Il reato di diffamazione ai tempi dei social media

Il reato di diffamazione ai tempi dei social media

L’odierno contributo, partendo da una inquadratura generale relativa al reato di diffamazione, alla luce dei più recenti indirizzi giurisprudenziali, mira a delineare nello specifico il fenomeno delle condotte diffamatorie integrate sulle piattaforme online.

Volendo, dunque, effettuare in prima battuta un’analisi ampia delle condotte di cui trattasi, occorre precisare che in base a quanto disposto dall’art. 595 c.p. comma 1 del codice penale, chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

La suddetta disposizione normativa prosegue al comma 3 specificando che se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

La previsione normativa di cui sopra rinviene il proprio fondamento nella necessità di garantire la reputazione dell’individuo, ovvero l’onore inteso in senso soggettivo, quale considerazione che il mondo esterno ha del soggetto stesso.

Tale disposto normativo persegue la condotta dell’offendere rivolta nei confronti di persone non presenti, ossia non solo assenti fisicamente, ma anche non in grado di percepire l’offesa.

Si tratta, inoltre, di reato di evento, la cui consumazione coincide con il momento in cui le parole diffamatorie vengono percepite da parte del terzo.

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 2598/2022 ha stabilito che non osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, se lo stesso sia ugualmente individuabile sia pure da parte di un numero limitato di persone.

In tema di diffamazione, il significato della parola dipende dall’uso che se ne fa e dal contesto comunicativo in cui si inserisce e, quindi, l’evento lesivo della reputazione altrui può realizzarsi, oltre che per il contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche in virtù del contesto, in cui la stessa è pronunciata, che può determinare un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, attribuendole un contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio.

Inoltre, stando a quanto stabilito dagli Ermellini, ai fini dell’integrazione degli estremi del reato di diffamazione è sufficiente offendere la reputazione morale o professionale di una persona. Non essendo, pertanto, necessario scrivere volgarità, è da ritenersi la semplice illazione con cui si lasci intendere al pubblico che la vittima è persona di dubbie qualità.

Molto spesso però la Cassazione ha associato il reato di diffamazione a parole di uso comune, ormai entrate nel linguaggio di tutti i giorni: parole però che, specie se postate su un socialnetwork, a beneficio quindi di una platea ampia di persone, possono produrre un danno rilevante.

Nel tentativo di porre un confronto tra la diffamazione verbale e la diffamazione perpetrata sui social network, è possibile sostenere che non ci sia alcuna differenza tra le due tipologie di condotte se non sotto il profilo sanzionatorio. La diffamazione realizzata verbalmente infatti è punita con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro; la seconda invece, essendo una una diffamazione aggravata rientrante nell’ambito applicativo del terzo comma dell’art. 595 c.p., è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Le espressioni o la terminologia idonee a integrare la fattispecie di diffamazione pertanto non cambiano se le stesse vengono dette a voce o scritte su un post o un giornale.

Una differenza tra le due tipologie di condotte può essere rinvenuta nel fatto che nei casi di diffamazione a mezzo stampa, la condotta potrebbe considerarsi scriminata nei casi di esercizio del diritto di cronaca, critica e satira, quando attuata nei limiti di verità, continenza e pertinenza. Le forme di comunicazione telematica non godono delle garanzie costituzionali in tema di sequestro della stampa dal momento che un social network non rientra nella nozione legale di stampa né può dirsi mezzo di diffusione del pensiero destinato ad un’attività professionale, per cui, a differenza della stampa, non può essere invocato il diritto di critica o di cronaca.

Postare su #Instagram un commento sotto ad un post, pubblicare delle foto o dei video che ritraggono altre persone significa dare a tali contenuti la possibilità che gli stessi possano essere visti, letti o ascoltati da un numero indefinito di persone e, laddove tali messaggi siano anche offensivi, ciò determinerà la fattispecie aggravata del reato di diffamazione su Instagram.

Essendo Instagram una piattaforma sulla quale, vengono diffusi su larga scala contenuti di ogni tipo, il rischio di integrare condotte diffamatorie è molto elevato.

Sempre più persone avvertono, oggigiorno, quasi la necessità di rivolgere insulti e commenti ad alto contenuto offensivo nei confronti di altri soggetti sulle piattaforme social, non percependo la reale gravità del proprio operato. Ciò è in larga parte attribuibile al fatto che perpetrandosi, simili condotte, nell’ambito di una dimensione per così dire astratta, si pensa di poter adoperare un qualsivoglia linguaggio che prescinde dal rispetto di ogni tipo di regola.

I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno avuto modo di precisare che l’uso dei social network, e quindi la diffusione di messaggi veicolati a mezzo internet integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 505, comma 3 c.p. poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o, comunque, quantitativamente apprezzabile di persone, qualunque sia la modalità informatica di condivisione e di trasmissione. Del resto, l’art. 595, comma 3, c.p., riferendo la diffamazione aggravata all’uso del mezzo della stampa ovvero disgiuntamente all’uso di ogni altro mezzo di pubblicità, rende evidente come la categoria dei mezzi di pubblicità sia più ampia del concetto di stampa, includendo tutti quei sistemi di comunicazione e, quindi, di diffusione – dal fax ai social media – che, grazie all’evoluzione tecnologica, rendono possibile la trasmissione di dati e notizie a un numero ampio o addirittura indeterminato di soggetti (Cass. Pen., 23 gennaio 2017, sent. n. 8482).

L’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova la sua ratio nell’idoneità del mezzo impiegato per coinvolgere e raggiugere una vasta platea di soggetti, ampliando e aggravando in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, ampliandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante.

Sotto il profilo deli rimedi invocabili da parte la persona offesa, occorre sottolineare che vi è l’opportunità di far fronte a differenti e plurimi mezzi di tutela. In primo luogo vi è la possibilità di avanzare una richiesta di rimozione del contenuto diffamatorio al centro assistenza di Instagram o di altri piattaforme.

Sotto il profilo processuale, o presentare e depositare una querela nei confronti dell’autore della diffamazione, la cui proposizione costituisce condizione di procedibilità dell’azione penale. Il termine di presentazione della querela non decorre dal giorno in cui i contenuti sono stati diffusi, in quanto, consumandosi il reato di diffamazione in assenza del destinatario delle frasi offensive, ai fini della individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul web, atteso che l’interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la rete accedendo alle stessa direttamente o attraverso terzi che in tal modo ne siano venuti a conoscenza (Cass. Pen. 30 aprile 2021 n. 22787).

È possibile, ancora, richiedere ed ottenere un risarcimento dei danni. La riparazione pecuniaria prevista dall’art. 12 della Legge 18 febbraio 1948 n. 47, ha natura di sanzione civilistica accessoria alla condanna per il reato di diffamazione.

Un’ulteriore forma di tutela consiste nella richiesta di rimozione od oscuramento della pagina web nell’ambito della quale è avvenuta la condotta lesiva.

Ciò può avvenire ad esempio nell’ipotesi in cui l’autore di tale contenuto si rifiuti di rimuovere il commento lesivo della reputazione altrui a seguito di una segnalazione posta in essere dalla persona offesa.

In tal caso l’Autorità Giudiziaria potrà, pertanto, disporre il sequestro preventivo della pagina Instagram o di altro social network su cui sono stati integrati gli estremi della diffamazione con oscuramento del profilo dalla pagina web laddove ritenga sussistente un rischio di agevolazione del reato, di aggravamento delle conseguenze del reato e di reiterazione dello stesso.

Alla luce delle superiori considerazioni, in un periodo storico in cui lo scambio di opinioni e l’incontro tra persone avviene sempre più spesso virtualmente, occorre prestare particolare attenzione al tipo di linguaggio utilizzato e ricordarsi che le condotte diffamatorie non rimangono comunque impunite prescindendo dal contesto in cui le stesse vengono integrate.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Mara Schifitto

Latest posts by Mara Schifitto (see all)

Articoli inerenti