Il sequestro di persona a scopo di estorsione: analisi criminologica e struttura del reato

Il sequestro di persona a scopo di estorsione: analisi criminologica e struttura del reato

Sommario: 1. Cenni introduttivi e ratio della fattispecie – 2. Gli interventi normativi a cui è stata sottoposta la fattispecie – 3. Il bene giuridico tutelato – 4. La condotta criminosa – 5. L’elemento soggettivo e il contrasto giurisprudenziale sorto con riferimento all’ ingiusto profitto – 6. Circostanze aggravanti ed attenuanti

 

1. Cenni introduttivi e ratio della fattispecie

Reato dalle radici storiche antiche, il sequestro di persona a scopo di estorsione (o ricatto) è andato assumendo, a partire dagli anni ’70, il volto di un crimine sempre più diffuso e pericoloso suscitando particolare allarme sociale ed un profondo interesse criminologico. 1 Comparso con carattere episodico nell’ ambiente pastorale sardo2 e circoscritto in origine a contesti locali di tipo isolano caratterizzati da specifiche sub-culture delinquenziali, ha conosciuto una rapida espansione in tutte le regioni d’Italia (anche quelle prima immuni, con particolare concentrazione in Calabria, Lazio, Piemonte e Sardegna)3 e una modificazione dei propri tratti essenziali.

Ancorchè dopo la forte espansione negli anni ’70 e ’80 si sia registrato un decremento nella frequenza dei fenomeni estorsivi a causa della più alta resa di altre forme di delinquenza (ad esempio rackets, traffico di stupefacenti, ecc.) 4 permangono le connotazioni di gravità di tale reato caratterizzato da un’elevata pericolosità dei suoi autori, dal ricorso a pressioni nei confronti delle famiglie per ottenere riscatti particolarmente redditizi, dall’uso di tecniche sempre più spregiudicate, disumane e crudeli (ad esempio, l’invio ai familiari di parti anatomiche prelevate al sequestrato a dimostrazione della serietà dell’intento estorsivo), senza peraltro che l’effettivo pagamento del prezzo costituisca garanzia di liberazione o sopravvivenza: da qui la definizione di sequestro estorsivo come “negoziazione asimmetrica” nella quale si realizza una mercificazione della vittima, senza alcun tipo di garanzia nei confronti di qust’ultima dopo il pagamento dell’ingiusto profitto conseguito. La conclusione del sequestro senza liberazione potrebbe dipendere da decisioni predeterminate o da fattori accidentali, come ad esempio il riconoscimento dei carcerieri da parte della vittima, l’insopportabilità di questa alle condizioni di prigionia o ancora, la somministrazione di dosi eccessive di farmaci. Altrettanto frequenti sono i casi di sequestri conclusi senza pagamento del riscatto (per rifiuto di corrispondere la somma di denaro, per la liberazione da parte della polizia o per la fuga del sequestrato). 5

Con riguardo ai tratti distintivi, si osserva come l’aumento della durata del sequestro estorsivo sia dipesa fortemente dalla professionalità delle organizzazioni criminose e da numerosi altri fattori quali ad esempio prigioni sempre più sicure, luoghi molto spesso inaccessibili e carcerieri insospettabili, nonché finanziamenti adeguati ed omertà generale in alcune zone.

Tale fattispecie ha visto sempre più coinvolti come autori, accanto ai “pastori”, il “mondo rispettabile del commercio, delle professioni (…), spinto al sequestro non per fare fronte ai bisogni quotidiani, ma dal grande lucro. Con affidamento, poi, del sequestrato, a latitanti costretti alla macchia o a pastori con ovili in luoghi isolati. Così: dal sequestro rurale-pastorale al sequestro mafioso e al sequestro gangsteristico-metropolitano”. 6

Oggi il sequestro estorsivo, fenomeno in crescente espansione, e reato forse più redditizio e qualificante la delinquenza dopo quello del traffico di droga, vede tra le tipologie di vittime persone di entrambi i sessi e di diverse fasce d’età, pur se con prevalenza di persone di sesso maschile di età compresa tra i 20-25 anni e i 50-55 anni, con particolare riferimento agli appartenti al mondo degli imprenditori, dei dirigenti d’azienda e dei professionisti, persone comunque benestanti (o ritenuti tali dai sequestratori).

