È possibile cambiare sesso in Italia?

È possibile cambiare sesso in Italia?

Sommario: 1. Inquadramento generale – 2. Primi due step3. Iter legale – 4. Il trattamento chirurgico è obbligatorio?

 

1. Inquadramento generale

La rettificazione del sesso e del nome nei registri dello stato civile, introdotta in Italia con la legge n. 164/1982, consente di adeguare l’aspetto fisico ed interiore con i documenti di riconoscimento.

Invero, nascere in un corpo che non viene avvertito come proprio può comportare enormi disagi nella vita personale, familiare e sociale.

Attraverso la rettificazione del sesso, pertanto, può realizzarsi a pieno il fondamentale ed inalienabile diritto all’identità personale e di genere, garantito ad ogni individuo senza alcuna distinzione ai sensi degli artt. 2 e 3 Costituzione. Ancora, tale adeguamento anagrafico comporta la realizzazione di quel benessere psico-fisico tutelato ai sensi dell’art. 32 Costituzione[1].

2. Primi due step

Per quanto concerne l’iter di transizione, questo si articola in tre tappe necessarie ed una quarta divenuta ormai eventuale.

In primo luogo, è necessario un adeguato percorso psicologico (sia presso un professionista privato o avvalendosi del Sistema Sanitario Nazionale), che si concluda con una relazione che attesti la disforia di genere, ovvero, una condizione di intensa e persistente sofferenza, causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso.

Successivamente, è necessario sottoporsi ad una terapia ormonale prescritta da un medico endocrinologo. Tale passaggio, iniziando ad adeguare l’aspetto fisico con l’identità realmente percepita,   consente di vivere la vita desiderata con maggiore consapevolezza.

3. Iter legale 

Passaggio fondamentale è, poi, ottenere dal Tribunale la sentenza di autorizzazione alla rettifica del sesso. Documenti necessari sono: il certificato di residenza per determinare la competenza territoriale del Tribunale; la relazione psicologica con la diagnosi di disforia di genere; la prescrizione della terapia ormonale ed il certificato di Stato libero. Quest’ultimo, in particolare, consente di verificare l’esistenza di eventuali coniuge e prole, a cui deve essere necessariamente notificato l’atto introduttivo del giudizio, posto che la rettificazione comporta lo scioglimento del matrimonio, salvo eventuale volontà degli stessi coniugi di mantenerlo in vita come unione civile.

Competente a decidere è il Tribunale del luogo in cui risiede l’attore ed è necessaria la partecipazione del P.M.

Quanto all’atto introduttivo del giudizio, la giurisprudenza maggioritaria ha precisato che, in assenza di coniuge e prole, la domanda può essere proposta con ricorso in luogo dell’atto di citazione[2].

Invero, costituisce ormai principio consolidato quello secondo il quale l’introduzione del giudizio con ricorso nel rito camerale non produce alcuna nullità posto che, ad operare è la c.d. conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo.

Del resto, dal procedimento di rettificazione del sesso, avente ad oggetto esclusivamente la posizione dell’istante, non scaturisce, di certo, un concreto pregiudizio per altre parti processuali, ma anzi è esclusivamente volto a rendere effettivi interessi protetti costituzionalmente, quali il diritto alla salute ed all’identità personale, che necessitano pertanto di una tutela agile che solo la forma del ricorso può assicurare[3].

Il Collegio, esaminata la documentazione e compiuti eventuali ulteriori accertamenti, ad esempio attraverso la nomina di un CTU o attraverso l’interrogatorio della parte attrice, decide sull’autorizzazione richiesta.

Con la sentenza che accoglie il ricorso -la quale non ha effetto retroattivo- il Tribunale autorizza l’ufficiale di Stato civile del luogo in cui è stato formato l’atto di nascita di effettuare le relative registrazioni su istanza della parte vittoriosa, posto che non è consentito al giudice ordinare un facere alla P.A. al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.

4. Il trattamento chirurgico è obbligatorio?

Infine, bisogna evidenziare che, sebbene, la formulazione originaria della L. 164/1982 all’art. 3, assoggettava le controversie aventi ad oggetto la rettificazione di attribuzione di sesso ad un rito camerale a struttura bifasica, ovvero un primo procedimento volto all’autorizzazione dell’adeguamento chirurgico dei caratteri sessuali, ed un secondo avente ad oggetto la rettificazione degli atti dello stato civile, la Suprema Corte di Cassazione, con la storica sentenza n. 15138 del 21 maggio 2015 ha definitivamente superato tale indirizzo.

In particolare, gli Ermellini hanno dichiarato superfluo l’intervento chirurgico allorquando vi sia stato “l’adeguamento dei caratteri sessuali secondari estetico-somatici e ormonali e sia stata accertata l’irreversibilità, anche psicologica, della scelta di mutamento del sesso da parte dell’istante.[4]

Tale principio è stato, inoltre, avvalorato anche dalla Corte Costituzionale e pertanto, il trattamento chirurgico costituisce non più un presupposto della pronuncia giudiziaria, ma una mera opportunità che la medicina offre alle persone che soffrono di disforia di genere, al fine di conseguire un pieno benessere psico-fisico[5].

 

 

 

 

 


[1] Tribunale di Bari, Sent. n. 5467/2015
[2] Tribunale di  Roma, I Sez. Civ., S. del 20.01.2017 https://www.anaao.it/content.php?cont=10812#:~:text=Cassazione%20Sezione%20Civile-,Cassazione%20Civile%20%2D%20Sez.,la%20%E2%80%9Clegge%20dei%20confini%E2%80%9D
[3] Cass. Civ., Sez. I, S. n. 13639/2013
[4] Cass. Civ., Sez. I, S. 15138/2015
[5] Corte Cost., Sent. n. 221/2015

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