Delega di funzioni valida, nessuna responsabilità a carico del CdA

Delega di funzioni valida, nessuna responsabilità a carico del CdA

Cassazione Penale, Sezione Prima, (ud. 20 gennaio 2016) 2 maggio 2016,  n. 18168
Presidente Cortese, Relatore Minchella

Esenzione da responsabilità degli organi societari in presenza di una valida delega di funzioni in occasione di infortuni sul lavoro.

Il caso riguarda un infortunio sul lavoro verificatosi all’interno di un cantiere navale ai danni di un operaio con mansioni di ammagliatore, il quale aveva il compito di agganciare i materiali da issare a bordo di una costruzione navale, nella specie un fascio di tubi inox che dalla banchina doveva raggiungere per il tramite di una gru uno dei ponti dell’imbarcazione.

Allo scopo legava due fasci di tubi con filo di ferro e, quindi, ordinava di issare il carico; all’atto del sollevamento si accorgeva che il carico si muoveva ed ordinava di interrompere l’operazione al fine di provvedere nuovamente ad assicurare lo stesso.

All’atto del secondo sollevamento, però, il carico iniziava nuovamente ad oscillare al punto che dai due fasci di tubi ne sfilavano due uno dei quali, cadendo, colpiva l’operaio alla nuca e alla schiena, procurandogli una paraplegia completa degli arti inferiori con conseguenti lesioni gravissime, invalidità permanente e pericolo di vita.

A seguito degli accadimenti descritti iniziava un procedimento penale a carico di numerosi soggetti, in partticolare componenti del Consiglio di Amministrazione e dell’Organo di Vigilanza della società, nei confronti dei quali venivano mosse diverse contestazioni tra cui omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.) e lesioni personali colpose(art. 590 c.p.).

Quanto, in particolare, all’art. 437 c.p. si imputava ai componenti del Consiglio di Amministrazione “di avere omesso di collocare apparecchi idonei al sollevamento dei materiali a mezzo gru o di averne messo in numero insufficiente, e segnatamente appositi accessori quali baie o ceste idonee al carico dei materiali sulla nave”; mentre sempre  ex art. 437 cod.pen. s’imputava ai componenti dell’Organismo di Vigilanza “di avere omesso di segnalare al consiglio di amministrazione e ai direttori generali e di non aver preteso che si ponesse rimedio ad una serie di carenze in tema di prevenzione dagli infortuni che venivano segnalati nei report in tema di sicurezza all’interno del cantiere, i quali ripetevano da tempo la mancanza di impianti, apparecchi e segnali, ma che l’Organismo di Vigilanza avrebbe recepito passivamente, senza segnalare alcunché al datore di lavoro, e, al contempo, non approfondendo gli aspetti di gestione delle attrezzature di lavoro e l’utilizzo di apposi accessori quali baie o ceste.”

Successivamente il GUP del Tribunale dichiarava il non luogo a procedere in relazione al capo d’imputazione riguardante l’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro escludendo che baie e ceste potessero qualificarsi  come apparecchi alla stregua dell’art. 437, il quale richiede piuttosto l’utilizzo di strumenti dotati di un minimo di complessità tecnica e che siano atti a prevenire il rischio del verificarsi di infortuni sul lavoro; caratteristica, quest’ultima, mancante nei suddetti materiali.

Riteneva, inoltre, il Giudice che né il C.d.A, né l’O.d.V potevano ritenersi gravati dall’ obbligo di predisporre le cautele omesse, perché le stesse risultavano pienamente valide ed efficaci nonché formalizzate nei confronti dei responsabili delle singole unità produttive.

Avverso la sentenza proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di primo grado, sostenendo che la distinzione operata dal GUP sugli apparecchi di riferimento ed il riferimento alla stabilità strutturale delle stesse non coincidevano con la normativa antinfortunistica, atteso che certamente baie e ceste potessero essere considerate come presidi di sicurezza in grado di prevenire gli infortuni sul lavoro.

Contestava, inoltre, la validità della delega di funzioni riscontrata in atti stante la sussistenza di due soggetti titolari dei medesimi poteri di datore di lavoro, una delle quali era stata revocata proprio lo stesso giorno dell’infortunio.

Ed affermava, infine, che in ogni caso la sussistenza di una delega di funzioni non esonerasse il datore di lavoro da un obbligo costante di vigilanza sull’ operato del soggetto delegato.

