I correttivi al “pasticcio” prescrizione: l’improcedibilità dell’azione penale

I correttivi al “pasticcio” prescrizione: l’improcedibilità dell’azione penale

In materia penale, il decorso del tempo viene in rilievo ai fini della perseguibilità/punibilità dei reati; in particolare, l’art. 157, co. 1, c.p. stabilisce “la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro se si tratta di contravvenzione […]”.

Ebbene, su questo istituto negli anni si sono susseguite diverse riforme, interessanti nello specifico l’istituto della sospensione del corso della prescrizione ex art. 159 c.p., in ossequio ad una politica criminale repressiva.

Con L. 103/2017, c.d. riforma Orlando, il legislatore, per l’istituto della prescrizione, introdusse una nuova ipotesi di sospensione: il termine di prescrizione a seguito di sentenza di condanna veniva sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi; ugualmente dopo la sentenza  di conferma o di riforma non comportante l’assoluzione, il decorso della prescrizione veniva sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque per un tempo non superiore a 1 anno e 6 mesi.

Inoltre, in caso di assoluzione in secondo grado ovvero di annullamento della sentenza relativamente all’accertamento della responsabilità o dichiarazione di nullità ex art.604 c.p.p., si prevedeva che i periodi di sospensione venissero ricomputati ai fini del calcolo della prescrizione.

Successivamente, il legislatore – con la c.d. riforma Bonafede, le cui disposizioni contenute nella L. n.3 /2019, c.d. “Spazzacorrotti” – sostanzialmente “blocca” il decorso della prescrizione dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto penale di condanna.

Ebbene, se con la riforma Orlando si ancorava la sospensione del corso della prescrizione alla pronuncia di una sentenza di condanna, con la riforma Bonafede il corso della prescrizione resta sospeso anche in caso di sentenza di assoluzione.

Le critiche maggiori a tali riforme sono riassumibili in due considerazioni: la riforma Orlando crea una disparità di trattamento tra i condannati in primo grado per cui il corso della prescrizione viene sospeso e gli imputati assolti in primo grado per cui la prescrizione continuava a decorrere; la riforma Bonafede invece sostanzialmente non risolve la problematica dei tempi troppo lunghi dei processi ma rischia di aumentarli, aumentando contestualmente il carico giudiziario.

Se l’istituto della prescrizione ha natura sostanziale, con la recentissima L. 27 settembre 2021 n.134, c.d. riforma Cartabia, di riforma del codice penale e del codice di procedura penale, viene introdotto l’istituto dell’improcedibilità dell’azione penale quale correttivo alla non operatività della prescrizione nei giudizi di impugnazione.

Il neo introdotto art. 344-bis c.p.p. stabilisce “1. La mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale. 2. La mancata definizione del giudizio di cassazione entro il termine di un anno costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale. […]”, termini prorogabili, in presenza di determinate condizioni, per un periodo non superiore ad un anno per il giudizio di appello e di 6 mesi per il giudizio di Cassazione (articolo inserito con decorrenza dal 19 ottobre 2021).

Tale istituto troverà applicazione per i soli giudizi di impugnazione aventi ad oggetto reati commessi a far data dal 1 gennaio 2020 (n.b. data di entrata in vigore della riforma Bonafede); inoltre, se alla data di decorrenza, 19 ottobre 2021, sono già pervenuti al giudice dell’impugnazione gli atti trasmessi ai sensi dell’art. 590 c.p.p.- “Trasmissione di atti in seguito all’impugnazione” – i termini di cui ai primi due commi decorrono dal 19.10.2021.

Per le impugnazioni proposte entro il 31 dicembre 2024, i termini di cui ai primi due commi dell’art. 344-bis c.p.p. sono, rispettivamente, di 3 anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per giudizio innanzi alla Corte di Cassazione.

Orbene, come si nota anche dalla disciplina transitoria tale normativa viene prevista in funzione di correttivo all’operatività della prescrizione come rimodulata negli ultimi anni; globalmente la riforma mira ad intervenire sui tempi dei processi penali anche a fronte delle condizioni poste dall’Unione Europea per l’accesso a determinati fondi.

Analizzando la nuova disciplina, la quale parrebbe introdurre una sorta di prescrizione processuale, si individuano due segmenti: un primo relativo alla prescrizione del reato (prescrizione sostanziale) che inizia con la consumazione del reato e cessa con la sentenza di primo grado ed un secondo, che attiene alla durata del giudizio di impugnazione ancorata ai termini suindicati, introducendosi per tale via, secondo alcuni, un istituto di natura processuale che in base al principio tempus regit actum dovrebbe applicarsi anche ai procedimenti per fatti commessi prima del 1 gennaio 2020 quindi, applicabili a tutti i giudizi di impugnazione a prescindere dalla data di commissione del reato [1].

