I principi della digitalizzazione contrattuale

I principi della digitalizzazione contrattuale

L’art. 19 d.lgs. 36/2023 enuclea i “principi e diritti digitali” che informano la contrattualistica pubblica[1]. La disposizione rimarca come il corpus normativo de quo costituisca un Codice di principi: posta una “codificazione che per la prima volta è dichiaratamente costruita per principi”, attenta dottrina riconosce che “solo un sistema ordinato ed espresso di principi può evitare la paralisi contributiva[2]. A fortiori, la digitalizzazione impone una codificazione per principi, stante il rischio di obsolescenza derivante dall’incessante evoluzione tecnologica e la necessità di adeguatezza della normativa a tecnologie sempre nuove[3].

Il comma 1 dell’art. 19 richiama i principi cardine della digitalizzazione fondanti la cd. “cittadinanza digitale[4]: neutralità tecnologica[5], trasparenza[6], sicurezza informatica e protezione dei dati personali”.

Il comma 2, come precisato dalla Relazione illustrativa, sancisce il principio del “once only” nei rapporti tra amministrazioni, nonché tra queste e gli operatori economici, per cui non possono essere richiesti dati e informazioni già nella disponibilità della P.A. o che possono essere acquisiti mediante l’accesso a banche dati pubbliche. Trattasi di un assioma basilare della semplificazione amministrativa, concepito con l’art. 43 del d.P.R. 445/2000 e l’art. 18 della l. 241/1990, ma che potrà trovare effettiva attuazione solo a valle di una digitalizzazione completa del procedimento di appalto e dell’interoperabilità delle banche dati pubbliche.

Il terzo comma prevede che tutte le attività e i procedimenti relativi agli appalti devono svolgersi digitalmente mediante le piattaforme e i servizi digitali infrastrutturali; i relativi dati dovranno essere fruibili secondo le previsioni del Codice dell’Amministrazione digitale (“CAD” – d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82).

Il comma 4 prescrive che i soggetti titolari di banche dati consentono automaticamente l’accesso digitale alle informazioni disponibili presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi secondo le previsioni e le modalità di cui al CAD, adottando le necessarie misure organizzative e di revisione dei processi e dei regolamenti interni.

Il comma 5 dispone che le stazioni appaltanti, gli enti concedenti, nonché gli operatori economici adottino misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali e che le stazioni appaltanti assicurino la formazione del personale addetto, garantendone l’aggiornamento costante.

I commi 6 e 7, in attuazione dell’art. 1, lett. t), della legge delega, sanciscono la possibilità, per le stazioni appaltanti, di ricorrere a procedure automatizzate nella valutazione delle offerte, sempre nell’ottica della semplificazione e razionalizzazione di tempi e costi delle procedure.

Il fondamento costituzionale dei principi della digitalizzazione può essere ricondotto, sul piano dell’ordinamento interno, all’art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia del “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”: tali principi costituiscono espressione univoca del predetto coordinamento[7], fermo restando il ruolo di supporto alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti attribuito dal comma 8 a regioni e province autonome.

Anzitutto, va rilevato che alcuni dei principi sulla digitalizzazione, ancorché qualificati come tali dal Codice, non sono propriamente norme di principio in senso stretto; trattasi, piuttosto, di regole[8] aventi un contenuto specifico di natura tecnica , destinato a conformare l’attività o l’organizzazione di un soggetto.

Ad ogni modo, le regole e i principi contenuti nel Codice, considerati nel loro complesso, tendono – almeno nell’ottica dei conditores iuris – ad una “lawfulness by design and by default”, ovvero a una “legalità per progettazione e per impostazione predefinita”: essi, cioè, impongono dei requisiti delle architetture tecnologiche infrastrutturali e delle piattaforme di approvvigionamento digitale tali per cui, a seguito della loro applicazione, dovrebbero risultare rispettati ipso facto gli altri principi del diritto amministrativo (efficienza, semplificazione, trasparenza…etc.)[9].

In conformità alla categoria generale, detti principi hanno natura normativa di grado superiore, in quanto nomopoietici[10], ma anche un contenuto squisitamente tecnico. In altri termini, sono principi di natura duale, insieme giuridici e tecnici. Sicché, nella loro ermeneusi applicativa, il giurista non può prescindere dalla preventiva conoscenza né dall’esatta comprensione del significato sottostante, ossia della res fenomenica su cui i principi vanno ad incidere. Si prenda, a titolo esemplificativo, il comma 3 dell’art. 19, ove si stabilisce che le informazioni e i dati dei procedimenti digitali “sono gestiti e resi fruibili in formato aperto[11]. Ebbene, il formato aperto, tra l’altro, garantisce l’interscambio dei dati, nonostante le diversità delle specifiche tecniche dei sistemi interconnessi, consente il riuso dei dati della P.A. e permette, inoltre, la concorrenza tra operatori economici[12].  

