Furto al supermercato

Furto al supermercato

Sommario: 1. Spiegazione dei fatti umani che hanno originato il giudizio o il problema – 1.1 Qualificazione giuridica della condotta furtiva e consumazione del reato – orientamenti a confronto – 2. Brevissima sintesi dell’esito dei processi – 3. Contrapposte tesi di diritto dell’attore e del convenuto – 4. Provvedimento del giudice o autorità competente – 4.1 Analisi dell’esclusioni delle aggravanti, in particolare dell’aggravante della destrezza – 5. Massima della sentenza e sanzione irrogabile/in concreto irrogata – 6. Conclusioni

1. Spiegazione dei fatti umani che hanno originato il giudizio o il problema

Capita spesso di assistere personalmente ad un furto al supermercato o di sentire la notizia al telegiornale.

Persone spinte dalle ragioni più varie, come la povertà, rubano o tentano di rubare oggetti di piccolo valore come per esempio prodotti alimentari, prodotti per l’igiene personale o per l’igiene della casa.

Ciò è accaduto ad uomo che, insieme al suo complice, era stato fermato alle casse di un supermercato, essendo stato trovato in possesso di generi alimentari e prodotti per l’igiene, occultati nelle tasche e nei calzini.

1.1. Qualificazione giuridica della condotta furtiva e consumazione del reato – orientamenti a confronto

Il reato di furto è disciplinato dall’art. 624 c.p. ed è punibile o a querela della persona offesa, e quindi l’azione penale è esercitata dal proprietario o dal responsabile del punto vendita o d’ufficio se ricorrono le circostanze di cui agli artt. 61, numero 7 e 625 c.p. ossia se si cagiona alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità o ricorrono altre circostanze aggravanti. In questi ultimi casi, l’azione penale viene avviata automaticamente nel momento in cui giunge all’autorità giudiziaria la notizia del crimine.

Con la sentenza n. 52117/2014, le Sezioni Unite hanno risolto un intenso contrasto giurisprudenziale circa la qualificazione giuridica della condotta furtiva consistente nel prelievo di merce dai banchi di un supermercato e nel successivo occultamento della refurtiva al passaggio davanti al cassiere, il tutto sotto la sorveglianza del personale della vigilanza che è intervenuta solo dopo il passaggio dalle casse. I giudici hanno ritenuto che in questo caso si è in presenza di un furto solo tentato e non consumato, come invece sostenuto dal contrario orientamento. Per la Cassazione, il monitoraggio dell’azione furtiva e il successivo intervento da parte della vigilanza, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonomia e l’effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla vigilanza e dal controllo diretto del responsabile del supermercato.

Questo orientamento, fatto proprio dalla Corte di Cassazione, si contrappone all’altro minoritario, secondo cui l’occultamento del bene rappresenta non solo la concretizzazione della volontà di sottrarlo illecitamente ma anche una modalità che sorprenda o soverchi, con l’insidia, la contraria volontà del detentore, violando le difese apprestate dalla vittima.

Inoltre, per tale fattispecie di furto trova applicazione l’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. inerente alla particolare tenuità del fatto. Se ne ricorrono i presupposti, è possibile escludere la punibilità del soggetto se l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Ad esempio, con la sentenza n. 44092/2016, la Corte di Cassazione ha considerato non punibile il furto al supermercato di due salami, in considerazione “del modesto valore economico della merce sottratta, delle modalità della condotta, di ridotto allarme sociale, della mancata configurabilità di qualsiasi aggravante e del grado dell’elemento soggettivo del reato, di non rilevante intensità”.

Infine, come precisato dalla Corte di Cassazione nelle sentenza n. 10094/2018 per avere la possibilità di configurazione di un furto attenuato, è richiesta sempre la prova che il bisogno non potesse essere soddisfatto con mezzi leciti.

2. Brevissima sintesi dell’esito dei processi

In primo grado, l’imputato era stato condannato per il reato di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 4 e 7 c.p. per tentativo di furto in supermercato avvenuto in Aprile 2009.