Interessante, inoltre, risulta il co. 4 dell’art.344-bis c.p.p. il quale prevede che il Giudice dell’impugnazione possa prorogare i termini previsti dai primi due commi, con ordinanza motivata ed la possibilità di ulteriori proroghe per alcune categorie di reati.

L’istituto della proroga viene ben ricostruito dalla Relazione dell’Ufficio del Massimario dalla quale si evince un triplice regime: “Il regime della proroga non è unitario, essendo state enucleate tre ipotesi diverse che possono essere sintetizzate secondo lo schema seguente: 1. la previsione generale, applicabile a qualsivoglia ipotesi di reato, contempla una sola proroga, non superiore ad un anno in appello ed a sei mesi in cassazione; 2. ulteriori proroghe, della medesima durata e per le medesime ragioni, senza un limite temporale massimo, sono applicabili solo ai procedimenti per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, puniti con la reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni oppure nel massimo a 10 anni; per i delitti di cui agli artt. 270, terzo comma, cod. pen. e 306, secondo comma, cod. pen., per delitti di associazione mafiosa (art. 416-bis cod. pen.), di scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter cod. pen.), di violenza sessuale aggravata (art. 609-ter cod. pen.), di atti sessuali con minorenne (art. 609-quater cod. pen.), di violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies cod. pen.), di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, del d.P.R. n. 309 del 1990), nonché per i delitti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1, primo comma, cod. pen. 3. le proroghe non possono superare complessivamente tre anni nel giudizio di appello e un anno e sei mesi nel giudizio di cassazione, nel caso in cui si proceda per delitti aggravati dall’art. 416-bis.1 (la durata  massima, pertanto, sarà di 5 anni per la fase di appello e di 2 anni e sei mesi per la cassazione).”[2]

In tale relazione, si evidenzia che dalla mera lettura della norma emergono una pluralità di problematiche relative al parametro di valutazione al fine della concedibilità della proroga e la notevole diversità di regime tra i reati c.d. ordinari e per quelli ritenuti più gravi per cui le proroghe sono potenzialmente sine die.

Altre criticità vengono evidenziate da diversi autori, come per esempio il mancato coordinamento fra la fase anteriore al dibattimento, il giudizio di primo grado e il giudizio di impugnazione in riferimento ai termini di durata delle indagini, della custodia cautelare ecc.

Inoltre, ulteriori novità concernono il decreto penale di condanna che viene nuovamente inserito tra gli atti interruttivi della prescrizione di cui all’art.160 c.p.; la nuova previsione di cui all’art. 161-bis c.p. rubricato “Cessazione del corso della prescrizione” per cui “Il corso della prescrizione del reato cessa definitamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento”.

Alla luce di tale disposizione, appare evidente, inoltre che l’estinzione del reato per prescrizione non potrà più essere dichiarata nel giudizio di impugnazione.

Come si evidenzia nella relazione suindicata, diverso è il discorso relativamente all’improcedibilità dell’azione penale e, ci si è chiesti se il giudice dell’impugnazione possa o meno, una volta maturato il termine del giudizio di impugnazione, pronunciare il proscioglimento ai sensi dell’art. 129, co. 1, c.p.p.

Ebbene, tale disposizione non risulta interessata dalla riforma ed inoltre il quesito trova risposta negativa poiché dalla relazione si legge “con la scadenza del termine di durata del giudizio di impugnazione, viene sostanzialmente ad estinguersi la possibilità di proseguire l’azione penale e, dunque, si “consuma” lo stesso potere di decidere del giudizio sul merito dell’imputazione”.[3]

Sulla tematica si potrebbe disquisire maggiormente in relazione ad ulteriori profili per cui si rinvia alla relazione dell’Ufficio del Massimario in cui l’intera riforma viene analizzata minuziosamente.

Concludendo, a parere dello scrivente tale disciplina, nonostante soccorra in riferimento all’istituto della prescrizione a seguito della riforma Bonafede, ci si chiede se “l’improcedibilità” sia la via corretta per ridurre e migliorare i tempi della giustizia.

 

 

 

 

 

 


[1] “Tempo dell’oblio versus tempo del processo: la nuova improcedibilità” Ius in itinere  https://www.iuinitinere.iy/tempodelloblio-versus-tempo-del-processo-la-nuova-improcedibilità-40377/amp
[2] https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1636036817_relazione-massimario-cassazione-riforma-giustizia-penale-processo-legge-cartabia-134-2021.pdf  pag. 20-21
[3] https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1636036817_relazione-massimario-cassazione-riforma-giustizia-penale-processo-legge-cartabia-134-2021.pdf pag.14

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