Il reato di atti persecutori

Il reato di atti persecutori

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il bene giuridico tutelato e la condotta  penalmente rilevante – 3. La procedibilità a querela

 

1. Introduzione

Continue minacce, pedinamenti, molestie, telefonate indesiderate nei confronti della vittima: sono questi alcuni esempi di comportamenti riconducibili al reato di atti persecutori, meglio conosciuto con il termine stalking (tratto dal lessico venatorio inglese to stalk, che significa letteralmente “appostarsi, avvicinarsi di soppiatto alla preda”).[1] Tale fenomeno iniziò ad attirare l’attenzione dei mass-media a partire dal 1988 a seguito di alcuni episodi verificatisi negli Stati Uniti ed aventi come protagonisti numerosi personaggi del mondo dello spettacolo.[2] Sebbene inizialmente sembrasse relegato ad episodi sporadici e riguardanti soltanto personaggi famosi, in realtà lo stesso ha riportato una notevole incidenza nella popolazione generale[3] imponendosi soprattutto negli ultimi decenni all’attenzione di sociologi e psichiatri. Malgrado l’eterogeneità di manifestazioni, lo stalking viene generalmente definito come un insieme di comportamenti ripetuti, persistenti, intrusivi, di sorveglianza e controllo della vittima con cui il molestatore ne ricerca ossessivamente il contatto e la comunicazione mediante una varietà di mezzi e di condotte (di norma partendo da atteggiamenti inoffensivi fino a sfociare in veri e propri episodi pericolosi) non soltanto indesiderate ma anche percepite dalla stessa come in grado di suscitare un forte stato di preoccupazione, ansia, paura, disagio fisico e psichico e timore per la sicurezza propria o di un prossimo congiunto.[4]  Nel nostro ordinamento il reato di atti persecutori è inserito nell’ambito dei Delitti contro la persona (Libro II, Titolo XII), in particolare nella sezione concernente i “Delitti contro la libertà morale” e trova collocazione all’art. 612-bis c.p. La sua introduzione nel nostro ordinamento giuridico si deve al Decreto Legge n. 11 del 23 febbraio 2009, recante “Misure urgenti in materia di pubblica sicurezza e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”( meglio conosciuto col nome di Decreto Antistupri) convertito in legge n. 39 del 23 aprile 2009[5] e modificato successivamente dal Decreto Legge n. 93 del 14 agosto 2013 “ Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”. Il sopracitato articolo punisce <<con la reclusione da un anno a sei mesi e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita>>. La ratio della sua introduzione è da ricercarsi nella chiara volontà del legislatore di voler apprestare una tutela specifica contro varie ipotesi di maltrattamenti e di condotte in precedenza sussunte sotto diverse fattispecie incriminatrici[6] (ad esempio, l’ingiuria, le molestie, le lesioni, la violenza privata) inadatte, tuttavia, a fronteggiare condotte criminose riconducibili agli atti persecutori.[7] Appariva, pertanto, necessaria l’introduzione di una nuova fattispecie delittuosa non soltanto a causa delle difficoltà oggettive di inquadramento dei suddetti comportamenti ma anche per la consistente diffusione del fenomeno persecutorio. A tal proposito, non è mancato chi ha rilevato alcune perplessità <<derivanti dalla scelta di introdurre la figura di reato in discorso attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza, non solo e non tanto per la dubbia utilizzabilità del predetto strumento normativo per introdurre nuove fattispecie incriminatrici, ma soprattutto perché si è ritenuto che nel caso di specie non sussistessero, in concreto, i presupposti straordinari di necessità ed urgenza necessari ex art. 77 Cost. per fare ricorso allo strumento del decreto legge: invero, con la novella del 2009 si è provveduto ad introdurre una norma incriminatrice volta a superare l’inadeguatezza di fenomeni già contemplati da norme penali, in contrasto con le disposizioni costituzionali che segnano il confine tra i poteri del Parlamento e quelli, straordinari, del Governo in materia legislativa>>.[8] Nella relazione parlamentare[9] si legge che le condotte di stalking ledono <<sia la libertà personale sia la riservatezza delle persone. E talora i danni riguardano la stessa incolumità fisio – psichica, nella forma dello stress psicologico. I bene giuridici messi in pericolo o lesi (…) sono dunque di grande rilevanza, anche nelle ipotesi in cui l’esito delle vicende non sia drammatico. A fronte di un fenomeno così grave ed in forte aumento nella moderna società tecnologica, ed in un ambiente sempre più anonimo e di perdita di coesione sociale, l’ordinamento reagisce con misure troppo blande. Non stupisce dunque che in tutto il mondo si siano adottate misure penali e non penali per fronteggiare il problema (…)>>. Del resto, continua la relazione, <<la violenza nei confronti delle donne e gli omicidi con movente sessuale o passionale sono spesso annunciati da una serie di atti insistenti e ripetuti (telefonate notturne, pedinamenti, appostamenti ecc.) (…)  Del tutto inadeguata ad arginare tale fenomeno>> era <<la configurazione del reato di molestie. Da qui la necessità di creare una nuova fattispecie che dilati, e al contempo anticipi, la tutela della vittima. >>. Quanto poc’anzi detto non esclude tuttavia che la disposizione relativa agli atti persecutori possa avere un ambito di applicazione generalizzato in quanto il sostrato nel quale essa è maturata <<ha fornito in pratica l’occasione per una operazione urgente, ma non anche una delimitazione a senso unico di tale ambito>>.[10]

2. Il bene giuridico tutelato e la condotta penalmente rilevante

Il delitto di atti persecutori è reato comune, chiunque potendolo commettere. <<Nella generalità dei casi i comportamenti assillanti provengono da uomini, di solito partner o un ex partner della vittima, ma il persecutore potrebbe essere anche un collaboratore, un amico, un conoscente, un vicino di casa: non sempre, peraltro, il molestatore assillante tende ad identificarsi in un soggetto con precedenti penali, affetto da disturbi mentali o, ancora, dedito all’abuso di sostanze stupefacenti o alcoliche, come solitamente si pensa>>.[11]  Il legislatore ha attribuito al reato di cui all’art. 612-bis c.p. natura di illecito lesivo oltre che della serenità psico-fisica, anche della libertà morale[12] in quanto incidente sulla modalità di determinazione del comportamento della vittima turbandone gli aspetti di tranquillità e serenità sui quali siffatta autonomia inevitabilmente si poggia. <<Va peraltro notato che una lesione del bene giuridico della libertà morale è particolarmente avvertibile nei casi in cui il reato di atti persecutori si configura per l’evento di far mutare al soggetto passivo le abitudini di vita. Questa fattispecie è assai vicina allo schema della violenza privata, che costituisce l’esempio più rilevante della categoria degli illeciti offensivi del bene giuridico in questione. Meno avvertibile la stessa lesione è nei casi in cui gli atti persecutori cagionino grave e perdurante stato d’ansia o di paura od un fondato timore per l’incolumità, con risvolti che attengono all’equilibrio psicofisico>>.[13] Certamente una difficoltà nel <<formulare una norma descrittiva del reato di atti persecutori>> è stato << quello di trovare espressioni sufficientemente ampie per ricomprendere la multiformità delle fattispecie suscettibili di essere annoverate in quella nozione e, nello stesso tempo adeguatamente sintetizzate per coniugare il principio di tassatività delle previsioni di illecito penale con l’opportunità di evitare diffuse casistiche, mai esaurienti>>.[14] Il problema venne risolto rinviando alle nozioni di violenza e minaccia divenute componenti della nuova figura di reato. Quanto alla struttura materiale del reato <<in prima battuta, occorre sottolineare che la funzione caratterizzante e qualificante la condotta è affidata alla reiterazione degli atti, omogenei o eterogenei, denotati dal legame causale con l’evento>>[15] contrassegnati da carattere intimidatorio e da connotazione molesta.[16] Secondo la giurisprudenza,[17] la locuzione “condotte reiterate” <<va intesa nel senso che si è in presenza di un reato complesso la cui condotta criminosa può essere integrata da atti di per sé già costitutivi di condotte di minaccia o di molestia; il carattere decisivo della condotta criminosa consiste, pertanto, nella ripetizione di atti qualificati persecutori in quanto il loro insieme cagiona l’evento ulteriore assorbente dei reati sopra menzionati>>.[18] La Suprema Corte[19] ha concluso che <<integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall’art. 612-bis c.p., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice. Invece, un solo episodio, per quanto grave e da solo anche capace, in linea teorica, di determinare il grave e persistente stato d’ansia e di paura che è indicato come l’evento naturalistico del reato, non è sufficiente a determinare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma in esame, potendolo essere, invece, alla stregua di precetti diversi>>. A riprova di quanto appena detto, il termine “reiterare” presuppone <<la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza>>[20] motivo per cui <<anche due condotte sono sufficienti a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto>>.[21] Dubbi sembrano evidenziarsi riguardo al lasso temporale sufficiente a prodursi dell’evento tipico non essendo lo stesso determinato dal legislatore. Del resto, la reiterazione comporta, oltre che la distinzione degli atti anche il fatto che questi si susseguano nel tempo. A tal proposito << la norma punitiva non indica limiti temporali, neppure in un minimo, occorrente ad integrare la reiterazione, salvo imporre il connotato della pluralità dei fatti. Va notato che ciascuno di questi fatti costituisce, di per sé, un reato e, in qualche caso, un reato procedibile d’ufficio, ove conosciuto. Si configura un reato diverso, comprensivo ed autonomo, soltanto se i singoli fatti vengono legati da un elemento comune, rappresentato dall’identità dell’agente, dalla ripetizione e dalla loro caratteristica di essere idonei a cagionare un determinato risultato sulla psiche o sulle abitudini del soggetto passivo>>.