In secondo grado, i Giudici di Appello di Reggio Calabria confermano la decisione di primo grado.

L’imputato allora decide di ricorrere per Cassazione.

3. Contrapposte tesi di diritto dell’attore e del convenuto

Avverso la decisione di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso e ha lamentato vari motivi:

– Con il primo motivo l’errata applicazione della norma incriminatrice di cui all’art. 624, 625 n. 7 c.p. e vizio di motivazione poiché la decisione aveva considerato integrata l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede pur in presenza di un efficace sistema di controllo, articolato dal servizio di vigilanza privato e nella videosorveglianza.

– Nel secondo motivo è stata invece dedotta l’errata applicazione della norma sull’aggravante della destrezza ex art. 625 n. 4 c.p., poiché la Corte d’Appello avrebbe dato atto di una particolare abilità dell’agente nell’occultare la merce sulla propria persona, valutazione priva di ogni supporto probatorio, in quanto il gesto sarebbe avvenuto addirittura in maniera goffa ed avrebbe attirato l’attenzione delle guardie private.

– Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto il mancato riconoscimento dell’esimente dello stato di necessità, trattandosi di generi alimentari.

– Con il quinto ed ultimo motivo, il ricorrente ha invocato l’applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.

Nel caso di specie, i giudici d’Appello non hanno riscontrato una situazione di fatto in cui sia potuta emergere una speciale abilità dell’imputato nella condotta di sottrazione della merce rubata o nel distogliere il personale vigilante dal loro effettivo dovere.

4. Provvedimento del giudice o autorità competente

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado impugnata.

4.1 Analisi dell’esclusioni delle aggravanti, in particolare dell’aggravante della destrezza

In particolare la Corte ha ritenuto fondato il primo motivo, in quanto la sentenza di primo grado circa l’esclusione delle aggravanti di cui all’art. 625 n. 4 e 7 c.p. ha risposto solo in merito alla prima e non alla seconda, creando così un vizio di omessa motivazione relativa alla seconda aggravante.

Inoltre, rispetto al secondo motivo, si è richiamata la prevalente giurisprudenza della Corte, che richiede, ai fini dell’integrazione del reato, che il comportamento dell’agente si estrinsechi in qualcosa di più rispetto all’ordinaria condotta diretta alla sottrazione-impossessamento del bene (Corte di Cass. sez. 5, sent. n. 26560 del 16.03.2011). L’aggravante della destrezza si può configurare solo nel caso in cui il soggetto pone in essere delle condotte caratterizzate da una particolare abilità nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa.

5. Massima della sentenza e sanzione irrogabile/in concreto irrogata

In tema di furto aggravato, l’aggravante della destrezza è configurabile in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa.

L’art. 624 c.p. prevede per chi commette un furto una sanzione che consiste nella reclusione da 6 mesi a 3 anni e da una multa da 154 € a 516 €. Per far scattare tale sanzione, però, è necessario che il reato sia stato consumato, e quindi non basta che il taccheggiatore venga scoperto dalla vigilanza mentre nasconde la refurtiva sotto i vestiti, ma è necessario che questo riesca a superare le casse.

Per il tentato furto, invece, la pena è ridotta da un terzo a due terzi, quindi minimo 4 mesi e massimo 2 anni di reclusione, più una sanzione economica che non supera i 400 €.

Per tutti questi motivi, i Giudici della Corte di Cassazione annullano la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per un nuovo esame (cfr. Corte di Cassazione, Sezione V penale, sentenza 27 settembre 2016, n. 40262).

6. Conclusioni

Il chiarimento della Corte di Cassazione in merito alla distinzione tra furto tentato e furto consumato è stato molto utile in quanto esisteva in giurisprudenza molta confusione sull’argomento. Tali specificazioni, così come analizzate in questo articolo, hanno permesso di creare una disciplina uniforme con una corretta rideterminazione del trattamento sanzionatorio.


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