Classi pollaio: dalla prima class action pubblica ad oggi

Classi pollaio: dalla prima class action pubblica ad oggi

La class action, in generale (nel processo civile), è un’azione collettiva condotta da uno o più utenti nei confronti del medesimo soggetto per tutelare i diritti vantanti da più consumatori.1

Nel 2009, con il D.Lgs. n. 198/20092 (adottato in attuazione della legge delega n. 15 del 2009), anche nel processo amministrativo c’è stata l’introduzione delle ‹‹class action›› nei confronti della P.A. (precedentemente previste a tutela dei consumatori dall’art.2 commi 445-449 della legge n. 244/2007).3

Il D.Lgs. n. 198/2009 ‹‹in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici›› (in attuazione della legge n. 15/2009 ‹‹Legge Brunetta››)4 ha introdotto la class action esperibile nei confronti della P.A. o del concessionario del servizio pubblico ‹‹al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio pubblico››.5

Tale class action pubblica, rispetto alle azioni ordinarie proposte dinanzi al giudice amministrativo, presenta delle particolari caratteristiche in relazione alla legittimazione (attiva e passiva), alla finalità, all’oggetto del giudizio, alle condizioni di procedibilità e al tipo di pronuncia che può essere adottata dal giudice.

Dal momento che non è stata inserita nel Codice del processo amministrativo, la scarsa regolamentazione normativa è stata integrata grazie alla giurisprudenza amministrativa tuttavia, a distanza di anni, l’istituto in esame ha avuto una scarsa applicazione e ciò comporta (come si vedrà in seguito) una ridotta casistica giurisprudenziale.6

Per analizzare nel dettaglio le caratteristiche peculiari dalla class action pubblica occorre partire dall’art. 1 del D.Lgs. n. 198/2009 in cui sono racchiusi ‹‹i presupposti dell’azione e la legittimazione ad agire››.

Al primo comma dell’art.1 del D.Lgs. n. 198/2009, infatti, viene precisato che vi è l’interesse al ricorso in presenza di ‹‹una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi›› mentre la legittimazione a proporre una class action (legittimazione attiva) spetta ai ‹‹titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori›› nonché, come previsto dal comma 4, ad ‹‹associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1››, inoltre, al comma 3 viene sancito che ‹‹i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di discussione del ricorso che viene fissata d’ufficio, in una data compresa tra il novantesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso››.

Allo stesso comma 1 dello art. 1 del D.Lgs. n. 198/2009 sono indicati anche come soggetti passivi (legittimazione passiva) ‹‹le amministrazioni pubbliche e i concessionari di servizi pubblici›› mentre al comma 1 ter dell’art. 1 si specifica che, da tale categoria ‹‹sono escluse le autorità amministrative indipendenti, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri››7.

Il comma 5 dell’art. 1 aggiunge, inoltre, che ‹‹il ricorso è proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti a esercitare le funzioni o a gestire i servizi cui sono riferite le violazioni e le omissioni di cui al comma 1. Gli enti intimati informano immediatamente della proposizione del ricorso il dirigente responsabile di ciascun ufficio coinvolto, il quale può intervenire nel giudizio. Il giudice, nella prima udienza, se ritiene che le violazioni o le omissioni sono ascrivibili ad enti ulteriori o diversi da quelli intimati, ordina l’integrazione del contraddittorio››, da ciò si riscontra che vi è la necessità di consentire al dirigente di potersi difendere già all’interno del giudizio (posto che dall’accoglimento di una class action possono scaturire conseguenze di natura disciplinare e di responsabilità amministrativo-contabile).8

Attraverso la class action, come previsto dall’art.1 comma 6, non è possibile ‹‹ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti di cui al comma 1 (a tal fine, restano fermi i rimedi ordinari)››, infatti, l’unico obiettivo perseguito dalla class action è quello di ‹‹ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio››9 e ciò può essere richiesto quando la P.A. pone in essere (come previsto dall’art. 1 comma 1) una ‹‹violazione di termini o una mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, una violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero una violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150››. Il ricorso alla class action è dunque consentito in ipotesi tassative ed inoltre l’art. 1 comma 1 bis precisa anche che ‹‹nel giudizio di sussistenza della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione delle parti intimate›› ciò per evitare che l’amministrazione venga condannata quando il disservizio è causato da carenze strutturali.10