[22] Da quanto appena detto si evince come << il contenuto di offesa della condotta non va apprezzato in senso astratto, limitandosi alla mera constatazione di una pluralità di atti “reiterati”; bensì va valutato in concreto, attraverso un’analisi unitaria, congiunta, di tutti gli elementi richiesti dalla norma incriminatrice (…) In altri termini, non è sufficiente apprezzare una pluralità di condotte (almeno due), ma risulta decisivo valutare se le ripetute azioni moleste portate contro la vittima siano complessivamente idonee a realizzare quello che (…) viene qualificato come “stravolgimento psichico” della vita della vittima>>.[23] Precisato ciò, occorre chiarire che il reato in esame è reato ad evento di danno, la cui sussistenza richiede <<in primo luogo, il ripetersi della condotta: gli atti e comportamenti volti alla minaccia o alla molestia devono essere reiterati. Inoltre, i comportamenti devono essere intenzionali e finalizzati alla molestia. Infine, perché la fattispecie possa dirsi perfezionata, occorre che i suddetti comportamenti abbiano l’effetto di provocare in capo alla vittima disagi psichici o timore per la propria incolumità e quella delle persone care ovvero pregiudizio alle abitudini di vita>>.[24] Sul primo punto, ovvero sui disagi psichici cagionati alla vittima, mentre una parte della dottrina ritiene necessario accertare l’esistenza di vere e proprie patologie medico-legali, la giurisprudenza[25] più recente, invece non richiede necessariamente una perizia medica <<potendo il giudice argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell’agente sull’equilibrio psichico della persona offesa anche sulla base di massime di esperienza>>.[26] Un terzo orientamento,[27] infine, reputa necessario che il giudice nella sua valutazione debba utilizzare parametri quanto più vicini a quelli medico- legali e psicologici. A tal riguardo si è pronunciata la Cassazione[28] ritenendo che <<l’esistenza di precedenti condanne a carico del soggetto agente per reati affini allo stalking (percosse, minacce, maltrattamenti) commessi in danno della stessa vittima, non rappresenta un elemento neutro, ma corrobora il giudizio di ragionevolezza dei timori palesati dalla vittima e del conseguente mutamento indotto delle abitudini di vita>>.[29] Un ulteriore elemento che deve sussistere affinché possa dirsi configurato il reato di atti persecutori è il fondato timore per la propria incolumità, di un prossimo congiunto o di persona alla stessa affettivamente legata.[30] Sul punto << va rilevato innanzitutto che (…) si annida la contraddizione scaturente dal fatto che, da un lato, il timore richiede un accertamento ex post mentre, dall’altro la verifica della fondatezza dello stesso necessita una valutazione ex ante dell’idoneità della condotta. Ci si è chiesti, inoltre, se la fondatezza del timore debba avere una connotazione oggettiva o soggettiva e se quindi si debba effettuare un giudizio basato solo sulla concreta serietà della minaccia ovvero si debba tener  conto solamente (o anche) dell’impressionabilità del soggetto passivo e della sua concreta percezione della realtà>>.[31]  Da ultimo, la norma in esame richiede una costrizione tale da comportare un’alterazione delle abitudini di vita e dei comportamenti della vittima: al fine di determinare la soglia della punibilità è necessario far riferimento alle abitudini più importanti della vita di un soggetto anche se non solo si sono posti alcuni dubbi su cosa debba intendersi precisamente col termine “alterazione” << (che può, alternativamente, consistere in un mutamento radicale ovvero in una mera rimodulazione) ma non risulta chiara nemmeno la nozione di “abitudine di vita”>>.[32] Il Tribunale di Catanzaro, ha affermato che <<il fatto che le condotte reiterate debbano determinare in connessione causale una delle tre conseguenze descritte dalla norma e determina, inoltre, la necessità che la reiterazione delle condotte sia apprezzabile in un torno di tempo sufficiente al prodursi del risultato previsto, pur non essendo tale spazio temporale individuabile a priori (…) In tale reiterazione di condotte si può cogliere l’effettiva misura della lesione del bene tutelato dall’art. 612-bis proprio perché lo stillicidio persecutorio rappresenta l’in sé dell’incriminazione e i comportamenti, per essere rilevanti devono succedersi in scansione seriale>>.[33] Tale interpretazione trova conferma in un’altra decisione con cui la Corte[34] ha risolto la spinosa questione circa la natura del reato di danno ovvero di pericolo della fattispecie criminosa di atti persecutori giudicando necessario non fermarsi soltanto all’accertamento della condotta ma valutando anche il nesso causale tra condotta ed evento e esprimendosi in equivocamente circa la natura di reato di danno degli atti persecutori.[35]

3. La procedibilità a querela

L’ultimo comma dell’art. 612- bis dispone la procedibilità del reato a querela della persona offesa nel termine di sei mesi, anziché nel termine ordinario di tre mesi: <<ciò è determinato dalla necessità di lasciare alla stessa vittima del reato la scelta sul rendere note, inevitabilmente, attraverso l’accesso alla giustizia, vicende mortificanti e che si può preferire non vengano diffusamente conosciute. Sentimenti di vergogna per accadimenti dei quali si è rimasti vittime e desiderio di riservatezza possono indurre l’offeso a rinunciare a chiedere la punizione del colpevole di atti lesivi>>.[36] La principale differenza rispetto all’art. 609- septies, che pure prevede analogo termine per la proposizione della querela, risiede nel fatto che, mentre gli atti di violenza sessuale sono lesivi della libertà morale della vittima, del suo pudore nonché della sua sfera più intima e profonda, il reato di atti persecutori invece <<lede la libertà morale del soggetto e le circostanze di fatto possono consentire che l’iniziale volontà di far punire il colpevole venga superata con una risoluzione contraria che non contrasta con esigenze superiori di reazione giuridica al delitto. Inoltre, la possibilità che la querela venga rimessa sembra costituire uno strumento efficace, a disposizione del soggetto passivo, per ottenere ciò che appare più rilevante per una vicenda persecutoria: che l’autore desista dalle sue azioni di disturbo, se non vuole affrontare le conseguenze penali della condotta>>.[37] L’ultimo comma dell’art. 612-bis prevede la procedibilità d’ufficio quando il reato è commesso nei confronti di un minore d’età o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 e nel caso in cui il reato de quo sia connesso con un altro delitto procedibile d’ufficio. La ratio di approntare una speciale protezione del minore risiede nella diminuita capacità d’agire di questo soggetto non ancora nel pieno sviluppo psico-fisico. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riguardo a soggetti disabili e risultando evidente come, in tal caso, la repressione penale sia prevalente rispetto alla necessità di tutelare la riservatezza della persona offesa.

 

 

 

 


[1] In questo senso H. EGE, Mobbing, straining, stalking. Prevenzione, strategie, soluzioni,  p. 21, articolo online consultabile sul sito: www.snalsbrindisi.it secondo il quale <<il motivo per cui è stato recentemente utilizzato per indicare comportamenti persecutori e molesti è di facile intuizione: lo stalker, la persona cioè che mette in atto lo stalking, è a tutti gli effetti un cacciatore: segue le tracce della sua vittima, la spia, la pedina, la sorveglia, le si avvicina di soppiatto, la attira in tranelli ed inganni, cerca in tutti i modi di catturarla e farla sua. L’unica differenza con il termine originale sta nella preda, che (…) è una persona>>.
[2] In questo senso G. PALMIERI – M. GIANNINI, “Propensione allo stalking: un nuovo strumento di misura”, febbraio 2010, in Giorn. Ita. Psicopat., 2010;16:182-191, p. 183 consultabile sul sito: www.gipsichopatol.it. Sul punto si veda anche F. BARTOLINI, “Il reato di atti persecutori”, La Tribuna, Piacenza, 2009, p. 1, secondo il quale <<il fenomeno dello stalking assunse questa denominazione all’inizio degli anni ’80, negli Stati Uniti, a seguito di gravi fatti che ebbero per soggetti passivi personaggi famosi dello spettacolo. Attori ed attrici furono letteralmente perseguitati da ammiratori che non concessero loro respiro e discrezione>>.
[3] A prova della repentina diffusione del fenomeno dello stalking è dato vedere come nel 1991 in California venne emanata la prima legge anti- stalking. Analoga cosa successe in Regno Unito dove venne emanato un “Protection from harassment act” che potrebbe essere considerato l’omologo della fattispecie criminosa di atti persecutori prevista dal nostro ordinamento. Sull’argomento si veda anche “Stalking come reato-sentinella. Gli interventi di prevenzione e trattamento agli stalkers”, in Rivista di psicodinamica Criminale, novembre 2019, p. 44, consultabile sul sito: www.ristretti.it secondo cui alcune nazioni, quali Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia evidenziano che <<subiscono stalking dall’8 al 15% delle Donne e dal 2 al 4% degli Uomini. In Italia l’Osservatorio Nazionale dello stalking ha fornito i seguenti dati: – il 20% della popolazione ha subito episodi di molestie assillanti tra il 2002 e il 2007>>.
[4] Per un ulteriore approfondimento si veda anche T. PADOVANI, Violenza in famiglia: pene severe e nuovi reati disegnano una tutela ancora da perfezionare, in Guida Dir., 2007, pp. 5 e 10. Sul punto si è espressa anche la giurisprudenza di merito (Tribunale di Bari, 6.04.2019; sul punto si veda anche Tribunale di  Bari, 5.04.2012)  la quale ha precisato che il reato di cui all’art. 612-bis c.p. si caratterizza da numerose condotte reiterate nel tempo e finalizzate a ingenerare nella vittima disagi psichici e timore non solo per la propria incolumità ma anche per quella delle persone care.
[5] Secondo F. BARTOLINI, Il reato di atti persecutori, Tribuna Focus, p. 1, articolo online alcune delle disposizioni contenute nel Decreto Legge <<sono state estrapolate dal disegno di legge n. 733 (il “collegato sicurezza”, destinato a completare il pacchetto di norme varato con il decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125) che era stato già approvato dal Senato il 5 febbraio 2009; mentre le disposizioni sullo stalking sono state riprese dal testo parlamentare approvato, con il numero di 1440 dalla Camera dei deputati il 29 gennaio 2009>>. Infatti <<il decreto legge (…) si prefissava di disporre misure di contrasto alla violenza sessuale e di protezione della donna, quale soggetto debole tipicamente vittima di intemperanze e di aggressioni maschili. I lavori parlamentari segnalano ripetutamente l’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale portati alla pubblica conoscenza dalle denunce e, spesso, dal ritrovamento delle vittime in condizioni inequivocabili>>.
[6] Secondo R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale,  Nel diritto Editore, Molfetta, 2019, p. 593 <<l’estrema variabilità fenomenologica delle condotte riconducibili nell’alveo della fattispecie, in uno con la difficoltà di individuare precisi elementi tipizzanti il fenomeno, ha determinato – a livello di tecnica legislativa – il ricorso a nozioni sociologiche ampie e onnicomprensive, scarsamente aderenti al canone di tassatività  della norma penale>>.
[7] Sul punto per un ulteriore approfondimento si veda A. BASTIANELLO, Il reato di stalking ex art. 612-bis c.p., in Giur. Merito, 2012,  pp. 673 ss.
[8] Sul punto O. LONGO, Stalking tra profili criminologici e nodi irrisolti: la recente giurisprudenza di legittimità, articolo online consultabile sul  sito: www.altalex.com. Mentre una parte della dottrina ( G. FIANDACA – E. MUSCO) ritiene inammissibile il ricorso allo strumento normativo del decreto legge, altra parte della dottrina ( R. GAROFOLI) propende, invece, per la sua legittimità.
[9] Intervento dell’On. Giulia Buongiorno davanti alla Camera dei Deputati sul progetto di legge n. 1440.
[10] Sul punto F. STRAGAPEDE, Gli atti persecutori nell’ordinamento giuridico italiano, in Associazione Nazionale funzionari di polizia, articolo online, consultabile sul sito: www.anfp.it
[11] M. C. GUGLIOTTA, Reato di stalking: normativa italiana e criticità degli strumenti giuridici a tutela della vittima. Sentenze di interesse, p. 44, articolo online, consultabile sul sito: www.stalkingtalk.it
[12] In questo senso F. BARTOLINI, Il reato di atti persecutori, cit., p. 6 secondo cui la libertà morale deve essere intesa come<<la possibilità di fare scelte autonome, senza condizioni esterne che non siano quelle comunemente accettate da tutti come regola del convivere sociale. Essa è un aspetto necessario della personalità del singolo individuo, che nella odierna società è soggetto di diritti e che deve poter esercitare le facoltà tutelate dall’ordinamento senza intromissioni condizionatrici inammissibili secondo l’etica e secondo le disposizioni che regolano la vita nella società>>
[13] In questo senso F. BARTOLINI, Il reato di atti persecutori, cit., p. 6.
[14] In questo senso F. BARTOLINI, Il reato di atti persecutori, cit., p. 6.
[15] Sul punto R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale, cit., p. 593.
[16] Secondo M. C. GUGLIOTTA, Reato di stalking: normativa italiana e criticità degli strumenti giuridici a tutela della vittima. Sentenze di interesse, cit., p. 45 <<potrebbe realizzarsi tramite il sorvegliare, l’inseguire, l’aspettare, il raccogliere informazioni sulla vittima, il seguire i suoi movimenti, ed ancora, attraverso le intrusioni, gli appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro, i pedinamenti e i tentativi di comunicazione e di contatto di vario tipo. Rappresenta stalking anche la diffusione di dichiarazione diffamatorie ed oltraggiose a carico della vittima, ed, ancora, la minaccia di violenza, non solo nei suoi confronti, ma anche rispetto ai suoi familiari, ed altre persone vicine o contro animali che le siano cari>>.
[17] Così, Cass. Pen., Sez. V, 7 aprile 2011,  n. 20895,
[18] In questo senso R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale, cit., p. 593.
[19] Così, Cass. Pen., Sez. V, 21 gennaio 2010 (depositata il 17 febbraio 2010), n. 6417, Riv. 245881.
[20] Così, Cass. Pen., Sez. V, 21 gennaio 2010, n. 6417, cit.
[21] In questo senso R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale, cit., p. 594.
[22] Sul punto F. BARTOLINI, Il reato di atti persecutori, cit., p. 7.
[23] A tal riguardo A. ALBERICO, La reiterazione delle condotte nel delitto di atti persecutori, articolo online, consultabile sul sito: www.penalecontemporaneo.it
[24] Sul punto si veda Tribunale del riesame di Bari, Ordinanza del 16 febbraio 2011.
[25] Così, Cass. pen. Sez. V, 19 gennaio 2016, n. 30334.
[26] In questo senso R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale, cit., p. 594.
[27] In questo senso si veda F. MANTOVANI, Diritto penale, parte speciale, I delitti contro la persona, Cedam, Padova, 2014, pp. 349 ss.
[28] Così, Cass. pen. Sez. V, 24 giugno 2015, n. 50728.
[29] In questo senso R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale parte speciale, cit., p. 594.
[30] Tale nozione, secondo una parte della dottrina (F. MANTOVANI, Diritto penale, parte speciale, I delitti contro la persona,cit., pp. 350 ss) è generica e indeterminata.
[31] In tal senso O. LONGO, Stalking tra profili criminologici e nodi irrisolti: la recente giurisprudenza di legittimità, articolo online consultabile sul sito: www.altalex.com.
[32] Così, Cass. Pen., Sez. V, 27  novembre 2012, n. 20993.
[33] Così, Tribunale di Catanzaro, Sez. II, sentenza del 16 settembre 2010.
[34] Così Cass., Sez. V, 12 gennaio 2010, n. 11945 (depositata il 26 marzo 2010) in Riv. 266545.
[35] Così Cass., Sez. V, 5 febbraio 2010 (depositata il 7 maggio 2010) Riv. 247225.
[36] In questo senso F. STRAGAPEDE, Gli atti persecutori nell’ordinamento giuridico italiano, in Associazione Nazionale funzionari di polizia, cit.
[37] A tal riguardo F. STRAGAPEDE, Gli atti persecutori nell’ordinamento giuridico italiano, in Associazione Nazionale funzionari di polizia, cit.

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