismo di assoggettamento del cedente-debitore, il cui credito potrebbe avere un valore ampiamente maggiorerispetto alla prestazione a suo carico.

Se si accogliesse tale soluzione, si sarebbe in presenza di un negozio di cessione invalido in quanto affetto da nullità ai sensi dell’art.1343 c.c. e 1418 comma 2 c.c.

Così, ad esempio, applicando le coordinate sopra enunciate con riguardo alla disciplina dell’istituto della cessione, siffatta ipotesi consentirebbe anche al debitore ceduto, terzo rispetto al rapporto negoziale, di poter eccepire la nullità del negozio di cessione per violazione degli artt.1418 comma 2 e 2744 c.c., onde evitare che egli si trovi ad adempiere ad un soggetto non legittimato.

Questa soluzione non appare tuttavia confermata né dal contenuto letterale della norma, né della sistematica del codice.

In primo luogo, dal punto di vista letterale, non v’è motivo per cui il legislatore non abbia voluto specificare che il patto commissorio può essere integrato anche mediante i trasferimenti ad effetti obbligatori, tanto più se, in un primo momento, la norma doveva essere intesa come un precetto formale e non di risultato.

Osservando l’art.1376 c.c. si nota che il legislatore, facendo proprio il principio del consenso traslativo, ha volutamente scelto di non sovrapporre il trasferimento a effetti reali e quello a effetti obbligatori, specificando che il trasferimento della proprietà, dei diritti reali o “di altro diritto” avviene per il sol fatto del consenso.

Si può ancora rilevare come il rischio sotteso al patto commissorio, concernente la sproporzione di valore tra l’obbligazione garantita e il bene dato in garanzia, investa maggiormente il diritto di proprietà, o gli altri diritti reali, piuttosto che un diritto di credito.

La ragione può essere rinvenuta nel fatto che, di norma, un credito ceduto è sempre certo, liquido e esigibile o quanto meno, suscettibile di facile e pronta liquidazione, mentre il bene oggetto di trasferimento costituisce un valore “incerto”, che deve essere oggetto di stima da parte di un terzo legittimato.

In questo secondo caso, l’assenza di una stima esatta consente al creditore di approfittare della minorata condizione del debitore, appropriandosi di un bene di valore ampiamente maggiore a seguito dell’inadempimento.

5. La soluzione negativa avallata dalla presenza di fattispecie eccezionali in cui ricondurre la cessio in securitatem

Anche dal punto di vista sistematico, si può osservare come all’interno del codice siano presenti delle norme speciali, come ad esempio il pegno del credito di cui all’art.2804 c.c., il mandato all’incasso o il pegno irregolare, che danno ragione alla soluzione negativa.

L’art.2804 c.c., invero, stabilisce che il creditore possa chiedere che sia assegnato in pagamento il credito dato in pegno, per poi soddisfarsi fino a concorrenza del suo credito e restituendo il residuo, secondo i criteri dell’equità tipici del patto marciano.

Si viene dunque a configurare un’ipotesi speciale di ammissibilità della c.d. cessio securitatem attenuata dal meccanismo di restituzione dell’eccedenza.

All’uopo, la norma rinvia agli artt.2797-2798 c.c. che contemplano proprio la logica del c.d. “patto marciano”, consentendo al creditore di ottenere l’assegnazione in pagamento del bene oggetto di pegno, mediante una stima da effettuare secondo i prezzi di mercato, fino alla concorrenza del debito.

Questa previsione si propone l’intento di realizzare un contenimento delle conseguenze derivanti dalla vendita del bene oggetto di garanzia reale, a seguito di un rapporto obbligatorio rimasto insoddisfatto, estensibile analogicamente all’art.1260 c.c.

In tal senso si vuole presupporre che i rapporti obbligatori, tra cui la cessione del credito, trovano già una tutela specifica in seno all’art.2804 c.c.

Si guardi altresì alla fattispecie eccezionale concernente il mandato irrevocabile all’incasso, per mezzo della quale si può determinare una condizione analoga alla cessione del credito.