Le caratteristiche descritte fin qui trovano riscontro, dal punto di vista pratico, in vari casi, la prima class action pubblica accolta è quella del famoso caso delle cosiddette ‹‹classi pollaio›› (di cui si è occupato prima il TAR Lazio, sez. III bis 20 gennaio 2011, n. 552 poi, si è pronunciato sull’appello della citata sentenza del TAR Lazio, il Consiglio di Stato sez. VI, 09 giugno 2011, n. 3512)11.

Il Consiglio di Stato, nello specifico, ha affermato che il rimedio della class action può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori (art. 1 comma 1 del D.Lgs. n. 198/2009).12

Nel caso delle ‹‹classi pollaio›› la legittimazione era del CODACONS13, infatti, ‹‹l’azione fu avviata proprio dal Codacons contro il Ministero della Pubblica Istruzione e faceva riferimento alle cosiddette ”classi pollaio”, ossia quelle aule scolastiche (che il Codacons ha raccolto in un apposito elenco depositato al Tar) nelle quali il numero di alunni supera i limiti fissati dalla legge (superiori a 25 alunni), ”con grave danno – si legge in una nota – per la sicurezza di studenti e insegnanti”.

”Dal punto di vista della giurisdizione – spiegava il comunicato del Codacons – il Tar ritiene immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche e legittima il Codacons ad agire in nome e per conto dei cittadini danneggiati dalla P.A”. Scrive al riguardo la sezione Terza Bis del Tar del Lazio (Pres. Evasio Speranza, Rel. Giulio Veltri), secondo quanto riferisce il Codacons: ”Sono in primo luogo da sciogliersi i dubbi circa i profili di ammissibilità dell’azione, dichiaratamente fondata sulle norme di cui al D.Lgs. 20 dicembre 2009, n. 198 in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici esercizi. Trattasi di uno strumento di tutela aggiuntivo rispetto a quelli previsti dal codice del processo, azionabile da singoli ”titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori”.

I giudici ritenevano, inoltre, ”sgombrato il campo dai dubbi circa l’immediata vigenza ed obbligatorietà delle norme”. Nel merito della classi sovraffollate il Tar scriveva: ”il piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica (previsto dall’art. 3 del DPR 81/0914) non è stato ancora adottato, costituendo il decreto interministeriale 23 settembre 2009 misura diversa ed eterogenea, di natura urgente e provvisoria, per garantire la vivibilità degli ambienti delle scuole inidonee ad ospitare classi più numerose di quelle pregresse, nelle more di una loro necessaria riqualificazione a mezzo del piano. Rimane da chiarire una circostanza ulteriore, ossia, se l’inerzia delle amministrazioni citate si sia, o meno, protratta così a lungo da violare il termine di legge […] la norma impone che le istituzioni scolastiche alle quali concedere la deroga, siano già ”individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica”, indi lo stesso, a stretto rigore, fermi restando i tempi per la sua attuazione, avrebbe comunque dovuto essere adottato prima dell’anno scolastico 2009/2010, è evidente che l’inerzia si sia già protratta ampiamente oltre il limiti di legge”. Tutto ciò considerato, il Tar accoglie il ricorso del Codacons e ”accertata la mancata emanazione del piano generale di edilizia scolastica previsto dall’art. 3 del DPR 81/09, ordina al Ministero dell’istruzione ed al Ministero dell’Economia l’emanazione, di concerto, del predetto piano generale, entro 120 giorni dalla notificazione della presente sentenza”.

Successivamente, ‹‹con la sentenza 9 giugno 2011, n. 3512 la VI sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello presentato, tra gli altri, dal Ministero dell’istruzione (dell’università e della ricerca) e dal Ministero dell’economia e delle finanze contro la sentenza n. 552/2011 del T.A.R. Lazio, sezione III bis, ordinando ai due ministeri l’emanazione del piano generale di edilizia previsto dall’art. 3, comma 2 del D.P.R. 20 marzo 2009, n. 81, contenente “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica ed il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane”.