Quattro sono le dinamiche relazionali che il sequestro estorsivo genera: dinamica tra sequestrato e sequestratori ” con fenomeni di regressione di quello, di identificazione col carceriere e di ostilità verso le istituzioni e i familiari (…); tra sequestratori e famiglia del sequestrato, che, sottoposta al dolore della perdita, alle pressioni del riscatto, allo stress dell’incertezza, all’iniziale rabbia e diffidenza verso quelli, finisce per sostituire dapprima un atteggiamento meno negativo e più possibilista e, poi, una maggiore accettazione del rapporto coi medesimi (percepiti finanche come “buoni”), fino allo “spostamento” dell’ostilità verso gli organi istituzionali o chiunque interferisca in tale rapporto, vissuto in termini sempre più privati ed esclusivi (…); tra famiglia ed organi istituzionali, che inizialmente investiti delle maggiori speranze, vengono poi gravati degli aspetti negativi col protrarsi del sequestro, fino a vere e proprie intolleranze quando li si ritiene responsabili degli ostacoli emersi nel corso delle trattative (…); tra organi istituzionali e (eventuali) “dissociati” che comportano problemi di particolare delicatezza (di credibilità, di utilizzazione delle informazioni senza creare ulteriori rischi per la vittima).” 7

Quanto poc’anzi illustrato ha comportato un triplice effetto: non solo il ricorso, da parte dei soggetti vulnerabili, di diverse modalità di difesa personale (come ad esempio, le richieste di licenze per la detenzione ed il porto di armi, l’utilizzazione di guardie del corpo e l’impiego di mezzi tecnologici di sicurezza sofisticati e di strategie antisequestro) ma anche l’intensificazione alla lotta contro i sequestri (la quale ha portato a numerosi successi sia nell’identificazione che nella persecuzione dei sequestratori, con conseguente liberazione dei sequestrati).

Da ultimo, si segnala l’introduzione di un deterrente alla criminalità a scopo lucrativo: ” attraverso il sequestro temporaneo obbligatorio dei beni del sequestrato o dei suoi familiari, introdotto poi con L. n. 8/1991, che ha contribuito alla flessione del numero dei sequestri e che va mantenuto (nonostante ne venga richiesta la soppressione, specie in seguito a taluni casi di sequestro di lunga durata) o perfezionato, anche perchè la suddetta legge consente al P.M. di chiedere al giudice l’autorizzazione al pagamento del riscatto.” 8

Il crescente allarme sociale provocato dal diffondersi dei sequestri estorsivi, considerati forme di illecito arricchimento della criminalità organizzata, ” ha alimentato reazioni legislative tipicamente “emergenzialistiche”, nella prospettiva di una strategia differenziata: cioè tendente, per un verso, a rendere più rigoroso il trattamento punitivo e, per altro verso, a favorire forme di ravvedimento funzionalizzate alla liberazione dell’ostaggio, o all’elisione delle ulteriori conseguenze del Reato Ovvero, infine, alla collaborazione con gli inquirenti.” 9

2. Gli interventi normativi a cui è stata sottoposta la fattispecie

Secondo l’originaria configurazione codicistica, il sequestro di persona a scopo di estorsione costituiva indifferentemente una speciale forma di estorsione caratterizzata dal mezzo del sequestro di persona, oppure un sequestro di persona qualificato dal fine estorsivo. 10

Nonostante si trattasse di una figura criminosa “ibrida”, incidente al tempo stesso sia sulla libertà personale che sul patrimonio del soggetto passivo, veniva collocato nel Titolo XIII privilegiando, in tal modo, una connotazione patrimonialistica. Pertanto, la vera ragion d’essere del sequestro di persona a scopo estorsivo, come reato distinto dal sequestro di persona di cui all’art. 605 c.p., risiedeva nello “scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione” e dunque, nell’offesa (anche se a livello di esposizione a pericolo, in quanto non viene richiesto dalla fattispecie, ai fini della consumazione, l’effettivo conseguimento del prezzo del riscatto) del patrimonio del sequestrato: “siffatta caratterizzazione in senso prevalentemente patrimoniale era, poi, comprovata dalla previsione di un aggravamento di pena per l’ipotesi in cui l’agente conseguisse il pagamento della somma richiesta a titolo di ricatto. Questa originaria configurazione del reato non andava esente da obiezioni, specie se riconsiderata alla stregua del rango costituzionale dei beni offesi: la prevalenza attribuita al profilo patrimoniale della lesione, per giunta in quella prospettiva anticipata tipica del dolo specifico (“scopo di conseguire un ingiusto profitto”), sembrava infatti rinnegare la superiorità gerarchica del bene personalistico della libertà rispetto a quello del patrimonio.” 11

Tuttavia, la sua naturale collocazione è tra i delitti contro la persona sia “ per l’indubbia prevalenza del bene personalistico della libertà personale, sia per la progressiva perdita di quel connotato patrimoniale, ritenuto prevalente, dal codice del 1930 (…) come comprovato non solo dalla originaria irrilevanza ai fini della sussistenza del reato del conseguimento dell’intento estorsivo, ma ancor più dalla successiva soppressione (…) della aggravante della verificazione di tale evento” e “ dalla sostituzione della stessa con l’aggravante della morte del sequestrato (…)”.12

I diversi interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo hanno comportato un’alterazione della fisionomia del reato.13 La prima modifica è stata introdotta con la Legge n. 497 del 1974 che, per un verso ha inasprito il trattamento sanzionatorio e, per l’altro verso, ha introdotto un’attenuante per l’ipotesi in cui l’agente si fosse adoperato in modo da fare riacquistare la libertà al sequestrato senza che questa costituisse il risultato del pagamento del prezzo della liberazione.

Sotto la pressione emergenziale terroristica14, l’art. 630 c.p. ha subito una riformulazione, ricomprendendovi accanto al tradizionale sequestro estorsivo, la nuova fattispecie del sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (successivamente scorporata con la Legge di conversione n. 191/1978 la quale ha provveduto ad inserire nel codice penale, nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato, l’art. 289-bis). Ulteriore modifica fu data dall’inasprimento delle pene, con la previsione dell’ergastolo in caso di morte del sequestrato e, in una prospettiva premiale, una riduzione di pena a favore del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si fosse adoperato per la liberazione dell’ostaggio.

Con la Legge n. 894 del 1980, il legislatore si è limitato a rivedere la parte premiale lasciandone inalterate, invece, la struttura, il trattamento del reato base e le circostanze. Viene così introdotta un’ipotesi di ravvedimento a favore del concorrente che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria. Il D.L. 15 gennaio 1991 n. 8 ha poi previsto un’ulteriore attenuazione di pena per l’ipotesi in cui il contributo fornito dal concorrente dissociatosi dagli altri sia di eccezionale rilevanza, con riferimento alla durata del sequestro e all’incolumità del soggetto sequestrato.15

3. Il bene giuridico tutelato

Il delitto in questione presenta natura plurioffensiva, in quanto il bene giuridico tutelato è rappresentato prevalentemente dalla libertà personale della vittima, sebbene unitamente alla protezione dell’integrità patrimoniale. L’attenuazione della dimensione patrimonialistica della fattispecie, a seguito delle modifiche di disciplina apportate con il D.L. n. 59/1978, sono supportate sia dalla soppressione dell’aggravamento di pena per l’ipotesi in cui l’agente avesse effettivamente conseguito il prezzo del riscatto e dalla sua sostituzione con la circostanza aggravante della causazione della morte dell’ostaggio, sia dall’esclusione di un’attenuazione di pena per il caso di mancato conseguimento del profitto.16

“In una prospettiva di riforma, occorrerà pertanto affrontare i problema se il sequestro a fini estorsivi debba continuare a essere collocato tra i delitti patrimoniali o, piuttosto, nell’ambito dei delitti contro la libertà individuale. Ma, al di là del problema della collocazione sistematica, si dovrà altresì tornare a riflettere sulla questione di fondo relativa alle effettive ragioni di sopravvivenza del sequestro estorsivo, quale fattispecie “ autonoma” rispetto all’ipotesi base del sequestro di persona.”17

4. La condotta criminosa

Trattasi di un reato comune in quanto il soggetto attivo può essere chiunque.

La condotta criminosa è identica a quella prevista dal reato di cui all’art. 605 c.p. e consiste, dunque, nel privare taluno della libertà personale, concepita come possibilità di libero movimento nello spazio. Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato18, ai fini della configurabilità del reato, non è sufficiente che la privazione della libertà sia assoluta, in quanto la fattispecie viene integrata anche nel caso in cui vi sia impossibilità di movimento anche solo parziale (ad esempio, nel caso in cui si impedisca alla persona offesa di uscire dalla propria abitazione lasciandola però libera di muoversi al proprio interno): basta dunque che il soggetto passivo non sia in grado, anche considerando le proprie limitate capacità di reazione, di superare da solo un ostacolo che gli viene frapposto.

Non deve configurarsi un impedimento assoluto ed oggettivamente insuperabile, essendo sufficiente che la condotta del reo si sostanzi nell’apprestamento di misure dirette ad impedire e scoraggiare l’allontanamento dai luoghi in cui si intenda trattenere la vittima: pertanto, sussiste il reato quando, pur a fronte della possibilià di fuga del sequestrato, questi sia costretto ad iniziative imprudenti o ad espedienti tali da indurlo a rinunciare per timore di ulteriori pericoli o danni alla propria persona.19 Si tratta di un reato a forma libera risultando indifferenti le modalità con cui il sequestro è eseguito: può essere realizzato con una coercizione fisica (come nel caso in cui si incateni o leghi la vittima), oppure con una violenza morale (ad esempio, tenendo in ostaggio una persona puntandole un’arma contro). Secondo la giurisprudenza20 “la costrizione non deve necessariamente estrinsecarsi in mezzi fisici adoperati contro la volontà della persona offesa, ben potendo manifestarsi nella forma della violenza morale, ravvisabile in qualsiasi atteggiamento che, in relazione alle particolari circostanze, sia suscettibile di togliere alla vittima la capacità di determinarsi ed agire secondo la propria autonoma ed indipendente volontà.”

La condotta può realizzarsi anche con mezzi fraudolenti, somministrando alla vittima sostanze narcotiche21 o traendola in inganno sul pericolo di allontanarsi da un determinato luogo. E’ stata finanche ritenuta ammissibile la configurabilità del reato in forma omissiva, quando il reo sia tenuto a garantire la liberazione della persona offesa.

Con riguardo alla durata minima di privazione della libertà personale, la giurisprudenza talvolta si accontenta di una perdita della libertà che si protrae per un periodo di tempo di un certo rilievo22, altre volte esige che i verifichi un tempo giuridicamente apprezzabile23, ma non mancano neppure pronunce che considerano sufficiente un lasso di tempo breve, brevissimo o minimo.24 “In realtà, anche se non è predeterminabile con precisione e una volta per tutte il lasso di tempo a partire dal quale il fatto diventa punibile, una cosa è certa: trattandosi di reato permanente, perchè si abbia sequestro di persona consumato, e non tentato, è necessario il protrarsi più o meno lungo della privazione della libertà personale. Al fine di verificare se il fatto tipico si sia manifestato nella sua compiutezza, occorrerà prendere in considerazione tutti gli elementi della situazione concreta, quali il luogo, il mezzo, il tempo e le altre modalità della condotta.”25

Il tentativo è configurabile sia nell’ipotesi in cui vengano posti in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a privare taluno della libertà personale, quanto nel caso in cui il sequestro sia iniziato ma non perduri per quel lasso di tempo necessario al suo perfezionamento.

5. L’elemento soggettivo e il contrasto giurisprudenziale sorto con riferimento all’ ingiusto profitto

L’elemento soggettivo del reato è il dolo specifico, essendo richiesti non solo la coscienza e la volontà di sequestrare una persona ma anche il fine di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione: è proprio la presenza di questo particolare fine di profitto che conferisce autonomia alla fattispecie e la differenzia dal sequestro di persona previsto dall’art. 605 c.p. Tale corrispettivo per liberare il sequestrato può consistere in denaro, in cose patrimoniali di proprietà del sequestrato o di altri o in altra utilità la quale può essere corrisposta sia dal sequestrato (ad esempio mediante il rilascio di assegni o cambiali) sia da terzi (ad esempio dai familiari).

Trattasi, dunque, di un reato a dolo specifico di offesa patrimoniale “essendo caratterizzato non dalla reale offensività patrimoniale, ma dalla sola intenzionalità offensiva: basta per la sua perfezione la sola lesione del bene personale (l’avvenuto sequestro) e non occorre il danno al patrimonio (il pagamento del prezzo del riscatto) e il conseguimento del profitto. Dovendosi ritenere oggetto giuridico il patrimonio, potenziale soggetto passivo dovrà considerarsi la persona sul cui patrimonio graverà il pagamento del riscatto. La quale potrà essere persona diversa dal sequestrato, che in tal caso sarà soltanto soggetto passivo della condotta. E tutto ciò riprova l’abnormità della collocazione del delitto tra i reati patrimoniali.”26

L’ingiusto profitto deve essere perseguito come prezzo della liberazione del sequestrato: non si configura, pertanto, il reato quando lo scopo di conseguire un ingiusto profitto sia estraneo alla liberazione della vittima (in questo caso vi sarà concorso tra il reato di sequestro di persona di cui all’art. 605 c.p. e il reato di estorsione di cui all’art. 629 c.p. nel, caso ad esempio, in cui il colpevole pretenda un compenso, non per liberare il sequestrato ma per rendergli meno gravosa la detenzione).

Il concetto di ingiusto profitto è stato inteso in un’accezione molto lata, ricomprendente qualsiasi utilità anche di natura non patrimoniale: questa intepretazione estensiva appare più accettabile ritenendo ormai superata la tradizionale concezione patrimonialistica della fattispecie in esame (ad esempio, è stato ritenuto configurare un ingiusto profitto il provvedimento di scarcerazione cui miravano i detenuti che avevano sequestrato gli agenti di custodia).

Al riguardo, non sono mancate però opinioni dottrinali che hanno ritenuto di dover qualificare sotto un profilo squisitamente patrimoniale l’ingiusto profitto (come suggerirebbe il concetto di “prezzo della liberazione”). “Peraltro, tale interpretazione oggi non creerebbe alcun vuoto legislativo, in quanto, in caso di sequestro finalizzato a conseguire un profitto non patrimoniale, troverebbe applicazione la fattispecie di presa di ostaggi, disciplinata dall’art. 3 della l.n. 718/1985; viceversa, tale tesi opposta, stante la clausola di sussidiarietà contenuta in tale fattispecie, condurrebbe di fatto ad una disapplicazione ingiustificata di quest’ultima norma.”27

Un delicato problema interpretativo concerneva, specie in passato, il rapporto tra il sequestro di persona ex art. 605 c.p. e il sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’art. 630 c.p.

Si è discusso, infatti, sulla configurabilità di un ingiusto profitto ogniqualvolta la privazione della libertà personale della vittima trovi una giustificazione in un preesistente rapporto avente causa illecita (ad esempio, il fatto commesso contro la vittima per soddisfare un credito derivante da una precedente fornitura di sostanza stupefacente, oppure in un caso in cui le vittime, di nazionalità cinese, erano state private della libertà personale fino al versamento completo dei costi anticipati da un’organizzazione criminale per consentire loro l’ingresso illecito nel territorio dello Stato).

La giurisprudenza sul punto è stata oscillante: ad un orientamento affermatosi a partire dai primi anni Novanta il quale escludeva la configurabilità del più grave reato di cui all’art. 630 c.p. e ravvisava, invece, un concorso tra il sequestro di persona semplice (art. 605 c.p.) e l’estorsione (art. 630 c.p.) tentata o consumata (a seconda dei casi) allorché la privazione della libertà della vittima fosse finalizzata ad ottenere, quale prezzo per la liberazione, un profitto ingiusto; si contrapponeva la tesi che ravvisava, invece, in simili ipotesi, il più grave reato di sequestro di persona a scopo di estorsione. A sanare tale contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione28 che, aderendo al secondo indirizzo, hanno concluso per la configurabilità del delitto di cui all’art. 630 c.p. affermando che “il prezzo è la controprestazione che viene imposta quale corrispettivo della liberazione della persona: prezzo e liberazione sono quindi i due poli di uno specifico sinallagma. La ricerca di questo corrispettivo può essere volta a conseguire sia il vantaggio che deriva direttamente dal prezzo (e quindi ottenere un profitto comunque ingiusto), sia il vantaggio che deriva da un rapporto pregresso.”

6. Circostanze aggravanti ed attenuanti

L’art. 630 comma 2 c.p. prevede un aggravamento di pena (30 anni di reclusione) “ se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo”. Questa ipotesi configura un delitto aggravato o qualificato dall’evento con l’applicazione a ciascuno dei correi dell’aggravamento di pena a titolo di responsabilità oggettiva, vale a dire, per la sola esistenza di un nesso di causalità tra reato, condotta criminosa e morte dell’ostaggio. Ne costituisce conferma l’uso del termine “comunque” il quale rivela l’intenzione del legislatore di accollare al sequestratore la morte del sequestrato tutte le volte in cui questa rappresenta, appunto, una conseguenza del sequestro. Ne deriva, pertanto, che, il comma 2 sarà destinato a trovare applicazione tutte le volte in cui la morte non sia voluta né conosciuta dall’agente ma sia comunque derivata dal sequestro e sempre che l’evento sia ricollegabile alla condotta criminosa. In tal senso, secondo la giurisprudenza29 “nel momento in cui il legislatore ha recepito un dato sociale – quale la frequenza, nei sequestri, della morte del sequestrato – ha anche ritenuto di considerare la morte di costui come conseguenza possibile dell’illecito in discorso, sicché questa (…) è legata al sequestro sotto il profilo del nesso causale e, per tale ragione, va sempre imputata al reo, anche se non voluta, essendo irrilevante ogni atteggiamento psicologico di inerzia posto che il fatto iniziale (…) è potenzialmente produttivo dell’ulteriore evento che, dunque, rientra nella normale prevedibilità da parte dell’agente.” La rilevanza penale della morte può essere esclusa soltanto se l’evento sia stato totalmente estraneo al nesso causale (come ad esempio nel caso in cui il sequestrato venga ucciso da persone e per ragioni totalmente estranee al sequestro).

A fronte di una tale impostazione, una parte della dottrina, al fine di scongiurare dubbi di legittimità costituzionale, ha interpretato la norma nel senso di richiedere che l’evento aggravatore debba essere addebitato a titolo di colpa, tale per cui la morte della vittima deve costituire la concretizzazione dello specifico rischio insito nelle modalità di realizzazione della condotta criminosa.30

Il comma 3 dell’art. 630 c.p. dispone che si applica la pena dell’ergastolo “se il colpevole cagiona la morte del sequestrato”: questa ipotesi si differenzia da quella prevista dal comma 2 per il fatto che l’evento morte deve essere volontariamente provocato dall’agente.

Secondo la giurisprudenza31, nell’ambito del sequestro a scopo estorsivo, l’omicidio del sequestrato non assume autonomia e, pertanto, non concorre con il reato di cui all’art. 630 c.p., in quanto l’evento morte, in aggiunta alla privazione della libertà personale e all’ingiusto profitto come prezzo per la liberazione, dà vita ad un reato complesso sottostante alla disciplina di cui all’art. 84 c.p. e commissibile anche con dolo eventuale o indiretto.32

Con particolare riferimento all’ipotesi di concorso nel delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, nella cui esecuzione sia stata cagionata la morte del sequestrato, la giurisprudenza33 ha precisato che “ non può essere affermata la responsabilità penale per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato ai sensi dell’art. 630 comma 3 c.p. solo in ragione della condivisione da parte del soggetto agente del generale contesto delittuoso, in assenza dell’individuazione ed attribuzione a questi di una condotta riferita a soggetto determinato di cui si è verificata la morte. Si ricorrerebbe, altrimenti, in una inammissibile responsabilità oggettiva e di una violazione del principio secondo cui, al fine di definire l’elemento psicologico del reato, è necessario accertare ancor prima l’attribuzione all’agente della condotta sequestrante del soggetto di cui consegua la morte.”

In coerenza con una strategia politico-criminale differenziata il legislatore ha introdotto speciali attenuazioni di pena per il concorrente che si dissocia dagli altri ed attui comportamenti diretti alla liberazione dell’ostaggio, ovvero aiuti gli organi inquirenti nella persecuzione dei colpevoli. “Nel primo caso, la prospettiva “premiale” tende a reintegrare il bene della libertà personale offeso dal protrarsi del sequestro, ed è perciò omogenea al piano dell’offesa penalmente rilevante: nel secondo caso il “premio” è invece disomogeneo rispetto al piano dell’offesa, in quanto mira a conseguire soltanto effetti di natura processuale. Lo scopo di politica criminale perseguito dal legislatore è evidente; si vogliono incoraggiare comportamenti diretti a sgretolare ab interno le associazioni dei sequestratori.”34

In particolare, il comma 4 dell’art. 630 c.p. stabilisce che trovano applicazione le pene più miti previste dall’art. 605 c.p. “nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la libertà, senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione”.35 La condotta di dissociazione, per assumere rilevanza penale, deve essere volontaria, ossia non condizionata da fattori esterni come la fuga dell’ostaggio o l’intervento della polizia.36 Dubbio è se il ravvedimento debba sfociare nell’effettiva liberazione dell’ostaggio oppure se sia sufficiente un’attività diretta a conseguire tale risultato. Prevalente è la tesi che richiede l’effettivo conseguimento del risultato: “tra le ragioni che la supportano, vi è anche il rilievo che le forme di dissociazione non sfocianti nella liberazione dell’ostaggio possono essere ricondotte all’attenuante meno corposa prevista dall’art. 630, comma 5, in quanto attività diretta ad impedire le ulteriori conseguenze dell’attività delittuosa. Beninteso, l’attenuante in esame è inapplicabile se, in seguito alla liberazione dell’ostaggio, venga successivamente richiesto il pagamento del riscatto: infatti, in tal caso esulerebbe una condotta di dissociazione intesa come rinuncia definitiva a conseguire l’obiettivo criminoso.”37

Se dopo la liberazione il sequestrato muore e la morte è comunque conseguenza del sequestro, la pena è della reclusione da sei a quindici anni.

Il comma 5 dell’art. 630 c.p. stabilisce che la pena dell’ergastolo è sostituita con la reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi nei confronti del “concorrente che, dissociandosi dagli altri si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori”38 ovvero “aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione e la cattura dei concorrenti.”39 L’applicazione di siffatta circostanza attenuante presuppone che l’associazione sia ancora in vita, dovendosi negarsi la concessione del beneficio nel caso di associazione già disciolta.40


1Per un approfondimento sul tema si segnala Dalia, I sequestri di persona a scopo di estorsione, in Enc. Dir., XLII, 1990, p. 200; E. Gallo, Sequestro di persona a scopo di estorsione, in Enc. Giur., XXVIII, 1992; Ronco, Sequestro di persona a scopo di estorsione, terrorismo o di eversione, in N. Dig. it., App., VII, 1987, p. 134; Brunelli, Il sequestro di persona a scopo di eversione, Cedam, Padova, 1995; Pioletti, Sequestro di persona a scopo di estorsione, in Dig., XIII, 1997, p. 232 nonché Manzini, In tema di ricatto, in Arch. Pen., 1950, p. 406; Coco, Per una ridefinizione storico-sistematica del sequestro estorsivo, in Giust. Pen., 1983, p. 229; Bernardi, Associazione e collaborazione nei delitti con finalità di terrorismo, in Quest. Giustizia, 1982, p. 14. Si veda anche Luberto – Manganelli, I sequestri di persona a scopo di estorsione, Cedam, Padova, 1984 e 1990 e Bertoni, Il sequestro di persona tra normativa vigente e prospettive di riforma, in Cass. Pen., 1984, p. 1029.

2Il sequestro di persona a scopo di estorsione veniva considerato uno dei reati tipici della criminalità isolana accanto all’abigeato, al pascolo abusivo e all’omicidio per vendetta.

3Il sequestro estorsivo ha conosciuto ampia diffusione altresì in molti paesi europei, tra cui l’Inghilterra e la Spagna ed extraeuropei (il Canada), tanto da far sì che il Consiglio d’Europa, con la Raccomandazione del 1982, avvertisse dell’esigenza di una strategia unitaria di contrasto a tale fenomeno.

4Crescente è stata la diffusione del cosiddetto “sequestro-lampo” che si conclude in uno o pochi giorni con l’immediato pagamento di contenute somme di denaro.

5In tal senso si veda G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, I delitti contro il patrimonio, Settima edizione, Zanichelli Editore, 2015, p. 165; a tal riguardo si veda Spampinato, Sequestro di persona a scopo di estorsione, sequestro di beni e legge Gozzini, in Riv. Pen., 1998, p. 319; Giunta, Il sequestro di persona nelle recenti innovazioni legislative, in Arch,. Pen., 1983, p. 229.

6In questo senso F. Mantovani, Diritto penale parte speciale, I delitti contro il patrimonio, Ottava edizione, Wolters Kluwer, Cedam, p. 205. Per una più approfondita indagine sul punto si consiglia Boschi, Appunti sul sequestro di persona a scopo di estorsione, di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, in Foro It., 1980, V, p. 85 e Alifuoco, Profili problematici della nuova disciplina del sequestro di persona a scopo di estorsione, in Arch. Pen., 1982, III, p. 14.

7In questo senso F. Mantovani, Diritto penale parte speciale, cit., p. 205; Condorelli, La disciplina del sequestro di persona a scopo di estorsione dopo le recenti modifiche legislative, in Giust. Pen., 1982, II, p. 173; Fornasari, Ragionevolezza, dissociazione e sequestro di persona a scopo di estorsione, in Foro it., 1984, I, p. 2082.

8Così F. Mantovani, Diritto penale parte speciale, cit., p. 206.

9In questo senso G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., p. 165.

10Così Cass., 18 aprile 2012, in St. iur., 2012, p. 1441.

11In tal senso si veda G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., p. 166 il quale ritiene che “ è anche vero, tuttavia, che la previsione normativa del sequestro estorsivo come reato autonomo è stata storicamente influenzata, piuttosto che da considerazioni relative alla gerarchia astratta dei beni coinvolti, dalla corposa caratterizzazione criminologica che esso ha esibito a partire dall’epoca del brigantaggio: il fine estorsivo, lungi dal risolversi in un mero coefficiente psicologico come tale estrinseco alla materialità del sequestro, è in realtà assurto a scopo tipico di uno specifico modello di sequestro,vale a dire a acopo così coessenziale alla realizzazione del fatto da caratterizzarne la stessa tipicità, prima ancora che l’elemento intenzionale”. Cfr. anche E. Gallo, voce Sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di estorsione ecc., in Enc. Giur. Treccani, XXVIII, Roma, 1992 e Giunta, Il sequestro di persona, cit., pp. 238 ss.

12Così F. Mantovani, Diritto penale parte speciale, cit., p. 206.

13In questo senso si veda Dalia, I sequestri di persona a scopo di estorsione, terrorismo od eversione, cit., pp. 8 ss.; ID. voce Sequestro a scopo di estorsione, cit., p. 201; Padovani, Commento alla L. 30 dicembre 1980 n. 894, Modifiche all’art. 630 c.p., in Legisl, pen., 1981, pp. 172 ss.

14Si ricorda, a tal proposito, l’emblematico omicidio di Aldo Moro.

15Secondo G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., p. 167 “ la previsione di un trattamento di favore per il “sequestratore pentito” (oltre he per il “terrorista pentito”) può sollevare dubbi di costituzionalità sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.): non si vede infatti perchè mai lo stesso trattamento non debba essere esteso a estortori, rapinatori, contrabbandieri ecc. che “ dissociandosi” dai concorrenti, si adoperino per eliminare o attenuare le conseguenze del reato.” In relazione alle richieste di abrogazione o modifica della normativa in questione si veda Bernardi, Il blocco dei beni va mantenuto: solo così si elimina il principale incentivo al delitto, in Dir. Pen. E proc., 1998, p. 234.

16Secondo Pagliaro, Principi, pp. 221 ss “è inutile stare a discutere se prevalga l’offesa al patrimonio o quella alla persona; e, a sua volta, se prevalga l’offesa alla libertà morale o quella alla libertà fisica. Dalla connessione tra le offese si forma un quid nuovo e autonomo, che consiste nella gravissima offesa che il soggetto subisce quando lo si priva della sua libertà personale al fine di richiedere un prezzo per liberarlo. Si tratta senza dubbio della peggiore forma di pressione alla quale può essere sottoposta la libertà morale dell’uomo; e, al tempo stesso, data l’entità della somma che in questi casi è richiesta per il riscatto (…) il fatto costituisce la più grave offesa per il patrimonio.”

17In questo seno G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., pp. 168-169.

18Così Cass., 5 dicembre 1988, in Riv. Pen., 1990, 137.

19Così Cass., 5 dicembre 1988, n. 3979.

20In tal senso si veda Cass., 14 febbraio 2005, n. 14566.

21Cass., 16 novembre 2016, n. 48307.

22Così, Cass., 3 ottobre 1981, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1983, 323.

23Così, Cass., Sez. II, 85/170625; Cass., 9 gennaio 1980, in Riv. Pen., 1980, 399.

24Così, Cass., 24 ottobre 1980 in Cass. Pen. Mass. Ann., 1982, 499 e Cass., 22 marzo 1976, in Cass. Pen. Mass. Ann., 1977, 1155.

25In tal senso G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., pp. 169-170.

26In tal senso si veda F. Mantovani, Diritto penale parte speciale, cit., p. 207.

27In questo senso R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale, parte speciale, III Edizione, Ita Edizioni, 2023, p. 726.

28Così, Cass. Sez. