Concorso e connivenza

Concorso e connivenza

Obiettivo arduo è quello di evidenziare la flebile differenza che risiede tra il concorso di persone nel reato e la connivenza.

La difficoltà è tale, poiché i due costrutti nella loro relazione, sembrano non riuscire ad avere dei confini ben tracciati e delineati, quanto più sfumati.

Ad accentuare la sfumatura si aggiunge poi, da un lato la mancata determinatezza del legislatore nello specificare cosa sia concettualmente un concorso di persone nel reato; dall’altro, cosa significa letteralmente concorrere nel reato.

A tale “lacuna” legislativa ha cercato di porre rimedio la dottrina, in via predominante ma anche la giurisprudenza, andando, in un certo senso, a complicare il quadro, data la molteplicità di teorie elaborate.

Tuttavia, giungere alla definizione del discrimine tra concorso e connivenza, è qualcosa di possibile, ma non senza prima addentrarsi analiticamente nella disciplina del concorso di persone, nella sua struttura e nelle sue problematiche concrete.

Il legislatore ad un certo punto si è dovuto confrontare con la realtà processuale, ovvero molti dei processi penali seppur tipizzati in forma mono-soggettiva, sono posti in essere contestualmente da più persone.

La forma mono-soggettiva ha dovuto far spazio alla forma pluri-soggettiva, non senza ciò comportare tutta una serie di criticità.

In primo luogo, realizzare tale operazione, significa saper bilanciare due opposte esigenze, da un lato rendere punibili comportamenti che altrimenti non lo sarebbero in base alle singole norme incriminatrici; dall’altro i principi costituzionali in materia di responsabilità penale “personale” ovvero il principio di legalità, nelle sue diverse diramazioni.

I due grandi nodi che ruotano attorno alla questione sono dunque, l’eventualità che più soggetti pongano in essere condotte autonome, che possono non coincidere se considerate singolarmente con il comportamento descritto dalla norma incriminatrice e, il grado di rimproverabilità da ascrivere al singolo concorrente, stante appunto, la diversità di condotte realizzate per porre in essere il medesimo reato.

La compartecipazione viene definita necessaria quando è proprio il legislatore a prevedere la contestuale presenza di più persone affinché il reato possa venire ad esistenza, assurgendola così ad elemento strutturale del reato.

Viceversa, quando ciò non avviene il concorso si definisce eventuale.

Il concorso di persone nel reato, trova la sua norma fondamentale, all’interno del codice penale, nell’art. 110 ai sensi del quale: “Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”.

Il concorso determina un vincolo tra più persone volto alla realizzazione di uno o più reati determinati, sul presupposto che l’unione tra le stesse renda possibile o quanto meno più agevole la commissione di un reato.

Il combinato disposto dell’art. 110 c.p. e le singole norma incriminatrici, danno origine ad una nuova fattispecie penale, in forma concorsuale, rispetto alla quale anche i comportamenti non direttamente riconducibili alla singola fattispecie criminosa assumono rilevanza penale.

Ne consegue una duplicità di elementi da valutare, il ricorrere di tutti i componenti della fattispecie penale-base e la pluralità di persone in concorso fra loro.

La struttura normativa del concorso di persone nel reato si compone di un elemento oggettivo, dato dalla pluralità di persone; la commissione, in forma plurisoggettiva di un reato; il contributo causale di ciascun concorrente, e di un elemento soggettivo tipico della commissione plurisoggettiva del reato.

Per aversi il concorso è sufficiente che almeno due persone partecipino all’azione, nonostante il requisito in esame appaia semplice, in realtà molteplici questioni interpretative sono state affrontate su questo punto da parte di dottrina e giurisprudenza.

La questione in particolare è relativa alla necessità che ciascun concorrente risulti punibile per il reato commesso affinché possa ritenersi integrato il requisito della pluralità di persone.

Ai fini della punibilità, è sufficiente che anche uno dei soggetti concorrenti sia punibile ed abbia la volontà o la consapevolezza di aver realizzato il fatto di reato in forma concorsuale.

A tale conclusione si è giunti per evitare di escludere a punibilità del soggetto imputabile quando questi si sia avvalso di un concorrente non imputabile.

A conferma di ciò, stabiliscono gli artt. 112 e 119 c.p., che espressamente prevedono le ipotesi in cui abbiano preso parte al fatto criminoso, persone non imputabili per età o altra causa personale, come circostanze aggravanti del reato.

Fra le varie figure dei concorrenti manca una differenziazione descrittiva all’interno de codice, l’art. 110 infatti equipara le varie condotte di concorso, a variare sono le teorie poste alla base della punibilità della singola condotta del concorrente.

L’impostazione accolta nel codice vigente è espressione della teoria condizionalistica, assumono rilevanza penale pertanto, le sole condotte che, adoperando questo criterio si escluderebbe la punibilità di quelle condotte che, anche se non necessarie alla commissione del reato, abbiano comunque avuto modo di agevolarla.

Alla stregua di tale esigenza è stata elaborata la teoria della causalità agevolatrice o rinforzo, inglobando dunque anche quelle condotte agevolative alla punibilità, per la commissione del reato.

La giurisprudenza di legittimità sembra tuttavia aver accolto la teoria  dell’agevolazione causale (Sentenza n. 36125 del 2014) recuperando quelle concotte inutili e dannose, riqualificandole come forma di concorso morale nel reato.

Quest’ultima modalità di compartecipazione si caratterizza per la sua incidenza sul piano psichico, il soggetto può far sorgere in altri la volontà criminosa, rafforzarne l’intento, o agevolarne la commissione del reato dal punto di vista psicologico.

Si distinguono due condotte penalmente rilevanti, l’istigazione e la determinazione, entrambe vengono in rilievo quando il reato sia stato effettivamente commesso.

E’ necessario tuttavia accertare un rapporto di causalità efficiente nella commissione del reato, ossia l’effettività del contributo morale rispetto alla realizzazione materiale, nel produrre il rafforzamento o comunque nel far nascere l’intento criminoso.

L’elemento soggettivo tipico della commissione plurisoggettiva del reato, nel suo contenuto, non differisce dal dolo del reato mono-soggettivo e costa di due elementi: coscienza e volontà del fatto criminoso e volontà di concorrere con altri alla realizzazione di un reato.

Affinché sussista la volontà di concorrere basta la coscienza del contributo fornito, se questo è estemporaneo e a vantaggio di un soggetto del tutto ignaro, soltanto nei confronti di questi sarà configurabile una responsabilità a titolo di concorso, gli altri soggetti risponderanno della fattispecie monosoggettiva di reato eventualmente commessa individualmente.

In definitiva, si può dire che il codice ha adottato una sorta di modello unitario, basato sul criterio dell’efficienza causale della condotta di ciascun concorrente.

A questo punto, assolta a grandi linee la struttura normativa del concorso di persone nel reato, nonché la distinzione tra concorso materiale e concorso morale, possiamo provare a tracciare la differenza con la connivenza.

La connivenza postula da parte dell’agente non una condotta attiva, quanto un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla commissione del reato.

A pronunciarsi sul discrimen tra connivenza non punibile e il concorso di persone nel reato, ci ha pensato la Corte di Cassazione, con la sentenza 11 giugno 2004, n. 24615, ponendo in particolar modo l’accento sul concetto di causalità, che qualifica la nozione stessa di “contributo”.

Secondo quanto affermato dall’autorevole Corte, affinché si realizzi il concorso, è necessario un contributo causale, anche in termini minimi di facilitazione della condotta delittuosa; mentre nel caso della connivenza siamo di fronte ad una semplice conoscenza o anche adesione morale, assistenza inerte tale da non apportare alcunché alla commissione del reato.

L’efficienza causale traccia i confini di punibilità, non punibilità delle diverse tipologie di condotta.

Evidente è che, in tali termini, la connivenza potrebbe essere confusa con l’omissione, condotta punibile nell’ordinamento penale.

A tal proposito occorre specificare che il sistema penale punisce i reati omissivi soltanto nei casi di reati omissivi propri o impropri e cioè, nei casi in cui o il soggetto aveva l’obbligo giuridico di intervenire per evitare la realizzazione dell’evento e non lo ha fatto; o non abbia tenuto la condotta espressamente richiesta e tipizzata dal codice.

Al di fuori di tali ipotesi, entriamo nel campo della connivenza non punibile.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Aurelia Diano

Latest posts by Aurelia Diano (see all)

Articoli inerenti