Continuazione di reati puniti con pene eterogenee

Continuazione di reati puniti con pene eterogenee

Si definisce “reato continuato”, nello specifico, quella particolare forma di concorso materiale di reati che si caratterizza per la sussistenza di un unico disegno criminoso.

Il concorso materiale di reati ricorre quando un soggetto con più azioni od omissioni compie una pluralità di reati: il concorso si dice omogeneo quando è violata più volte la stessa norma penale, eterogeneo quando sono violate norme diverse.

Tale forma di concorso presuppone una pluralità di condotte alla quale corrisponde una pluralità di reati: nell’ottica del legislatore è proprio tale pluralità a giustificare l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più severo rispetto a quello previsto per il concorso formale, il quale è invece caratterizzato da un’unica azione od omissione.

A tale ipotesi di concorso si applica il c.d. cumulo materiale temperato, ossia tante pene quanti sono i reati commessi, salvo il riconoscimento di alcuni limiti inderogabili in tema di entità della sanzione applicata.

Attraverso la previsione del cumulo materiale temperato, in particolare, il legislatore intende evitare gli eccessi che potrebbero conseguire dalla somma aritmetica delle pene previste per i singoli reati in concorso.

Nell’ottica del legislatore, l’unicità del disegno criminoso dimostrerebbe una minor riprovevolezza dell’agente, giustificando un trattamento penale più favorevole rispetto a quello riservato ai normali casi di concorso materiale di reati. Al reato continuato, infatti, la legge estende la sanzione prevista con riguardo al concorso formale, ossia la pena prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo.

Il reato continuato va considerato unitariamente solo per gli effetti espressamente previsti dalla legge, come quelli relativi alla determinazione della pena; per tutti gli altri non espressamente previsti, al contrario, la considerazione unitaria può essere ammessa a condizione che garantisca un risultato favorevole al reo.

In applicazione di tale criterio, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il reato continuato vada considerato come unico, oltre che ai fini dell’applicazione della pena, anche in ordine alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel delinquere, mentre debba invece considerarsi come plurimo ai fini dell’amnistia propria, del computo del tempo necessario a prescrivere, della responsabilità dei concorrenti nel concorso di persone, ovvero in merito all’applicazione delle circostanze.

Come espressamente previsto dalla legge, gli elementi costitutivi del reato continuato sono la pluralità di azioni od omissioni, concretanti ciascuna di esse un reato autonomo, la sussistenza di un medesimo disegno criminoso e la pluralità di violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

La pluralità di condotte va valutata in senso giuridico e non naturalistico: azioni od omissioni che sul piano materiale appaiono come plurime, infatti, possono dare luogo ad una condotta unitaria sotto il profilo giuridico.

Quanto all’unicità del disegno criminoso, la prevalente dottrina la individua nella predisposizione da parte dell’agente di un progetto criminoso unitario che, deliberato nelle sue linee essenziali, sia finalizzato a conseguire un medesimo fine.

Secondo tale interpretazione, pertanto, per affermare la sussistenza di un medesimo disegno criminoso è necessaria, oltre che un’anticipata rappresentazione di tutti gli episodi criminosi, anche la sussistenza di un fine comune.

Della stessa opinione è la S.C., secondo la quale sussiste continuazione nel reato quando le differenti azioni delittuose siano connesse tra loro, fin dal primo momento, nei loro elementi essenziali e nel quadro di un’unica progettazione, così da doversi ritenere che, allorché si commette la prima azione, siano già state deliberate, quanto meno in generale, le altre.

Il reato continuato, afferma la giurisprudenza, non può identificarsi con la generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma che, deliberato nelle linee essenziali, sia finalizzato a conseguire un determinato fine (Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 18037 del 19 aprile 2004).

In ogni caso, la programmazione dell’attività delittuosa presuppone necessariamente la volizione delle singole condotte criminose e ciò comporta l’incompatibilità del reato continuato con gli illeciti colposi.

Non è invece da escludere la compatibilità con le contravvenzioni, purché le stesse siano connotate dall’elemento psicologico del dolo.

Tra gli elementi costitutivi del reato continuato vi rientra infine la pluralità di violazioni: l’istituto del reato continuato ha carattere generale e pertanto può essere applicato a qualsiasi ipotesi di concorso materiale di reati, a prescindere cioè dalla natura omogenea o eterogenea degli illeciti in continuazione.

