Efficacia della legge penale nel tempo

Efficacia della legge penale nel tempo

Il fenomeno della successione di norme penali nel tempo è regolato da due principi, entrambi disciplinati nell’art 2 c.p., l’irretroattività di norme penali sfavorevoli e la retroattività di norme penali favorevoli. In presenza di una norma sopravvenuta di favore, occorre analizzarne le caratteristiche per comprendere l’ambito applicativo e i relativi effetti giuridici. Una norma successiva può abrogare una fattispecie di reato privando di rilevanza penale una condotta umana, o limitarsi a modificare in meius la disciplina del reato, non escludendo totalmente la rilevanza penale della relativa condotta. La corretta qualificazione del fenomeno successorio consente d’individuare le possibili conseguenze giuridiche nel rispetto dei limiti stabiliti dall’ordinamento.

Tra i corollari del principio di legalità è sicuramente compreso il principio d’irretroattività di norme penali sfavorevoli, il quale risponde ad evidenti esigenze di garanzia rispetto all’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, che se applicate retroattivamente violerebbero il principio di prevedibilità della responsabilità penale. Il principio non è in alcun modo derogabile, né possono essere invocate eccezioni di qualsivoglia natura, l’essenza dell’ordinamento in materia penale è la possibilità dei consociati di poter prevedere le conseguenze giuridiche delle proprie azioni, diritto che verrebbe frustrato con l’applicazione retroattiva di fattispecie incriminatrici. Il divieto di applicazione retroattiva di norme sfavorevoli costituisce l’argine rispetto ad un’applicazione totalmente inaccettabile delle norme penali in uno stato di diritto; il principio oltre ad un espresso riconoscimento nel primo comma dell’art 2 c.p., ha rilievo costituzionale nell’art 25 Cost. e nelle fonti europee. L’art. 7 CEDU e l’art. 49 della Carta di Nizza affermano il principio d’irretroattività sfavorevole, conferendo rilevanza europea ad un principio cardine dell’ordinamento interno in ambito penale.

Il principio d’applicazione retroattiva di norme di favore non possiede la medesima forza giuridica, nonostante il legislatore codicistico abbia previsto una specifica disciplina nell’art 2 c.p., potrebbe essere definito come un principio debole, ma soprattutto derogabile all’esito di un bilanciamento con principi altrettanto rilevanti per l’ordinamento giuridico. Il fattore che maggiormente rileva è la mancanza di un esplicito riconoscimento Costituzionale, in grado di elevarlo a principio cardine dell’ordinamento al pari del divieto d’irretroattività sfavorevole. L’ influenza europea ma soprattutto convenzionale, hanno assunto un ruolo centrale nell’interpretazione dei principi penalistici per elevare la rilevanza giuridica della retroattività favorevole. Nonostante anche nell’art 7 CEDU manchi un esplicito riferimento al suddetto principio, la Corte di Strasburgo mediante la propria attività interpretativa capace d’integrare e chiarire il contenuto delle norme convenzionali, ha ritenuto implicitamente affermato il principio di retroattività favorevole nel suddetto articolo. La pronuncia che maggiormente rileva in tal senso è la sentenza Scoppola, nella quale la Corte dei diritti dell’uomo ha affermato che l’art 7 della convenzione riconosce e tutela il principio di retroattività favorevole, esortando di conseguenza i singoli stati al rispetto di tale approdo giurisprudenziale.

La Corte Costituzionale ha recepito il principio affermato dalla Corte Europea individuandone contestualmente un fondamento costituzionale, in particolare le argomentazioni giuridiche della Consulta ritenevano che negare l’applicazione retroattiva di norme favorevoli fosse in netto contrasto con il principio di uguaglianza, e quindi con l’art 2 Cost. D’altronde le riflessioni dei giudici costituzionali ritenevano che il collegamento con l’art 2, seppur condivisibile non convincesse appieno, essendo necessario considerare il principio in un’ottica di sistema, collegandolo e interpretandolo alla luce dei molteplici principi costituzionali in materia penale. Negare l’applicazione retroattiva di norme favorevoli in ragione di un mutamento della considerazione della condotta umana da parte del legislatore, sarebbe in contrasto con i principi: di personalità della responsabilità penale, della funzione rieducativa della pena, di ragionevolezza e di colpevolezza. I consociati considererebbero la pena ingiusta riducendo la loro disponibilità nel percorso rieducativo, generando anche disuguaglianze dal punto di vista sociale; ciò detto l’art 27 Cost. appare un fondamento maggiormente convincente, seppur il coinvolgimento indiretto dell’art 2 sia fuor di dubbio.

La Corte Costituzionale senza discutere la rilevanza del principio di retroattività favorevole, ritiene che l’adeguamento rispetto alle sentenze della Corte Edu debba essere subordinato e preceduto da una valutazione di conformità dell’ordinamento complessivamente considerato. Gli stati devono poter adattare gli approdi giurisprudenziali ed interpretativi della Corte di Strasburgo, ai valori e principi fondamentali dell’ordinamento nazionale. La Consulta ritiene che il principio sia derogabile, e trovi dei limiti all’esito di un’attività di bilanciamento con altri principi parimenti meritevoli di tutela per l’ordinamento. Tale ricostruzione giuridica trova conferma anche nella sentenza Scoppola, che qualifica il principio come derogabile da parte degli stati, in ragione di principi e valori riconosciuti dai rispettivi ordinamenti. Nel nostro ordinamento la certezza dei rapporti giuridici e la stabilità del giudicato, fungono da limiti legittimi in grado di comprimere il principio di retroattività favorevole; per cui la presenza di un accertamento irrevocabile impedisce un’applicazione retroattiva seppur migliorativa per il reo.

Il comma 4 dell’art 2 c.p. individua nel giudicato un esplicito limite all’applicazione retroattiva di norme migliorative, al contrario il giudicato e gli effetti penali vengono meno se la norma successiva è abrogatrice.  Negli ultimi anni si sta assistendo ad una costante perdita di irrevocabilità del giudicato, in virtù di abrogazioni o dichiarazioni d’incostituzionalità. Preliminarmente, occorre precisare che la formulazione letterale “leggi posteriori”, presente nell’art 2 comma 4 c.p., non si riferisce esclusivamente alle norme incriminatrici, ma a tutte le disposizioni riguardanti la condizione del reo e il sistema sanzionatorio, di conseguenza sono comprese sia norme sostanziali che processuali. Il discrimine fondamentale circa il superamento o meno del giudicato, consiste nell’individuare la differenza tra abolitio criminis e abrogatio sine abolitione; non tutte le norme successive che modificano in meius sono abrogatrici, può verificarsi un’abrogazione parziale o l’applicazione di una fattispecie incriminatrice generica. Ci sono molteplici tesi e riflessioni dottrinali per accertare se una successione favorevole di norme abbia efficacia totalmente abrogatrice, o al contrario si limiti ad una modifica favorevole ex art 2 comma 4 c.p.

In un primo momento si sosteneva la teoria della doppia punibilità in concreto, che verificava la punibilità della condotta applicando le norme in questione, quella successiva e quella anteriore. Tale tesi non convinceva, sviliva il dato legislativo incentrando la valutazione unicamente sulle specifiche caratteristiche del caso concreto, ciò conduceva ad un’applicazione troppo casistica e non uniforme delle leggi penali. Anche la tesi di chi riteneva necessario un confronto valoriale rispetto al bene leso dalle norme succedutesi, non era esente da critiche. La tesi maggiormente convincente e condivisa anche dalla giurisprudenza, si basa sul rapporto genere/specie tra le norme in questione, mediante un confronto in astratto delle strutture normative, e non unicamente basato sul caso concreto. I giudici di legittimità nella sentenza Giordano ribadiscono che le norme riguardanti il fenomeno successorio debbano essere confrontate in termini di astrattezza, verificando la presenza di un rapporto genere/specie; tuttavia non sembra potersi escludere del tutto un raffronto valoriale in termini di interessi tutelati dalle singole norme.

Analizzate le modalità attraverso le quali individuare il limite tra un fenomeno abrogativo ed una semplice modifica normativa, bisogna comprendere come si identifichi la norma maggiormente favorevole per il reo. Anche in questa circostanza la dottrina ha sviluppato molte riflessioni, tutte meritevoli d’interesse ma una più di tutte appare convincente. La norma più favorevole per il reo viene identificata in relazione alla pena che il giudice intende irrogare, se più propensa al minimo o al massimo edittale; non convincono le riflessioni basate unicamente sull’entità del massimo edittale, né le argomentazioni focalizzate esclusivamente sulla punibilità del caso concreto.

Un’ipotesi specifica in cui l’efficacia della legge penale nel tempo ricopre un ruolo dirimente, oggetto anche di molteplici riflessioni da parte di dottrina e giurisprudenza, è il caso dei reati ad evento differito. Una modifica legislativa in peius nell’arco temporale tra condotta ed evento, genera dubbi su quale sia la normativa d’applicare, la giurisprudenza ritiene che si debba applicare la normativa vigente al tempo della condotta. Tale soluzione è conforme: al principio di colpevolezza, di prevedibilità e di personalità della responsabilità penale; è nel momento della condotta che il reo assume un comportamento antigiuridico valutando le conseguenze penali in relazioni alla disciplina vigente.

Alla luce delle considerazioni svolte è chiaro che la successione di leggi penali nel tempo assume un ruolo fondamentale nell’ordinamento, non solo in termini giuridici ma anche sociali. Mediante l’interpretazione della disciplina contenuta nell’art 2 c.p. è possibile determinare gli effetti prodotti dalla sopravvenienza di una norma favorevole, distinguendo l’abolitio criminis dall’abrogatio sine abolitione. I principi d’irretroattività della legge penale sfavorevole e d’applicazione retroattiva di norme favorevoli hanno differente forza giuridica, ciò è giustificato da un bilanciamento con altri principi fondamentali, ma soprattutto dalla mancanza di un esplicito fondamento costituzionale.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Pasquale Barile

Latest posts by Pasquale Barile (see all)

Articoli inerenti