Il consenso informato del paziente: gli obblighi del medico

Il consenso informato del paziente: gli obblighi del medico

L’art. 32 della nostra Costituzione prevede, al 1° comma, che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività“, ma prescrive anche, al 2° comma, che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge“.

La Costituzione, dunque, opera un bilanciamento tra due principi inviolabili del nostro ordinamento, il diritto alla salute e il diritto alla libertà personale (art. 13 e ss.), garantendo ai cittadini la facoltà di scegliere se sottoporsi o meno alle cure mediche (salvo che le stesse non siano obbligatorie per legge: es.: la vaccinazione), soprattutto qualora queste siano prescritte da un medico.

In questo caso la manifestazione di volontà del paziente, affinché sia legalmente valida, deve essere espressa con la consapevolezza delle caratteristiche, delle modalità, dei rischi, delle finalità e degli effetti del trattamento sanitario che egli dovrà ricevere, nonché:

  • delle eventuali alternative terapeutiche all’intervento;

  • delle carenze strumentali della struttura sanitaria;

  • delle conseguenze che possono derivare dal rifiuto consapevole alle cure.

Quest’obbligo, ai sensi della L. n°145/2001, spetta al medico che effettuerà il trattamento o l’intervento, il quale dovrà altresì ottenere il necessario consenso/dissenso (informato, appunto) dal paziente prima dell’avvio del medesimo trattamento.

Il contenuto e la forma del consenso informato

La Giurisprudenza ha più volte dichiarato che il consenso prestato dal paziente, affinché sia legalmente valido, debba essere:

  • personale: manifestato alla persona destinataria del trattamento, in quanto titolare della disponibilità del bene giuridicamente protetto;

  • legale: non contrario all’ordine pubblico e al buon costume;

  • attuale: contestuale al trattamento da praticarsi;

  • manifesto: espresso il modo chiaro e inequivocabile;

  • libero e consapevole: deve provenire da un soggetto capace giuridicamente, in grado cioè di intendere e di volere e che abbia l’età idonea a poter disporre di quel diritto.

In merito alla forma del consenso, invece, non esiste alcun obbligo di acquisirlo per iscritto, essendo valido ed efficace anche se prestato dal paziente verbalmente, salvo alcuni casi previsti espressamente dalla legge, come:

  • trapianto del rene tra persone viventi;

  • sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano;

  • procreazione medicalmente assistita;

  • interruzione volontaria della gravidanza;

  • rettificazione in materia di attribuzione di sesso;

  • attività trasfusionali;

  • prelievo per donazione di sangue.

Generalmente, dunque, la forma di acquisizione del consenso è libera. Tuttavia, la prassi ormai adottata dai medici e/o dalle strutture sanitarie è quella di far sottoscrivere al paziente un apposito modulo, contenente tutte le informazioni importanti relative al trattamento sanitario che egli si appresta a ricevere, al fine di evitare ripercussioni legali.

Le eccezioni al consenso informato

L’obbligo del medico di acquisire il consenso informato del paziente si scontra spesso con la realtà, in particolare coi casi:

  1. che richiedono un intervento urgente e tempestivo, nei quali il tempo utilizzato per ottenere il consenso informato rischierebbe di pregiudicare irrimediabilmente la salute del paziente;

  2. in cui il paziente è un minore.

I casi di urgenza

Nel primo caso, il medico deve sempre valutare se il paziente è lucido e cosciente: in questo caso il consenso deve essere sempre acquisito.

Nel caso in cui il paziente sia incosciente, invece, risultando impossibile ottenere dallo stesso una chiara manifestazione di volontà, l’inerzia del medico si rivelerebbe fatale.

Tale questione è stata risolta dalla dottrina, che ritiene applicabile alla suddetta fattispecie la norma prevista dall’art. 54 del codice penale (“non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona … sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo“).

Questa scriminante, dunque, “legalizzerebbe” l’intervento medico eseguito senza aver ottenuto il consenso informato, purché si dimostri che l’unica finalità perseguita era quella di salvaguardare il paziente dal pericolo di un danno grave alla salute (si parla in questo caso di consenso presunto).

Il consenso informato del minore

Nel caso in cui il paziente sia minore d’età, sorge spontaneo domandarsi se il consenso informato debba essere prestato da quest’ultimo o dai genitori (o dal tutore) che ne esercitano la responsabilità.

Secondo il nostro ordinamento è necessaria l’acquisizione del consenso informato da parte genitori, in quanto il minore è considerato parzialmente incapace di comprendere le conseguenze derivanti da un trattamento terapeutico.

Tuttavia, l’articolo 38 del codice di deontologia medica dispone che “il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà“, soprattutto nei casi in cui il paziente risulti in grado di comprendere la portata del percorso terapeutico che gli viene proposto e le conseguenze di un suo assenso/dissenso alle cure.

Le ulteriori eccezioni

La giurisprudenza, oltre alle fattispecie appena esaminate, ha previsto ulteriori eccezioni all’obbligo del medico di ottenere il consenso informato:

  • quando la persona malata ha espresso esplicitamente la volontà di non essere informata;

  • nei casi di “consenso implicito” (ad esempio nelle cure di routine), in cui si suppone che l’informazione ed il relativo consenso siano ormai consolidati;

  • nei casi di conseguenze atipiche, eccezionali ed imprevedibili di un intervento chirurgico, che possono causare ansie e timori inutili (a meno che il paziente non chieda spontaneamente le necessarie informazioni al medico);

  • i Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) nei casi di particolari disturbi psichici;

  • le vaccinazioni obbligatorie, stabilite nei programmi nazionali di salute pubblica.

Il risarcimento dei danni

Quali sono gli effetti derivanti dal mancato rispetto degli obblighi informativi da parte del medico? E’ responsabile nei confronti del paziente anche se il trattamento sanitario è andato a buon fine?

La Giurisprudenza ha dibattuto a lungo sulla questione, chiarendo recentemente che il paziente è titolare del diritto a ricevere una corretta e completa informazione sul trattamento sanitario che si appresta a ricevereche trova il fondamento nei principi costituzionali sopra richiamati. Con la conseguenza che la lesione di tale diritto determina un danno autonomamente risarcibile in suo favore, anche nei casi in cui il trattamento o l’intervento medico sia andato a buon fine o non sia stato proprio eseguito.


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Laureatosi in Scienze Giuridiche nel 2010 e in Giurisprudenza nel 2012 presso l'Università degli Studi di Roma Tre, ha maturato una significativa esperienza nel contenzioso civile stragiudiziale e giudiziale, fino al conseguimento del titolo di Avvocato nel 2016. Successivamente, ha orientato l'attività professionale nelle materie di Diritto dei consumatori, Diritto dei trasporti e del Turismo e Diritto Sportivo, nelle quali si sta specializzando.

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