Ancora, i principi sulla digitalizzazione sono volti a disciplinare un’attività dall’elevata rischiosità, in quanto potenzialmente lesiva di beni giuridici di rilievo costituzionale, afferenti alla persona umana. Il riferimento, in primis, è alla protezione dei dati personali, in ragione dell’eventualità della loro diffusione illecita, anche a causa di condotte delittuose. Non a caso, il comma 1 dell’art. 19 dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, nell’assicurare la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, tra l’altro, “operano secondo i principi di […] protezione dei dati personali e di sicurezza informatica”.

Ulteriore caratteristica dei principi sulla digitalizzazione, oltre alla loro dimensione trasversale (giacché costituiscono il sostrato di molteplici disposizioni codicistiche), è la loro innata pervasività, come ampiamente diffuso è il fenomeno che regolamentano. Si pensi, ad esempio, al comma 3 dell’art. 30 che ha positivizzato i principi base della legittimità algoritmica, i quali, dall’ambito dei contratti pubblici, verranno trapiantati in altri settori dell’ordinamento amministrativo, parallelamente agli sviluppi applicativi dell’intelligenza artificiale[13].

 

 

 

 

 

 


[1] Art. 19 – D.lgs. 36/2023 – Principi e diritti digitali: “1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti nel rispetto dei principi e delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, garantiscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale e operano secondo i principi di neutralità tecnologica, di trasparenza, nonché di protezione dei dati personali e di sicurezza informatica. 2. In attuazione del principio dell’unicità dell’invio, ciascun dato è fornito una sola volta a un solo sistema informativo, non può essere richiesto da altri sistemi o banche dati, ma è reso disponibile dal sistema informativo ricevente. Tale principio si applica ai dati relativi a programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché a tutte le procedure di affidamento e di realizzazione di contratti pubblici soggette al presente codice e a quelle da esso escluse, in tutto o in parte, ogni qualvolta siano imposti obblighi di comunicazione a una banca dati o a un sistema informativo. 3. Le attività e i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita dei contratti pubblici sono svolti digitalmente, secondo le previsioni del presente codice e del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, mediante le piattaforme e i servizi digitali infrastrutturali delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti; i dati e le informazioni a essi relativi sono gestiti e resi fruibili in formato aperto, secondo le previsioni del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. 4. I soggetti titolari di banche dati adottano le necessarie misure organizzative e di revisione dei processi e dei regolamenti interni per abilitare automaticamente l’accesso digitale alle informazioni disponibili presso le banche dati di cui sono titolari, mediante le tecnologie di interoperabilità dei sistemi informativi secondo le previsioni e le modalità del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. 5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, nonché gli operatori economici che partecipano alle attività e ai procedimenti di cui al comma 3, adottano misure tecniche e organizzative a presidio della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la formazione del personale addetto, garantendone il costante aggiornamento. 6. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la tracciabilità e la trasparenza delle attività svolte, l’accessibilità ai dati e alle informazioni, la conoscibilità dei processi decisionali automatizzati e rendono le piattaforme utilizzate accessibili nei limiti di cui all’articolo 35. I gestori delle piattaforme assicurano la conformità delle medesime alle regole tecniche di cui all’articolo 26. 7. Ove possibile e in relazione al tipo di procedura di affidamento, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti ricorrono a procedure automatizzate nella valutazione delle offerte ai sensi dell’articolo 30. 8. Le regioni e le province autonome assicurano il rispetto delle disposizioni di cui alla presente Parte e il supporto alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti. 9. Le disposizioni della presente Parte costituiscono esercizio della funzione di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione”.
[2] L.R. Perfetti, Sul nuovo Codice dei contratti pubblici. In principio, in Urb. e app., 2023, I, pp. 5-13.
[3] A. Iannotti della Valle, Le regole di Internet tra poteri pubblici e privati. Tutela dei diritti e ruolo dell’antitrust in una prospettiva costituzionale, Napoli, 2023, p. 18 ss.
[4] Per una disamina, sia consentito rinviare a M. Martoni, Datificazione dei nativi digitali. Una prima ricognizione e alcune brevi note sull’educazione alla cittadinanza digitale, in Federalismi.it, 2020, I, pp. 119-136.
[5] In forza del principio di “neutralità tecnologica”, da un lato, i costi connessi alla gestione delle piattaforme non possono essere posti a carico dei concorrenti o dell’aggiudicatario, dall’altro, è vietato imporre tecnologie o software con effetti discriminatori o, comunque, eccessivamente restrittivi della concorrenza.
[6] Disciplinata dai successivi artt. 20 e 28, in conformità al d. lgs. n. 33/2013.
[7] P. Clarizia, La digitalizzazione, in Giorn. dir. amm., 2023, III,  pp. 303-304: “La disposizione in esame non si limita a descrivere i principi e i diritti digitali, ma individua, innanzitutto, la competenza legislativa statale esercitata al fine di chiare l’obbligo di tutte le amministrazioni, anche regionali e locali, di rispettare gli obblighi organizzativi e procedimentali della digitalizzazione dei contratti pubblici”.
[8] Sul tema, M. De Benedetto – M. Martelli – N. Rangone, La qualità delle regole, Bologna, 2011, pp. 12-13.
[9] G. Carlotti, I principi nel Codice dei contratti pubblici: la digitalizzazione, in Giustizia-amministrativa.it, 26 aprile 2023.
[10] N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino, 2016, p. 62: “[E]spliciti o impliciti che siano, i principi sono norme di grado superiore, nel senso che non descrivono, appunto perché generali, una conchiusa classe di fatti, ma generano una serie indeterminata di ipotesi, ciascuna delle quali è suscettibile di venire assunta a formare altrettante fattispecie diverse”.
[11] L’efficacia prescrittiva desumibile dall’uso dell’indicativo presente costituisce già di per sé una innovazione nel settore dei contratti pubblici, poiché, per l’acquisto dei sistemi informatici sul mercato, il vigente art. 68 del Codice dell’amministrazione digitale indica il formato aperto solo come un criterio di preferenza oggetto unitamente ad altri fattori della valutazione comparativa: “1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei princìpi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato: a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione; b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione; c) software libero o a codice sorgente aperto; d) software fruibile in modalità cloud computing; e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso; f) software combinazione delle precedenti soluzioni; 1-bis A tal fine, le pubbliche amministrazioni prima di procedere all’acquisto, secondo le procedure di cui al codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, effettuano una valutazione comparativa delle diverse soluzioni disponibili sulla base dei seguenti criteri: a) costo complessivo del programma o soluzione quale costo di acquisto, di implementazione, di mantenimento e supporto; b) livello di utilizzo di formati di dati e di interfacce di tipo aperto nonché di standard in grado di assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della pubblica amministrazione; c) garanzie del fornitore in materia di livelli di sicurezza, conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali, livelli di servizio tenuto conto della tipologia di software acquisito”.
[12] G. Carlotti, I principi nel Codice dei contratti pubblici: la digitalizzazione, op. cit. si interroga sulle conseguenze derivanti dalla violazione di principi così tecnici: “Tale intima tecnicità dei principi sulla digitalizzazione conduce, dunque, l’interprete ad interrogarsi anche sulle conseguenze della violazione di taluni di essi. Si ponga proprio il caso del provvedimento, creato con una piattaforma digitale i cui dati, in violazione del comma 3 dell’art. 19 sunnominato, non siano stati resi fruibili in formato aperto. L’atto potrà considerarsi per ciò solo illegittimo? O piuttosto la giuridicità in questo caso si manifesta nelle potenziali responsabilità, anche di carattere sanzionatorio, del funzionario e della stazione appaltante che abbiano utilizzato una piattaforma non conforme. Sicuramente interrogativi del genere pongono in tensione i concetti tradizionali dei vizi di illegittimità dei provvedimenti amministrativi e di essi, come di altre categorie del diritto amministrativo, si imporrà un ripensamento complessivo, alla luce della evoluzione tecnologica”.
[13] Sul tema, si veda L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Milano 2022.

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Roberto Landi

Assistente amministrativo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Prato e Pistoia ed ex Tecnico di Amministrazione presso il Tribunale Ordinario di Salerno. Laurea cum laude in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, Master di II livello in “Strategie Organizzative e di Innovazione per la P.A.”. Tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 da Ottobre 2021 a Maggio 2023. Praticante avvocato e cultore del diritto.

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