I Giudici di Palazzo Spada, in accordo con quanto statuito dal giudice di primo grado, hanno ritenuto che l’art. 3, co. 2, d.p.r. 20 marzo 2009 n. 81, imponga l’elaborazione di un vero e proprio atto generale, a natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica, di cui costituisce solo un segmento l’individuazione delle istituzioni scolastiche cui estendere il meccanismo di temporanea ultrattività dei limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione adottato in data 24 luglio 1998, n. 331.

La differente opzione interpretativa proposta dai Ministeri appellanti, volta ad assegnare all’art. 3, co. 2, d.p.r. 20 marzo 2009 n. 81, la sola finalità di consentire la deroga in favore di un elenco di scuole disagiate risulta contraddetta dalla circostanza per cui la stessa previsione normativa espressamente e chiaramente limita la deroga al “solo” anno scolastico 2009-2010, sicché, in assenza di un piano organico di riqualificazione, il problema sarebbe inevitabilmente destinato a riproporsi per gli anni scolastici successivi. Con questo passaggio, il Collegio ha ritenuto che il decreto interministeriale del 23 settembre 2009 non costituisca un vero e proprio atto generale di natura programmatica, avente ad oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica – così come richiesto dall’art. 3, comma 2 – ma solo un atto contenente l’individuazione di istituzioni scolastiche temporaneamente sottratte alla immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula (con riferimento alla disciplina recata dall’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). Pertanto il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover ordinare l’emanazione del piano generale di edilizia (di conseguenza il Codacons annunciò che avrebbe chiesto la nomina di un commissario ad acta affinché si sostituisse al ministro per adempiere a quanto disposto dai giudici.››15

In applicazione dei principi affermati dal TAR Lazio nella sentenza n. 552/2011 (classi pollaio), vi è stata un’ulteriore pronuncia da parte del TAR Sicilia, 14 marzo 2012, n. 559, ‹‹caso della mancata adozione dei programmi di intervento per ragazzi affetti da autismo››, con cui il TAR Sicilia ha ritenuto fondata un’azione collettiva pubblica proposta da alcuni genitori e dal presidente di un’associazione al fine di veder definito ed operativo il piano di interazione programmata in tema di autismo.

La sentenza ha riconosciuto l’interesse dei ricorrenti e ha definito l’azione collettiva pubblica come azione di accertamento con finalità propulsive rispetto alla mancata adozione di atti specificamente indicati, quindi, il TAR ha ordinato alle Amministrazioni intimate di porre rimedio alla mancata emanazione dell’atto indicato al punto 6 delle linee guida allegate al decreto Assessorato regionale della Sanità 1 febbraio 200716 e gli ha assegnato 60 giorni per eseguirlo.

Sullo stesso filone anche il TAR Palermo, sez. I, 4 aprile 2012, n. 707, ‹‹caso della mancata adozione dei piani personalizzati per i minori affetti da disabilità››, con una stessa motivazione, ha accolto un’azione collettiva pubblica proposta per la mancata adozione (entro il termine di legge) da parte del competente Assessorato regionale, degli atti amministrativi generali propedeutici all’attuazione dei ‹‹piani personalizzati per i minori affetti da disabilità›› (ritenuti necessari a garantire l’erogazione di un adeguato servizio assistenziale, con prestazioni individualizzate e rispondenti alle esigenza di ciascun minore disabile).17

A tal proposito c’è stata una recentissima ed interessante sentenza del TAR del Lazio del 10 luglio ossia la sentenza n. 07920 del 202018 che affronta il caso di alcuni ricorrenti, tutti genitori di una classe che hanno agito tramite i propri legali impugnando il provvedimento dell’Istituto avente ad oggetto la composizione dell’organico per l’Istituto, nella parte in cui risultava la formazione e la presenza di una sola classe II (seconda), composta da n. 31 alunni con la presenza di diversi alunni disabili ed altri con disturbi dell’apprendimento.

Tale ricorso è stato accolto dal TAR tenendo conto di alcuni principi.19

I giudici, innanzitutto, affermano che ‹‹il diritto all’educazione e all’istruzione, sancito dall’art. 12 della legge n. 104/1992, costituisce un diritto fondamentale del minore, che trova superiore riconoscimento nell’art. 38, comma 4 Costituzione e, sul piano degli obblighi internazionali dello Stato, nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia con legge n. 18/2009.

L’esistenza di margini di discrezionalità del legislatore, nell’individuare le misure occorrenti per dare attuazione ai diritti delle persone disabili non può essere negata. È stato tuttavia chiarito come detto potere discrezionale incontri, comunque, il limite del “rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” (così Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 80). La qualificazione del diritto all’istruzione quale diritto fondamentale del minore, inoltre, rappresenta un approdo da tempo condiviso in seno alla giurisprudenza amministrativa, la quale riconosce come l’obiettivo primario resti quello della massima tutela possibile degli interessati all’istruzione e all’integrazione nella classe e nel gruppo scolastico: un diritto che assume natura individuale, ma anche sociale, dal momento che l’istruzione rappresenta uno dei fattori maggiormente incidenti sui rapporti dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione personale e professionale (cfr. Tar Toscana, sez. I, 19 settembre 2016, n. 1367).››

Precisano, inoltre, che ‹‹per l’art. 5, comma 2, d.P.R. 81/2009, “Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola …”, mentre per l’art. 17 “Le classi intermedie sono costituite in numero pari a quello delle classi di provenienza degli alunni, purché siano formate con un numero medio di alunni non inferiore a 22; diversamente si procede alla ricomposizione delle classi secondo i criteri indicati all’articolo 16”.

Se da una parte, quindi, la normativa stabilisce che le classi intermedie non debbono essere composte da un numero di alunni inferiore a 20, dall’altra è altresì previsto che in caso di presenza di alunni disabili le classi iniziali debbano, di regola, essere composte da un numero di alunni non superiore a 20.

Queste norme vanno lette in maniera coordinata e vanno altresì coordinate con i principi a tutela del diritto all’educazione e all’istruzione, determinando quindi la necessità che l’Amministrazione, nella formazione delle classi, tuteli tutti gli alunni, con disabilità o meno, tenendo conto, “nella composizione delle classi scolastiche del numero degli alunni disabili o con situazioni di svantaggio e disagio onde evitare che vi sia un serio nocumento al diritto all’istruzione per la difficoltà di impartirlo effettivamente a classi troppo connotate da percorsi differenziati di apprendimento ed il conseguente eccesso di potere per illogicità o irragionevolezza della scelta effettuata” (così ordinanza CdS 278/2020).››

‹‹Nel caso in esame, rilevano i giudici che il provvedimento impugnato, “stante l’evidente automatismo della sua redazione, appare privo della necessaria motivazione inerente la garanzia del diritto allo studio a tutti gli alunni componenti la classe, alla luce della peculiare situazione in cui versava la classe per la presenza di 4 alunni portatori di handicap grave, 1 alunno portatore di handicap non grave e 12 alunni con disturbi dell’apprendimento”.

Bisogna chiedersi come sia stato possibile che l’amministrazione scolastica abbia dato il via libera ad una composizione delle classi in questo modo stante la problematica emersa e soprattutto quale sia il ruolo di vigilanza effettuato dagli uffici scolastici. Bene hanno fatto in tal caso i genitori ad agire tramite i propri legali per la salvaguardia del diritto allo studio di tutti gli studenti della classe. Le violazione denunciate sono state le seguenti: violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 5 e 16 del d.P.R. n. 81/2009; violazione art. 38, comma 3, Cost., artt. 2, 3 e 38 Cost.; violazione della l. 104/1992; violazione del d.lgs. 297/1994-; inapplicabilità dell’art. 16 d.P.R. 81/2009. 2. Violazione di legge: violazione d.P.R. n. 81/2209; violazione artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18; violazione del d.m. n. 141 del 3 giugno 1999, eccesso di potere.››20