La Suprema Corte rigettava il ricorso perché infondato.

La questione ritenuta dirimente ha riguardato proprio la circostanza, dimostrata peraltro dalla difesa, che le baie e le ceste erano state fornite dal cantiere, ed erano presso lo stesso presenti e disponibili il giorno dell’incidente e, quindi, non poteva imputarsi alcuna responsabilità a carico degli organi societari assembleari e di vigilanza nella misura in cui questi non avrebbero certo potuto influire sulle scelte dell’unità produttiva di riferimento nel giorno esatto dell’incidente.

Dunque, afferma testualmente la Corte, “l’utilizzo o meno delle stesse non attiene affatto al profilo della omessa collocazione di strumenti, apparecchi o congegni adeguati, ma soltanto al profilo organizzativo del lavoro concreto svolto nel cantiere navale; (…) ed allora è del tutto corretta la conclusione della sentenza impugnata, laddove si evidenzia che la problematica si fa di natura eminentemente organizzativa: è valida conclusione del Giudice di merito l’affermare che, se le ceste vi erano nel cantiere in quanto fornite dalla componente datoriale, spettava eventualmente ai soggetti responsabili di unità operative disporne l’utilizzo”.

Concludeva ancora che “l’invocata responsabilità cui fa riferimento il ricorso non poteva dunque essere del Consiglio di Amministrazione, i cui compiti non si dilatano sino a decidere se, nell’ ambito di una singola operazione di carico di tubi, andasse utilizzata una cesta; e parimenti nemmeno poteva gravare siffatto obbligo sui componenti dell’Organismo di Vigilanza”.

Com’è noto, infatti, la delega di funzioni consiste in un atto negoziale mediante il quale avviene il trasferimento di specifici doveri e poteri dal garante ex lege (cd. garante originario) ad un altro soggetto (cd. garante derivato).

Il d. lgs. 81/2008 ha disciplinato compiutamente principi e presupposti statuendo, in particolare, all’art. 16 requisiti formali e sostanziali.

I primi consistono nella previsione con atto scritto, recante data certa, dell’incarico a cui deve, inoltre, essere data adeguata e tempestiva pubblicità. Tra i requisiti sostanziali, invece, il legislatore contempla la necessità che il delegato possegga professionalità ed esperienza adeguate allo svolgimento delle funzioni trasferite.

In ogni caso – conclude la norma citata – la specifica funzione, ancorché correttamente trasferita in base ai predetti presupposti, non esclude l’obbligo di vigilanza del delegante sulla corretta esecuzione da parte del delegato degli incarichi trasferiti.

Non rileva più, peraltro, il requisito dell’impresa di grandi dimensioni, come in passato era stato ritenuto dagli interpreti secondo il quale la delega di funzioni poteva essere rinvenuta solo all’interno di aziende la cui struttura aziendale fosse di tali dimensioni  da giustificare il decentramento delle funzioni e delle responsabilità.

Orientamento, questo superato dal predetto d.lgs. in omaggio alla necessità di considerare la delega di funzioni come una precisa scelta di “funzionalità organizzativa”, meritevole di considerazione in qualsiasi struttura aziendale, a prescindere dalle dimensioni.

Ebbene, la Suprema Corte nella sentenza in commento ha ritenuto insussistente la responsabilità a carico del C.d.A e dell’ Organo di vigilanza, nella misura in cui l’infortunio sia dipeso da una non corretta organizzazione all’interno dell’unità operativa di riferimento, avendo la stessa società predisposto le cautele necessarie alla prevenzione degli infortuni e non potendosi imputare alla stessa la mancata decisione dell’unità operativa di avvalersi degli strumenti cautelativi.


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Ilaria Romano

Laureata in giurisprudenza con tesi in diritto internazionale dell'ambiente. Scuola di specializzazione per le professioni legali conclusa con tesi di diploma in procedura penale avente ad oggetto l'intangibilità del giudicato penale e riflessi della giurisprudenza EDU sull'ordinamento interno. Compiuta pratica in diritto penale, in attesa di sostenere l'esame orale per conseguire l'abilitazione alla professioni. Il tutto condito da una work esperience in affiancamento ad un giudice del lavoro presso il Tribunale di Avellino. Aspirante magistrato ed amante del diritto, strumento sociale di vitale importanza e potenzialmente alla portata di tutti.

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