Evoluzione della tutela del promissario acquirente nel contratto preliminare

Evoluzione della tutela del promissario acquirente nel contratto preliminare

Il contratto preliminare costituisce senza dubbio il più rilevante tra i negozi preparatori, a cui si fa ricorso principalmente in vista della conclusione di un contratto definitivo ad effetti reali, specialmente in materia immobiliare.

Nel corso degli anni, tuttavia, il modo di intendere tale tipologia contrattuale è profondamente mutato: inizialmente e per molto tempo, infatti, la sequenza ‘preliminare-definitivo’ è stata intesa quasi come un “unicum”, in quanto non si attribuiva autonoma rilevanza al contratto definitivo successivamente stipulato, ritenendo quest’ultimo un atto non negoziale, bensì doveroso, con causa solutoria, ossia finalizzato al mero adempimento dell’obbligazione a contrarre, scaturente dal contratto preliminare. Come inevitabile precipitato di tale impostazione, si riteneva che ogni vizio del preliminare si riverberasse immancabilmente sul contratto definitivo, a meno che quest’ultimo non si configurasse come occasione di convalida del primo.

Ad oggi, tuttavia, la concezione del contratto preliminare è radicalmente mutata ed esso è più correttamente considerato quale strumento di gestione delle sopravvenienze, come di recente evidenziato dalle S.U. le quali, nel ritenere ammissibile la stipula di un pre-preliminare, hanno tuttavia precisato che requisito di validità della “duplicazione” dei preliminari è la progressiva integrazione del regolamento negoziale alla luce delle sopravvenienze medio tempore intervenute, dovendo in altri termini il pre-preliminare (o preliminare aperto) e il c.d. preliminare chiuso presentare necessariamente una diversità contenutistica.

Si riconosce inoltre al contratto definitivo una piena autonomia sia strutturale che funzionale rispetto al contratto preliminare, con la conseguenza che i vizi di quest’ultimo andranno ora ad inficiare la validità del primo solo nel caso in cui la parte sia incorsa in un errore di diritto che abbia inficiato il processo di formazione della sua volontà, ossia quando essa abbia prestato il consenso alla conclusione del definitivo solo perché erroneamente convinta di esservi obbligata in forza del preliminare stipulato.

La mutata concezione della funzione assolta dal contratto preliminare nonché il diverso modo di intendere la sequenza ‘preliminare-definitivo’ ha inevitabilmente prodotto dei risvolti anche sul piano degli strumenti di tutela a disposizione del promissario acquirente, considerato la parte debole del rapporto contrattuale: se l’effetto del pre-preliminare è quello di contrattualizzare la responsabilità precontrattuale, ossia di far sorgere un vero e proprio obbligo di contrattare secondo buona fede e correttezza (art. 1337 cc), la cui violazione configura una responsabilità non più aquiliana bensì contrattuale, con tutto ciò che ne consegue in termini di disciplina (artt. 1218 e ss. cc), la conclusione del contratto preliminare determina invece la nascita di un obbligo di contrarre, ossia di prestare il successivo consenso alla stipula del contratto definitivo. In caso di inadempimento dell’obbligo suddetto da parte del promittente venditore, gli strumenti di tutela originariamente azionabili dal promissario acquirente erano esclusivamente la risoluzione per inadempimento (e risarcimento del danno) oppure la domanda giudiziale finalizzata ad ottenere la sentenza di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc, a seconda che il promissario acquirente decida di sciogliersi dal vincolo contrattuale o di costringere il promittente venditore a dare esecuzione al preliminare, alternativa, quest’ultima, che è tuttavia percorribile solo a condizione che il regolamento negoziale delineato dalle parti nel preliminare sia completo, non potendo altrimenti il giudice sostituirsi alle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale.

Solo in un secondo momento si è invece ritenuto opportuno estendere anche alle ipotesi di c.d. preliminare “puro” l’azionabilità di rimedi ulteriori, inizialmente previsti solo nei casi di stipula di un c.d. preliminare a effetti anticipati, nel quale, cioè, già prima della conclusione del contratto definitivo le parti si obbligano alla consegna del bene oggetto della pattuizione nonché al pagamento del prezzo, integrale o parziale, mentre alla stipula del definitivo è rimandato il prodursi del vero e proprio effetto traslativo del diritto di proprietà. In tali casi, infatti, il promissario acquirente disponeva di rimedi ulteriori a sua tutela, quali la possibilità di pretendere, a spese del promittente venditore, la rimozione dei vizi da cui il bene oggetto del contratto fosse risultato affetto, o, in alternativa, la possibilità di ottenere una riduzione del prezzo precedentemente pattuito.