Il problema delle ‹‹classi pollaio›› è più attuale di quanto si pensi, infatti, gli ultimi mesi sono stati caratterizzati (a causa del COVID-19) dalla didattica a distanza e ‹‹anche se l’incertezza sul prossimo futuro domina la scena, gli addetti ai lavori hanno trovato varie soluzioni per una riapertura in totale sicurezza delle scuole e delle Università. Il distanziamento nelle classi (e dentro gli istituti), nonostante le class action degli anni scorsi, continua ad essere il problema principale (anche se non l’unico).

Dovendo attrezzarsi in funzione dell’emergenza, il Governo ha avviato l’opera di riprogettazione del settore, a partire ovviamente dalla digitalizzazione (nei prossimi anni, a fronte dell’imprevedibilità della situazione epidemica, si prevede un rafforzamento delle dotazioni tecnologiche). Qualche spunto a riguardo arriva dal “Programma nazionale di riforme” basato su modernizzazione del Paese, transizione ecologica e inclusione sociale e territoriale, nonché parità di genere.

Tra le varie misure previste dal “programma nazionale di riforme” vi è proprio quella di dare un freno alle “classi pollaio”, infatti, per far funzionare meglio il sistema scolastico appare inevitabile una revisione dei criteri di numerosità delle classi previsti dal D.P.R. n. 81/2009, ciò al fine di garantire stabilmente un migliore equilibrio tra le esigenze didattiche e di organizzazione del personale, proprio con l’intento di valorizzare l’identità dello studente, le diverse abitudini e le sue molteplici potenzialità e capacità. Su tale punto, la maggior parte delle organizzazioni di settore indica la quota di 15 al massimo 18 alunni per classe come quella ideale.

Ovviamente vi sono altre misure importanti, come ad esempio, gli interventi di edilizia scolastica (che riguardano l’adeguamento sismico, la messa in sicurezza e la manutenzione degli edifici esistenti e la costruzione di nuovi edifici scolastici su tutto il territorio nazionale, con aule all’avanguardia, laboratori innovativi e un efficiente consumo energetico) e la tutela degli alunni con disabilità (grazie all’assunzione di più docenti proprio al fine di assicurare agli studenti con disabilità una maggiore continuità didattica)››.21

Risalgono ad alcuni giorni fa le dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che è intervenuto a Montecitorio durante il Question Time per rispondere ad un’interrogazione in merito alle classi pollaio. Egli ha ridato una leggera fiducia per la risoluzione di questo problema che attanaglia la scuola da diversi anni, infatti, ha dichiarato che «“tecnicamente la classe è considerata sovraffollata quando il numero degli alunni è al di sopra dei 27. Bisogna però mettere mano in maniera strutturale al rapporto tra studenti e insegnanti e le riforme legate al PNRR, su cui stiamo lavorando, definiranno non solo e non tanto il numero di alunni ma l’equilibri che all’interno di una classe vi dovrebbe essere. La questione va affrontata strutturalmente” .

Il tema è importante, per me questa è una priorità assoluta”, ha aggiunto il ministro, ricordando che i 2 miliardi stanziati per il rientro in sicurezza con quelli per l’edilizia leggera sono stati distribuiti alle scuole prima dell’estate, tenendo conto in via prioritaria delle classi numerose, 342,5 milioni sono stati destinati in modo specifico a finanziare azioni mirate al contrasto della degli effetti della numerosità delle classi”. Altri 400 milioni sono stati destinati per incarichi temporanei aggiuntivi di personale docente e Ata che abbiamo concentrato dove vi sono i problemi”.

Il Ministero, inoltre, attraverso una specifica misura di investimento prevista nel PNRR volge alla realizzazione, entro il 2026, di 195 nuovi edifici che potranno accogliere circa 58 mila studenti, oltre che alla riqualificazione dei vecchi per una superficie complessiva di due miliardi e 400 milioni di metri quadri”.

Ci saranno ha conclusointerventi mirati per gli asili nido e le scuole dell’infanzia, quindi, non soltanto emergenza ma anche riforme e politiche strutturali”.»22


1La class action”, 2 marzo 2020: https://www.studiocataldi.it/guide_legali/class-action/.

2D.Lgs. n. 198/2009 – “Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici” – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2009, n.303: https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/09198dl.htm.

3 Picozza E., Manuale di diritto processuale amministrativo, Giuffrè Editore, Milano, 2016.

4Legge 4 marzo 2009, n. 15: “Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti” https://www.camera.it/parlam/leggi/09015l.htm.

5Villafrate A., “Class action contro la Pubblica Amministrazione”, 26 aprile 2018: https://www.studiocataldi.it/articoli/30193-class-action-contro-la-pubblica-amministrazione.asp.

6Rassegna monotematica di giurisprudenza: la class action pubblica” a cura di Maddalena M. L. – aggiornata al 31 dicembre 2018 da Santise M.: https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/407916/13-RASSEGNA+GIURISPRUDENZIALE+SULLA+CLASS+ACTION+PUBBLICA.pdf/2bf99363-16dc-84c0-b8fc-de752f744eb6.

7Vedi nota 5.

8Vedi nota 6.

9 Vedi nota 5.

10Vedi nota 6.

11TAR Lazio, sez. III bis 20 gennaio 2011, n. 552:

http://ww2.gazzettaamministrativa.it/opencms/export/sites/default/_gazzetta_amministrativa/gazzetta_informa/area_tecnica/2011/febbraio/News_2011_1/TAR_Lazio_552_2011.pdf .

Consiglio di Stato sez. VI, 09 giugno 2011, n. 3512: https://www.dirittoscolastico.it/wordpress/wp-content/uploads/Consiglio-di-Stato-Sentenza-n.-3512-2011.pdf.

12Vedi nota 6.

13CODACONS: si tratta del “Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori” ed è un’associazione senza fini di lucro, nata nel 1986 in difesa dei consumatori e dell’ambiente come erede di precedenti campagne risalenti alla cosiddetta “guerra alla SIP” (SIP ossia “Società Italiana per l’Esercizio delle Telecomunicazioni S.p.A.”, prima del 1985 SIP – Società Italiana per l’esercizio telefonico è stata la principale azienda di telecomunicazioni italiana appartenente al gruppo IRI, attiva dal 1964, per poi essere trasformata in Telecom Italia S.p.A.) del 1976.

Essendo (il CODACONS) una delle associazioni consumeristiche maggiormente rappresentative sul piano nazionale per il volume di attività prodotto, il Codacons fa parte di numerose Commissioni consultive della Pubblica Amministrazione.

Particolarità del Codacons è quella di essere una “Associazione di Associazioni“, infatti, ad esso aderiscono numerose associazioni che operano per la tutela degli utenti dei servizi pubblici, della giustizia, della scuola, dei trasporti, dei servizi telefonici, dei servizi radio televisivi, dei servizi sanitari, dei servizi finanziari, bancari e assicurativi, della stampa e dei diritti d’autore ed altri.

Il Codacons, oltre ad abbracciare le varie Associazioni aderenti con i relativi scopi statutari, è Associazione autonoma con propri associati individuali e con una propria organizzazione articolata in varie sedi sparse su tutto il territorio nazionale.

Il presidente nazionale è Carlo Rienzi.

14Art. 3. del DPR 81/09 – Costituzione delle classi iniziali di ciclo:

1. Le classi iniziali di ciclo delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado e le sezioni di scuola dell’infanzia, sono costituite con riferimento al numero complessivo degli alunni iscritti.

Determinato il numero delle predette classi e sezioni, il Dirigente scolastico procede all’assegnazione degli alunni alle stesse secondo le diverse scelte effettuate, sulla base dell’offerta formativa della scuola e, comunque, nel limite delle risorse assegnate.

2. Per il solo anno scolastico 2009-2010 restano confermati i limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 24 luglio 1998, n. 331, e successive modificazioni, per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze.

(Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2009/07/02/009G0089/sg).