In questo caso il mandatario-creditore riceve incarico dal mandante-debitore a riscuotere il proprio credito, con la possibilità per il primo di incassarlo direttamente e soddisfarsi della propria obbligazione.

La garanzia commissoria ex art. 2744 c.c. deve, tuttavia, ritenersi esclusa poiché il mandatario che agisce al recupero del credito non fa valere un diritto proprio ma un diritto del debitore e, in secondo luogo e in conseguenza al primo aspetto, non si produce un effetto traslativo, come nella fattispecie commissoria, ma un effetto meramente obbligatorio.

Questa considerazione dimostra come la cessione del credito a scopo di garanzia, al pari delle fattispecie analoghe di carattere speciale, non trovi spazio nell’art.2744 c.c.

Un ragionamento affine può essere condotto con riguardo al “pegno irregolare”, il quale si caratterizza per l’assenza di un elemento strutturale dell’istituto, ovvero lo spossessamento del bene da parte del debitore.

L’art.1 del D.L. 3 maggio 2016, n.59 convertito in L. 30 giugno 2016 n.119 ha definitivamente ammesso l’istituto del pegno non possessorio, avente ad oggetto anche i crediti, in virtù del quale l’imprenditore-debitore può costituire in pegno beni del ciclo produttivo mantenendoli presso di sé, trasformandoli o alienandoli nel rispetto della loro destinazione.

In questo modo la garanzia reale si trasferisce sul bene mobile, o sul credito ceduto in pegno, trasformato o alienato al corrispettivo della cessione del bene gravato.

L’aspetto di maggior interesse è, ancora una volta, il ricorso alla tutela marciana dell’equità, laddove la norma stabilisce al comma 7 che, al verificarsi dell’escussione del pegno, quindi dell’inadempimento, il creditore che abbia ricevuto il credito in garanzia deve procedere alla riscossione, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita, con “l’obbligo” di informare tempestivamente il debitore dell’ esatto importo ricavato e “contestualmente restituire l’eccedenza”.

Opinando in maniera analoga a quanto visto con l’art.2804 c.c. si può affermare che, anche in questo caso, il legislatore ha scelto di sottoporre la cessione del credito “a scopo di garanzia” alla regola specifica ed espressa dell’equità a tutela del debitore pignoratizio.

Da ciò si deduce che l’istituto della cessione non abbisogna di essere ricondotto nell’alveo dell’art.2744 c.c., non solo dal punto di vista letterale, quanto dal punto di vista del sistema, non potendosi non rilevare che, in tutte le fattispecie analoghe sin qui richiamate, il legislatore ha optato per un regime specifico, improntato essenzialmente alla tutela equitativa di ispirazione marciana.

La conseguenza pratica fa sì che l’eventuale contrarietà del negozio alla regola sancita nella legge speciale dà luogo a una violazione di norma imperativa, censurabile ex art.1418 comma 1 c.c.

In maniera ancor più esplicativa l’art.6 del d.lgs.170/2004 in materia di contratti di garanzia finanziaria, stabilisce una deroga all’art.2744 c.c. del tutto eccezionale, ammettendo la stipulazione di negozi di cessione a scopo di garanzia per i quali non trova applicazione il divieto di patto commissorio.

Quest’ultima positivizzazione sembra aver definitivamente escluso una connessione tra gli istituti della cessione e del patto commissorio.

6. Conclusione

Il principio consacrato nell’art.2744 c.c. dovrà dunque ritenersi applicabile a tutti quei meccanismi negoziali che lo violano anche indirettamente, secondo un’accezione ispirata alla particolare funzione solidaristica e pro parte debitoris, che trova il suo coronamento nella teoria della causa concreta.

Allo stesso tempo, tuttavia, il precetto non potrà estendersi a fattispecie, quali la tutela del credito ceduto a scopo di garanzia o pro solvendo, che esulano dal trasferimento a effetti reali e trovano una loro precipua disciplina in altrettante fattispecie a carattere specialistico.


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