Convenzione di moratoria e relatività del contratto
La disciplina codicistica del contratto non contempla la figura del contratto con effetti sfavorevoli per il terzo.
In base all’articolo 1372 co. 2 c.c. il contratto non produce effetto rispetto ai terzi, se non nei casi previsti dalla legge.
La disposizione citata enuclea il principio di relatività in base al quale il contratto è res inter alios, ovvero, non produce effetti nei confronti di coloro che non sono parti del contratto.
Il codice ammette la figura del contratto a favore di terzo agli articoli 1411 ss c.c., ma non ammette il contratto con effetti sfavorevoli per il terzo.
Nell’ambito della legislazione speciale, in particolar modo nella disciplina del Codice della Crisi dell’impresa e dell’insolvenza, sono previsti accordi tra debitore e creditori finalizzati a risolvere consensualmente la crisi dell’impresa, con chiara deroga alla disciplina codicistica prevista dagli articoli 1372 c.c. e 1411 c.c.
La figura di maggior interesse è rappresentata dalla convenzione di moratoria disciplinata dall’articolo 62 del Codice della Crisi dell’impresa e dell’insolvenza.
La norma prevede un accordo tra debitore ed una maggioranza qualificata di creditori (cd. aderenti e rappresentanti il 75%) che produce effetti anche nei confronti dei creditori non aderenti, in deroga agli articoli 1372 c.c. e 1411 c.c.
La legislazione speciale in esame contempla altri istituti che derogano espressamente al principio di relatività del contratto come il concordato preventivo, il concordato nella liquidazione giudiziale o l’accordo di ristrutturazione dei debiti.
In questi casi oltre alla manifestazione di volontà negoziale da parte degli aderenti di una maggioranza di creditori è richiesto un atto ulteriore che va ad integrare l’efficacia dall’esterno, di regola un provvedimento di omologa del giudice.
A ben vedere, si tratterebbe per lo più di fattispecie di natura processuale e non di natura consensuale, dal momento che è richiesto un provvedimento del giudice.
La convenzione di moratoria, invece, richiede il solo accordo, ecco perché costituisce una ipotesi evidente di deroga al principio di relatività del contratto.
I requisiti richiesti dall’articolo 62 del C.C.I.I. sono due: uno soggettivo e uno oggettivo.
Sotto il profilo soggettivo il debitore deve essere un imprenditore anche non commerciale, invece, sotto il profilo oggettivo l’imprenditore deve trovarsi in una situazione di probabile insolvenza.
La ratio sottesa alla disciplina in esame è senza dubbio quella di risanare l’impresa che vive un momento di difficoltà.
Tale accordo incide negativamente sul credito ma anche su una serie di valori costituzionali: da un lato il rispetto della libertà negoziale, intesa come libertà negativa a non essere costretti a subire gli effetti di un contratto non voluto, dall’altro è necessario un interesse generale sotteso al sacrificio del diritto di credito che ha rilevanza costituzionale e gode delle stesse garanzie del diritto di proprietà.
Tuttavia, ai fini dell’eccezionale operatività dell’accordo, si richiede un duplice limite: la parità di trattamento e l’assenza di pregiudizio rispetto all’alternativa giudiziale.
La parità di trattamento implica che, non essendoci un trattamento uguale per tutti, il terzo che non ha aderito non può subire un trattamento peggiore rispetto al creditore favorito tra coloro che sono aderenti.
L’assenza di pregiudizio rispetto all’alternativa giudiziale ha un fondamento sia sovranazionale che costituzionale.
La Corte Edu, ora anche la Corte Costituzionale, afferma che nel concetto di proprietà rientra anche il diritto di credito, per cui tale diritto può essere espropriato solo in base ad una previsione di legge e a tutela di un interesse generale, purchè il sacrificio non risulti sproporzionato.
In pratica il creditore per effetto di questo accordo non deve subire una falcidia maggiore di quella che lo stesso avrebbe sopportato, laddove avesse attivato la liquidazione giudiziale.
La ratio sottesa alla convenzione di moratoria, oltre al generale interesse di risanamento dell’impresa, secondo un orientamento consolidato si rinverrebbe nell’esigenza di contrastare i fenomeni di cd. free riding, di opportunismo, che vanno oltre la violazione dell’obbligo di buona fede.
Potrebbe accadere, infatti, che nell’ambito della soluzione consensuale della crisi, alcuni creditori potrebbero non avere un interesse effettivo all’adesione al piano di risanamento, proprio per poter beneficiare dei costi sostenuti da altri e realizzare il cd. free riding.
Situazione, questa, di non difficile verificazione; si pensi ai piccoli creditori che potrebbero confidare sul fatto che i grandi creditori, le banche in sostanza molto esposte nei confronti di un imprenditore, salvino il debitore.
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Michela Falcone
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