15Ferretti A., “La prima class action italiana contro la P.A. giunge in porto: Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 09/06/2011 n° 3512”, 02/01/2012: https://www.altalex.com/documents/news/2012/01/02/la-prima-class-action-italiana-contro-la-p-a-giunge-in-porto.

16Decreti assessoriali (assessorato della sanità) – Decreto 1 febbraio 2007 – Linee guida di organizzazione della rete assistenziale per persone affette da disturbo autistico: https://www.studiolegalemarcellino.it/allegati/22-0/linee-guida-autismo-sicilia.pdf.

17 Vedi nota 6.

18TAR del Lazio, sez. III bis – 10 luglio 2020, n. 07920: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=tar_rm&nrg=201912261&nomeFile=202007920_01.html&subDir=Provvedimenti

19Avv. Marco Barone, “Classi pollaio ledono il diritto allo studio, sentenza”, 18 luglio 2020: https://www.orizzontescuola.it/classi-pollaio-ledono-il-diritto-allo-studio-sentenza/.

20 Vedi nota 19.

21Barone N., “Scuola, meno classi pollaio e più digitale: come cambierà volto l’organizzazione. Dovendo attrezzarsi in funzione dell’emergenza il governo ha avviato l’opera di riprogettazione del settore, a partire ovviamente dalle dotazioni infrastrutturali”, 6 luglio 2020:

https://www.ilsole24ore.com/art/meno-classi-pollaio-e-piu-digitale-come-si-vuole-cambiare-volto-all-organizzazione-scuola-ADUPbhc.

22Classi pollaio, Bianchi alla Camera: “Priorità assoluta, con il PNRR cambierà la situazione”, 22 settembre 2021: https://www.orizzontescuola.it/classi-pollaio-bianchi-alla-camera-bisogna-intervenire-subito-con-il-pnrr-cambiera-la-situazione/

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Maria Dolores Iacuzio è nata in provincia di Salerno il 17 aprile del 1994. Dopo essersi diplomata al Liceo Classico presso il Publio Virgilio Marone, nel settembre del 2020, ha conseguito una Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno discutendo una tesi in Diritto Processuale Amministrativo avente come titolo: “Le condizioni dell’azione”. Nel novembre 2020 ha concluso il percorso dei 24 CFU in discipline antro-psico-pedagogiche e in metodologie e tecnologie didattiche (decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 59 e decreto 616 del 10 agosto 2017) presso il Dipartimento 24 CFU FIT Unisa (Salerno). Nel luglio 2021 ha conseguito il Master di II livello in "Diritto della Rete" presso l’Università degli Studi Niccolò Cusano (Roma). Nel febbraio del 2022 ha portato a termine il Master di I livello in "Discipline economiche, statistiche e giuridiche" presso l'Università Dante Alighieri (Reggio Calabria). Nel giugno del 2023 ha ultimato la Laurea Magistrale in Economia e Management discutendo la tesi in Organizzazione e Sviluppo delle Risorse Umane: "Il Metaverso è il nuovo futuro del lavoro? La piattaforma Digital Asset Trading". Ha lavorato come collaboratore d’ufficio e servizio di accoglienza presso il CAOT-Unisa (Centro di ateneo per l’orientamento e il tutorato). Durante gli anni universitari ha avuto l’onere e l’onore di essere eletta in seno al Consiglio Didattico di Scienze Giuridiche-Unisa restando in carica per 3 anni, ha preso parte ad associazioni universitarie di supporto agli studenti, ha avuto la possibilità di intervenire in Aula Magna in occasione del “Welcome Day Giurisprudenza” ed ha partecipato attivamente all’organizzazione di eventi e convegni con personalità di spicco tra cui il magistrato, politico e avvocato italiano nonché Presidente onorario aggiunto della Corte Suprema di Cassazione Ferdinando Imposimato e il Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico. A soli 19 anni ha avuto l’opportunità di candidarsi in seno al Consiglio Comunale in una lista civica e, nel corso della sua vita, ha lavorato come collaboratore commerciale e come consulente finanziario.

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