La decisione di estendere l’operatività di questi rimedi ulteriori anche alle ipotesi classiche di contratto preliminare è strettamente legata alla diversa funzione che ad oggi viene allo stesso  riconosciuta, tanto da arrivare a ritenerlo produttivo non solo dell’obbligo di contrarre, ossia di prestare il consenso per la conclusione del definitivo, ma anche dell’obbligo, per il promittente venditore, di attivarsi al fine di compiere tutto ciò che è necessario per garantire che, al momento opportuno, la prestazione venga eseguita con le stesse caratteristiche previste e pattuite al momento della stipula del preliminare: quest’ultimo obbligo risulterebbe dunque violato ove il bene oggetto del preliminare risultasse gravato da vincoli di espropriabilità o da garanzie reali, oppure ove si rivelasse affetto da vizi materiali o da difetti di qualità, il che spiega la necessità di consentire al promissario acquirente di pretendere la rimozione di tali vizi o quantomeno la riduzione del prezzo originariamente pattuito.

Occorre peraltro evidenziare un importante intervento normativo, avvenuto con d.lgs. 122/2005: in tale occasione il legislatore ha voluto fornire un particolare mezzo di tutela al promissario acquirente in relazione ad una specifica ipotesi di preliminare, ossia quello preordinato alla vendita di un immobile in corso di costruzione o da costruire (con la precisazione che, in quest’ultimo caso, si fa riferimento ad una fase ricompresa tra la richiesta del permesso di costruire e il rilascio del certificato di agibilità). In tali casi si è soliti ricorrere al preliminare ad effetti anticipati, in quanto maggiormente in linea con le peculiarità del caso: nel lasso di tempo intercorrente tra la produzione degli effetti obbligatori e il prodursi dell’effetto reale, infatti, si assiste all’avanzamento dei lavori e al parallelo versamento di tranches di pagamento del prezzo pattuito. Ebbene, in casi siffatti il rischio a cui il promissario acquirente è particolarmente esposto consiste nella situazione di crisi nella quale dovesse venire a trovarsi il venditore/costruttore dopo la conclusione del preliminare (pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento o dello stato di insolvenza, o del provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa, o presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, o trascrizione del pignoramento relativo all’immobile in questione), con la conseguenza che il promissario acquirente potrebbe non conseguire mai l’immobile ultimato, pur a fronte di un corrispettivo almeno parzialmente già versato. Ecco allora che il legislatore pone in capo al promittente venditore/costruttore l’obbligo di allegare all’atto della stipula del preliminare, a pena di nullità dello stesso, una fideiussione: la situazione di crisi che dovesse colpire il promittente alienante rende automaticamente legittimo il recesso del promissario acquirente dal preliminare e la fideiussione è finalizzata a garantire a quest’ultimo il recupero delle somme già corrisposte. Si precisa, inoltre, che in caso di mancanza della fideiussione obbligatoria il preliminare è affetto da nullità relativa, dal momento che la stessa può essere fatta valere esclusivamente dal promissario acquirente.

Un significativo rafforzamento della tutela di quest’ultimo si è poi ottenuto a partire dal 1996, quando è stata prevista la trascrivibilità del contratto preliminare, fino a quel momento esclusa. Inizialmente, infatti, l’unica possibilità che il promissario acquirente aveva di tutelarsi a fronte di eventuali alienazioni a terzi del bene oggetto della pattuizione preliminare era quella di procedere alla trascrizione della domanda giudiziale volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc, ogniqualvolta il promittente venditore si fosse rifiutato di prestare il consenso per la conclusione del definitivo.

Tale trascrizione ha infatti efficacia prenotativa e dunque consente al promissario acquirente di prevalere rispetto ai terzi aventi causa del promittente alienante che abbiano trascritto il loro acquisto dopo la trascrizione della domanda giudiziale e questo anche se la sentenza costitutiva ex art. 2932 cc dovesse intervenire, ed essere a sua volta trascritta, in data successiva alla trascrizione dell’acquisto da parte del terzo, proprio grazie al fatto che gli effetti da essa prodotti retroagiscono alla data di trascrizione della domanda giudiziale.

Occorre inoltre prendere in considerazione l’ipotesi di sopravvenuto fallimento del promittente venditore, in un momento successivo alla stipula del preliminare: qualora quest’ultimo sia rimasto ineseguito, il curatore fallimentare viene ad avere, ai sensi dell’art. 72 l. fall., il potere di recedere dal contratto in questione. Tale potere è esercitabile anche nel corso del giudizio, ancora pendente, che dovesse essere stato instaurato dal promissario acquirente tramite proposizione della domanda giudiziale, finalizzata ad ottenere l’esecuzione in forma specifica del preliminare, ex art. 2932 cc: a riguardo si evidenzia tuttavia, come di recente ribadito dalla Corte di Cassazione, che l’esercizio del potere di recesso da parte del curatore rimane precluso nel caso in cui il promissario acquirente abbia trascritto la domanda giudiziale anteriormente all’iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese, e sempre che si giunga, ovviamente, a sentenza di accoglimento, grazie al retroagire degli effetti di quest’ultima.

Ad oggi la tutela del promissario acquirente risulta ancora più efficace rispetto al passato grazie all’introdotta possibilità di trascrizione dello stesso contratto preliminare, quando preordinato alla conclusione di una vendita di immobili oppure di un contratto costitutivo, modificativo o traslativo di diritti reali su beni immobili, anche in corso di costruzione o da costruire (art. 2645- bis  cc): tale trascrizione ha, anche in questo caso, l’efficacia prenotativa sopra descritta, a condizione però che sia seguita, entro un anno dalla data fissata per la stipula del definitivo o entro tre anni dalla conclusione del preliminare, dalla trascrizione del contratto definitivo, o della sentenza costitutiva ex art. 2932 cc, o di altro atto ad effetti reali, idoneo a dare attuazione al preliminare. Ai fini della produzione della suddetta efficacia prenotativa, infine, è richiesta un’ulteriore condizione, ossia la corrispondenza oggettiva e soggettiva tra il contenuto del preliminare e il contenuto del definitivo.

La trascrizione del contratto preliminare garantisce altresì la prevalenza del promissario acquirente rispetto ai creditori del promittente venditore che abbiano iscritto i propri atti di pignoramento dopo la trascrizione del preliminare: gli effetti della sentenza costitutiva ex art. 2932 cc, infatti, anche ove intervenuta dopo l’iscrizione degli atti di pignoramento, retroagiscono alla data di trascrizione del preliminare e sono pertanto opponibili ai creditori.

L’importanza della trascrizione del preliminare, pertanto, è dovuta al fatto che assicura al promissario acquirente una tutela reale nei confronti di soggetti terzi, estranei al rapporto contrattuale, consentendogli di far salvo l’acquisto del bene oggetto del preliminare stesso.

Va tuttavia precisato che in alcuni casi il promissario acquirente potrebbe non essere interessato ad una tutela di tipo reale, preferendo piuttosto all’esecuzione del preliminare la risoluzione dello stesso, il risarcimento del danno nonché il recupero delle somme già corrisposte. A riguardo preme evidenziare che, anche in questo caso, egli non rimarrebbe sprovvisto di adeguata tutela, essendo i suoi crediti assistiti dal privilegio speciale immobiliare di cui all’art. 2775-bis cc: tale norma prevede infatti che, in caso di mancata esecuzione di un preliminare, trascritto ai sensi del 2645-bis, il credito del promissario acquirente sia assistito da tale privilegio, gravante sull’immobile oggetto della pattuizione. Si tratta di un’ipotesi peculiare di privilegio che sorge, per espressa previsione di legge, al momento della trascrizione del contratto preliminare e che quindi non è ricollegato, come solitamente accade, alla particolare importanza ricoperta dal rapporto obbligatorio, fonte del credito garantito, nel nostro ordinamento. Proprio in ragione di tale peculiarità si parla anche di privilegio iscrizionale, il quale, analogamente a quanto accade per l’ipoteca, si caratterizza per la scissione tra il titolus (la legge) e il modus adquirendi (l’atto di trascrizione del preliminare), configurando quindi una fattispecie a formazione progressiva. Quanto ai rapporti tra le due tipologie di garanzie reali si evidenzia che, nel caso in cui l’immobile oggetto di preliminare risultasse gravato sia da privilegio speciale immobiliare, a tutela del credito del promissario acquirente, sia da ipoteca, a garanzia dei crediti vantati nei confronti del promittente venditore, il conflitto tra esse non potrebbe essere risolto, per ragioni di giustizia sostanziale, in base alla classica regola che sancisce la generale prevalenza dei privilegi speciali immobiliari sulle ipoteche, ma che la risoluzione dello stesso debba piuttosto essere affidata al criterio cronologico, con la conseguenza che prevarrà la garanzia trascritta o iscritta per prima.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Serena Fiorentini

Laureata presso La Sapienza, Università di Roma, voto 110/110 e lode, con tesi in Procedura penale, dal titolo "La prova decisiva" (Relatore Prof. Alfredo Gaito). Successivamente ha svolto con esito positivo il tirocinio presso gli uffici giudiziari (marzo 2016- settembre 2017) presso il Tribunale di Civitavecchia, sezione penale. Ha frequentato i corsi di alta formazione giuridica "Lexfor" (2016-2017) e "Jusforyou" (2017-2018).

Articoli inerenti

La riforma Cartabia: le principali novità del nuovo processo civile dal tribunale al procedimento semplificato di cognizione (ex 702 bis c.p.c.)

La riforma Cartabia: le principali novità del nuovo processo civile dal tribunale al procedimento semplificato di cognizione (ex 702 bis c.p.c.)

I tempi dell’entrata in vigore Dal 1° gennaio 2023, l’udienza cartolare può essere disposta sempre dal Magistrato, ad esclusione di quella che...