Come osservato da attenta dottrina, l’ampliamento dell’ambito applicativo del reato continuato alle violazioni di disposizioni di legge diverse ha tolto rilevanza all’istituto del concorso materiale, il attualmente è destinato ad operare solo in via residuale.

Tanto premesso, l’ammissibilità della continuazione con riferimento a reati diversi ha posto alcune problematiche in ordine alle modalità di determinazione della pena, in particolare nell’ipotesi in cui le fattispecie avvinte dal medesimo disegno criminoso siano punite con pene di genere differente, l’una detentiva e l’altra pecuniaria.

Secondo un primo orientamento, in particolare, l’applicazione dell’art. 81 c.p. determinerebbe la perdita dell’autonomia sanzionatoria dei reati meno gravi, con la conseguenza che l’aumento della pena per la continuazione comporterebbe l’omologazione delle pene previste per i reati satellite a quella comminata per la violazione principale.

Tale concezione traeva spunto dalla lettera della legge, la quale fa riferimento alla violazione più grave aumentata fino al triplo.

Di diverso avviso era invece un altro indirizzo, il quale perveniva ad escludere l’applicazione della continuazione nel caso in cui il reato base fosse punito con pena detentiva mentre quello satellite fosse sanzionato solo con pena pecuniaria, ritenendo che in questa ipotesi l’art. 81 c.p. imporrebbe di effettuare l’aumento di pena per il reato satellite in termini di pena detentiva, così comportando una violazione del principio del favor rei, considerato come il criterio ispiratore dell’istituto.

Sulla questione sono intervenute le sezioni unite della S.C., le quali hanno ritenuto che l’aumento di pena per il reato satellite vada effettuato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione.

Secondo la Corte, in particolare, affinché la sanzione del reato continuato possa ritenersi conforme al principio di legalità e a quello di proporzionalità della pena, è necessario rispettare il genere della pena pecuniaria prevista per il reato satellite, nel senso che l’aumento della pena detentiva per il reato già grave andrà ragguagliato a pena pecuniaria ex art. 135 c.p. (Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 40983 del 24 settembre 2018).

Se per effetto del cumulo giuridico si aumentasse la pena detentiva sancita per il reato più grave a fronte di un reato satellite punito con la sola pena pecuniaria, infatti, la sanzione applicata sarebbe superiore a quella applicabile in virtù del cumulo materiale, con conseguente illegalità della stessa.

D’altra parte, si osserva, ciò porterebbe alla violazione del principio di proporzione, oltre che di quelli di legalità e favor rei, posto che la natura della sanzione stigmatizza la maggiore o minore gravità dell’illecito.

Il rispetto del genere della pena prevista per il reato satellite, specifica la S.C., avrebbe potuto essere garantito anche attraverso l’applicazione del criterio dell’addizione, ovvero affiancando, alla pena detentiva inflitta per la violazione più grave, una quota della pena pecuniaria sancita per il reato meno grave.

Tale criterio, tuttavia, è stato ritenuto poco rispettoso della lettera dell’art. 81 c.p., il quale, parlando di aumento fino al triplo, sottintende una moltiplicazione.

Secondo il supremo consesso giudiziario, infine, anche quando la pena pecuniaria per il reato satellite sia l’ammenda, l’aumento fino al triplo della pena detentiva prevista per il reato più grave deve essere ragguagliato nella pena della multa: come previsto dal secondo comma dell’art. 76 c.p., infatti, le pene pecuniarie di specie diversa si considerano, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.
L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino con pluriennale esperienza nel campo del diritto civile, penale ed amministrativo. L'avvocato è inoltre collaboratore esterno di un importante studio legale di Napoli, specializzato nel diritto civile. Quale cultore della materie giuridiche, l'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in ogni campo del diritto, anche processuale. Forte conoscitore della disciplina consumeristica e dei diritti del consumatore, l'avvocato fornisce la propria rappresentanza legale anche a favore di un'associazione a tutela dei consumatori. Quale esperto di mediazione e conciliazione, l'avvocato è infine un mediatore professionista civile e commerciale.

Latest posts by Avv. Riccardo Cuccatto (see all)

Articoli inerenti