Il nuovo abuso d’ufficio al vaglio della Cassazione

Il nuovo abuso d’ufficio al vaglio della Cassazione

La decisione. Con la pronuncia numero 442 del gennaio 2021, la Corte di Cassazione è intervenuta in relazione alla successione di leggi penali nel tempo avvenuta con la modifica, ad opera del decreto-semplificazione del luglio 2020, del delitto di cui all’art. 323 c.p.

Il supremo consesso ha così statuito: “La nuova formulazione della fattispecie di abuso d’ufficio, restringendone l’ambito di operatività con riguardo al diverso atteggiarsi delle modalità della condotta, realizza una parziale abolitio criminis in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della riforma, che non siano più riconducibili alla nuova versione dell’art 323 c.p., siccome realizzati mediante violazione di norme regolamentari o di norme di leggi generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità.”.

La corte di Cassazione, nella pronuncia indicata ha ritenuto di doversi comunque esprimere sulla questione di particolare rilevanza, nonostante nel caso di specie il reato fosse già estinto per prescrizione. In particolare, la rilevanza della questione derivava dalla recente modifica, intervenuta con il decreto-semplificazioni, sul reato di abuso d’ufficio. La novella ha sostituito le parole “violazioni di legge o di regolamento” con “violazioni di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”. Trattasi di una modifica con cui il Legislatore ha inteso attribuire una maggiore determinatezza e tassatività al delitto in commento che, negli anni, hanno sempre costituito il suo punto debole. Pertanto, parlando espressamente di violazione di specifiche regole di condotta o comunque di leggi dalle quali non residuino margini di discrezionalità, è evidente il restringimento dell’ambito applicativo della norma rispetto alla precedente formulazione, la quale era applicabile anche nelle ipotesi in cui vi fosse un potere discrezionale.

Preso atto di quanto sopra, la Cassazione ha statuito che la novella, nella parte in cui non prevede più la punibilità delle condotte posta in essere dal pubblico ufficiale nell’esercizio di un potere discrezionale, realizza una parziale abolitio criminis per quanto concerne le condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore del D.L. 76/2020, con applicazione dell’art. 2 comma secondo c.p. e conseguente travolgimento anche del giudicato.

La disciplina prevista dal codice penale in relazione alla successione di leggi penali nel tempo è prevista all’art. 2. Il secondo comma della norma prevede che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali. In queste ipotesi si parla di abolitio criminis che, a seconda dei casi potrà essere totale o parziale. È totale quando è l’intero fatto a non costituire più reato ad opera di una legge o un referendum; è parziale, invece, quando l’intervento normativo si limita a restringerne la portata applicativa.

In tal caso, il principio che trova applicazione è quello della retroattività della legge favorevole ed infatti, gli autori del fatto previsto dalla norma ormai abrogata, oltre a non poter essere puniti ove il processo a loro carico non sia ancora concluso, vedranno travolta anche l’eventuale sentenza di condanna emessa nei loro confronti e già passata in giudicato.

Le critiche alla riforma. A seguito della modifica normativa del delitto ex art. 323 c.p. sono state molte le critiche sollevate sul punto. In particolare, autorevolissima dottrina ha ritenuto che la modifica intervenuta, nell’ancorare la condotta tipica alla violazione di specifiche norme regolamentari o comunque di leggi prive di margini di discrezionalità, ha, di fatto, inteso ridurre l’applicabilità della norma alla sola attività vincolata nell’an, nel quid e nel quomodo. Limitando, in tal modo, la punibilità alle sole condotte consistenti in palesi violazioni di attività vincolata, molto rare nella prassi. Si è sostenuto che, in realtà, è proprio nelle ipotesi in cui vi sia un margine di discrezionalità che il pubblico ufficiale è “agevolato” perseguire interessi personali, avendo, per l’appunto, un maggiore margine di azione; pertanto, limitare l’azione normativa alle sole ipotesi di condotte vincolate significa limitare ancora di più l’operatività della fattispecie, in nome dei principi di determinatezza e tassatività. Ma vi è di più. A parere di Tullio Padovani, poiché la nuova formulazione riguarda l’ipotesi prevista dal primo comma, ovverosia la violazione di legge o di regolamento, ma non tocca l’altra modalità della condotta, costituita dall’inosservanza dell’obbligo di astensione, la configurazione normativa costituirebbe un ircocervo. Ciò, in ragione del fatto che “continua a sussistere una fattispecie di abuso d’ufficio consistente nel procurare l’evento ingiusto omettendo di astenersi rispetto ad un atto o un’attività che, ovviamente, possono essere meramente discrezionali; anzi, debbono essere discrezionali, perché, se si trattasse di condotta vincolata, l’obbligo risulterebbe privo di senso.” È questa la spiegazione data per la definizione di ircocervo normativo; infatti, se ricorre un interesse proprio dell’agente pubblico o comunque un altro caso di astensione, l’azione penale potrà riguardare anche l’attività discrezionale, in presenza di attività vincolata, invece, il pubblico ufficiale che si prospetti o meno l’interesse proprio o di un suo congiunto, avrà adempiuto il suo dovere ex art. 51 c.p.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti