Giudicare alla carlona

Giudicare alla carlona

Premessa. Gli attacchi che la Magistratura sta subendo di recente sono del tutto privi di riguardo, in quanto basati esclusivamente su conclusioni partorite in modo affrettato ad opera dell’aristocrazia al potere.

Non va dimenticato, però, che gli sciamannati s’annidano finanche tra le toghe, tanto presso le sezioni civili quanto in seno a quelle penali (ed alle Procure): ne è la chiara testimonianza l’infausta vicenda che ha veduto protagonista uno sventurato anzianotto, trovatosi di colpo in stato di segregazione rispetto agli altri consociati…soltanto per la sua presunta «prodigalità».

Nelle righe seguenti si ripercorrerà il percorso, piuttosto tortuoso, culminato con una salvifica pronunzia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La vicenda[1]. Nel duemiladiciassette, Lorena, sorella dell’anziano Mario, ha instaurato, innanzi al Tribunale competente, in funzione di Giudice Tutelare (d’ora in avanti, per brevità, anche solo G.T.), un procedimento teso alla nomina di un amministratore di sostegno per il fratello: costui, sebbene fosse perfettamente in grado di attendere alle proprie funzioni quotidiane, conduceva uno stile di vita suscettibile di porre a serio repentaglio la sua stabilità economica[2].

All’esito della procedura, il G.T., sulla scia delle risultanze istruttorie, ha constatato l’effettiva prodigalità di Mario, pertanto ha nominato, con apposito decreto, un amministratore di sostegno affinché prendesse le redini del di lui patrimonio.

Nel duemilaventi, a seguito di un’ulteriore provvedimento giudiziale – emesso in virtù dell’apparente peggioramento delle condizioni in cui versava Mario[3] -, l’anziano signore è stato collocato presso una struttura residenziale e, contestualmente, i poteri originariamente conferiti all’amministratore di sostegno sono stati estesi.

Detto provvedimento, tuttavia, è stato emesso senza minimamente premurarsi delle effettive abilità di Mario, né tantomeno della sua volontà di far rientro a casa propria: tale circostanza ha indotto la troupe del programma televisivo «Le Iene» a mandare in onda un servizio ad hoc, nel quale si poneva in dubbio la legittimità delle misure applicate ab judice.

E il Magistrato…cos’ha fatto? Mosso da uno sfrenato delirio di onnipotenza, ha dimenticato di soggiacere alla Legge, dunque ha precluso all’anziano qualsiasi contatto con l’esterno, eccetto il Sindaco del luogo in cui sorgeva la struttura.

La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Dopo una serie di peripezie, che hanno visto avvicendarsi diversi amministratori di sostegno, la questione è stata rimessa alla Corte di Strasburgo, la quale ha inflitto una condanna (più che giusta) all’Italia[4]: il comportamento del Giudice e dell’amministratore da lui nominato configura un’evidente violazione del combinato disposto degli articoli 5 ed 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), i quali statuiscono, rispettivamente, che ogni persona ha pieno diritto alla libertà ed alla sicurezza, salvo in ipotesi tassative previste dalla CEDU stessa e nei casi contemplati dal Legislatore, e che – ed è questo ciò che maggiormente rileva in questa sede – «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».

In altri termini, il consesso alsaziano ha ravvisato un’evidente ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata di Mario: nonostante l’apparente intento di assicurargli protezione, s’è finito con il precludergli, de facto, il godimento dei diritti essenziali – primo fra tutti quello all’autodeterminazione -, senza che ricorresse alcuna delle ipotesi di cui all’art. 8 CEDU. Inoltre – cosa alquanto grave -, non s’è provveduto a constatare se le facoltà mentali di Mario fossero realmente compromesse, né tantomeno si è valutata approfonditamente la possibilità di applicare misure tese a fargli mantenere il più possibile le relazioni sociali.

Questo gratuito sconfinamento nell’arbitrarietà ha dato luogo, a modesto parere di chi scrive, ad una condanna (senz’altro evitabile) che compromette duramente l’immagine della nostra Repubblica, già teatro di molteplici problematiche rimaste irrisolte da lustri.

 

 

 

 

 


[1] Nel corpus del presente scritto si ricorrerà esclusivamente a nomi di fantasia, dacché non s’intende ledere minimamente il diritto alla riservatezza dei soggetti interessati.
[2] Per designare comportamenti siffatti, il Legislatore ricorre al termine «prodigalità», tale da intendersi il vezzo di sperperare il danaro, non prendendone in seria considerazione il valore.
[3] Nello specifico, Mario non aveva più il Medico di Famiglia né il libretto anagrafico.
Inoltre, a quanto consta dal testo della sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo, egli sarebbe stato sottoposto a procedimento penale per essersi spinto un tantino oltre nel relazionarsi alla propria caregiver.
[4] Ricorso n. 46412/21. La pronunzia è consultabile, in traduzione italiana non ufficiale, al seguente link: https://www.lecconews.news/wp/wp-content/uploads/2023/07/sentenza-cedu-CALVI-E-C.G.-1.pdf.
Per una puntuale illustrazione di tale pronunzia, v. M. CAS., Il sostegno non cancella la volontà del disabile, pubblicato su Il Sole 24 Ore, edizione di venerdì 7 luglio 2023 – N. 185.

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Adriano Javier Spagnuolo Vigorita

Laureato in giurisprudenza con una tesi sulla natura giuridica dei rapporti di lavoro secondo la disciplina del Jobs Act (relatore il prof. Francesco Santoni), Adriano Spagnuolo Vigorita (noto anche con il soprannome di "Javier") ha iniziato il suo percorso forense in seno ad un rinomato studio legale napoletano, ove ha sviluppato le proprie capacità di ricerca e, contestualmente, incrementato le conoscenze giuridiche acquisite, con particolare riguardo al diritto civile e del lavoro. Si occupa attualmente della cura di liti giudiziali e stragiudiziali nelle cennate materie e, dal 20 gennaio 2022, è pienamente abilitato all'esercizio dell'avvocatura, professione dei suoi avi. Parla fluentemente l'inglese ed il tedesco, appresi durante le sue numerose esperienze all'estero, ed è in grado di comprendere la lingua spagnola.

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