Il “risultato” codificato nel d.lgs. 36/2023

Il “risultato” codificato nel d.lgs. 36/2023

Il concetto di risultato non rappresenta una novità assoluta nel lessico giuridico. Nondimeno, detta affermazione necessita di almeno due precisazioni a corredo:

– la nozione di risultato non ha trovato spazio sinora nel diritto positivo, quanto piuttosto nelle riflessioni coltivate da parte della letteratura scientifica[1];

– essa, inoltre, è stata indagata con riferimento alle sue implicazioni nello svolgimento della funzione amministrativa in senso stretto, sollecitando il superamento di una visione di amministrazione per atti in favore di un’amministrazione che soddisfa i bisogni della collettività con la propria attività[2].

Declinato in questo senso, il risultato positivizzato nel codice dei contratti pubblici perde di innovatività, esaurendosi nella condivisa necessità di coltivare la costante tensione dell’agire pubblico verso gli obiettivi assegnati secondo il canone del buon andamento, da realizzare con il miglior uso possibile dei mezzi disponibili e con il maggior grado possibile di soddisfazione della domanda di prestazioni[3].

Tuttavia, il primo articolo del codice fornisce una nozione per certi versi inedita del principio del risultato[4], non strettamente correlato con il suo omonimo afferente alle attività di esercizio della funzione pubblica[5].

Il “risultato” che l’amministrazione è chiamata a perseguire nell’affidamento ed esecuzione del contratto coincide, secondo il dettato dell’art. 1[6], con la “massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”.

La proposizione enuncia, al contempo, i valori in cui il concetto di risultato si concretizza e gli argini all’interno dei quali i predetti valori devono essere perseguiti. I valori di riferimento, in cui si esprime il risultato di una buona “contrattazione”, sono la tempestività e il miglio rapporto qualità-prezzo: Il primo afferisce al rispetto dei tempi (non solo di affidamento, ma anche di esecuzione), il secondo all’economicità della transazione.

I due valori anzidetti, atti al soddisfacimento del cd. “interesse realizzativo”, non sono posti dal legislatore in ordine di importanza, risultando prima facie pari-ordinati. Invero, tra gli stessi emergono interconnessioni e, in molti casi, l’alternativa viene risolta in nuce dal codice stesso, che impone il ricorso al criterio dell’offerta più vantaggiosa.

Peraltro, come riscontra attenta dottrina, anche in ambito contrattuale la diffidenza che aleggia attorno alla giuridificazione del principio di risultato risiede nella sua attitudine a rappresentare un dispositivo attraverso cui realizzare una transizione massiccia delle scelte pubbliche dall’area del merito a quella della discrezionalità, con il rischio di un effetto uniformante che su tali scelte potrebbe determinarsi per effetto del consolidarsi delle posizioni giurisprudenziali[7].

Sempre nel comma 1 dell’art. 1, il legislatore precisa che il principio del risultato deve essere perseguito “nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”.

La principale riflessione critica affiorata in merito concerne la mancata centralità riconosciuta ai principi di legalità, trasparenza e concorrenza dalla lettera della legge.

È pur vero che i principi in questione trovano nell’ordinamento generale plurime e rilevanti esplicitazioni. Ma è altrettanto vero che il settore dei contratti pubblici, da tempo, sta assumendo i contorni di un sottosistema con tratti di specialità[8] alquanto marcati.

Ciononostante, i tre summenzionati principi non vengono presentati come “obiettivi”, ossia come “principi a sé”, bensì come principi necessari a “bilanciare”, o addirittura a “frenare, la “corsa al risultato” che l’incipit codicistico sembra incentivare[9].

In altri termini, mediante il richiamo ai tre valori di cui supra, il legislatore ribadisce che la logica del risultato non può essere perseguita a ogni costo e, segnatamente, che non può arretrare a fronte di legalità, trasparenza e concorrenza.

Ne deriva che il principio del risultato attua, nel settore dei contratti pubblici, il principio di buon andamento e i correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso viene perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione Europea (c. 3), divenendo, dunque, declinazione diretta delle regole sovraordinate alla legge (Costituzione e diritto europeo).

Assunta tale centralità e caratura sovra-ordinata, il principio del risultato assurge a “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”, ovvero criterio direttivo per le scelte discrezionali e per l’attività interpretativa.

Il sistema derivante dall’art. 1 del Codice dei contratti, dunque, radica la gerarchia dei principi nell’attuazione della struttura costituzione e negli obiettivi dell’Unione; individua con chiarezza il profilo prioritario dell’interesse pubblico, funzionalizzandovi i restanti; fissa expressis verbis il criterio per le valutazioni discrezionali del soggetto procedente e per l’interpretazione degli enunciati normativi (comprese le clausole generali), sicché rende suscettibile di sindacato giurisdizionale la decisione[10].

 

 

 

 

 

 


[1] Sul tema del “risultato” si rinvia a: L. Iannotta, La considerazione del risultato nel giudizio amministrativo: dall’interesse legittimo al buon diritto, in Dir. proc. amm., 1998, II, p. 299 ss.; Id., Previsioni e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai beni, in Dir. amm., 1999, I, p. 57 ss.; Id., Principio di legalità e amministrazione di risultato, in Amministrazione e legalità. Fonti normative e ordinamento, Milano, 2000, p. 38 ss.; A. Romano Tassone, Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001, p. 813 ss.; Id., Analisi economica del diritto e “amministrazione di risultato”, in Dir. amm., 2007, I, p. 63 ss.; G. Corso, Amministrazione di risultati, in Annuario dell’Associazione italiana dei professori di diritto Amministrativo, Milano, 2002, p. 127 ss.; M. Cammelli, Amministrazione di risultato, in Annuario dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Milano, 2002, p. 107 ss.; M.R. Spasiano, Funzione amministrativa e legalità di risultato, Torino, 2003. Per un’analisi complessiva, M. Immordino – A. Police (a cura di), Principio di legalità e Amministrazione di risultati. Atti del convegno di Palermo 27-28 febbraio 2003, Torino, 2004.
[2] G. M. Racca – S. Ponzio, La scelta del contraente come funzione pubblica: i modelli organizzativi per l’aggregazione dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2019, I, p. 33.
[3] M. Renna, I principi, op. cit., p. 8. S. Perongini, Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, in Studi in onore di Filippo Salvia. Atti del Convegno «Quale piano per il futuro dell’urbanistica?», a cura di G. Corso – M. Immordino, Napoli, 2022, pp. 517-537, evidenzia come la nozione di “risultato amministrativo” abbia natura relazionale e muti a seconda del termine di riferimento.
[4] H. Simonetti, Principio del risultato e gerarchia degli interessi nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Judicium.it, 12 settembre 2023, sintetizza efficacemente il dibattito relativo alla portata del principio del risultato: “[…] Il principio del risultato è visto da taluni come una novità assoluta, in termini di rottura rispetto al passato, da altri come la riscoperta di un qualcosa che era già presente o comunque ricavabile dall’esperienza italiana, sebbene meno recente, da altri ancora si dubita che quello del risultato sia davvero un principio in senso proprio. In effetti, il risultato potrebbe essere considerato, più semplicemente e senza nulla togliere all’importanza dell’obiettivo, come una ‘politica’, piuttosto che un principio”.
[5] Sul carattere innovativo del principio di risultato, come codificato, F. Cintioli, Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Giustizia-Amministrativa.it, 18 maggio 2023: “Il principio del risultato è una delle più significative novità del codice dei contratti pubblici del 2023. Lo conferma anzitutto la sua collocazione topografica: in posizione di centralità all’articolo 1 del codice”. Si veda, altresì, L. Carbone, La scommessa del Codice dei contratti pubblici e il suo futuro, op. cit.
[6] Art. 1 D.lgs. 36/2023 – Principio del risultato:
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.
Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti; b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.
[7] In questi termini M. Renna, I principi, op. cit., p. 10.
[8] A. Benedetti, I contratti della pubblica amministrazione fra specialità e diritto comune, Torino, 1999.
[9] M. Renna, I principi, op. cit., p. 10.
[10] L.R. Perfetti (a cura di), Codice dei contratti pubblici Commentato – D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, sub art. 1, Milano, 2023, pp. 12-14, enuclea il sistema di regole desumibili dall’art. 1 del Codice: “a) L’interesse pubblico perseguito dai soggetti appaltanti o concedenti è quello dell’affidamento del contratto e dell’esecuzione della prestazione secondo una serie di regole applicative che massimizzino tempestività e rapporto qualità/prezzo, legalità, trasparenza e concorrenza, giacché l’intera attività è diretta al ‘soddisfacimento dei fabbisogni della collettività’; b) Questo profilo dell’interesse pubblico – il principio realizzativo – ordina i restanti profili e principi, destinati a disporsi nella sua prospettiva anche ove entrano a comporre fattispecie discrezionali (nelle quali il ‘principio del risultato costituisce criterio prioritario’); c) Conseguentemente, ‘l’individuazione della regola del caso concreto’ avviene alla luce del principio del risultato e la gerarchia ch’esso pone relativamente ai restanti principi; d) E ciò, sia in attuazione delle regole costituzionali (di cui all’art. 97 Costituzione, essendo ‘attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento’) e, soprattutto, della struttura stessa del potere pubblico descritta dalla dinamica costituzionale, secondo la quale esso non può che essere funzionale al godimento dei diritti da parte della persona e delle comunità (‘esso è perseguito nell’interesse della comunità’); e) sia dei principi generali dell’azione amministrativa disposti dalla legge generale sul procedimento amministrativo (essendo correlato ai ‘principi di efficienza, efficacia ed economicità’) e ‘per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea’; f) Inoltre, definisce un criterio interpretativo destinato a guidare – e rendere quindi razionalmente controllabile – l’attività ermeneutica (diversa dal potere discrezionale) della stazione appaltante o concedente (cfr. art. 4: ‘le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3’); g) Ne consegue che i restanti profili dell’interesse pubblico sono funzionalizzati al risultato sia nella fase procedimentale di formazione del contratto che in quella esecutiva della prestazione (‘La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglio risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità’)”.

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Roberto Landi

Assistente amministrativo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Prato e Pistoia ed ex Tecnico di Amministrazione presso il Tribunale Ordinario di Salerno. Laurea cum laude in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno, Master di II livello in “Strategie Organizzative e di Innovazione per la P.A.”. Tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 da Ottobre 2021 a Maggio 2023. Praticante avvocato e cultore del diritto.

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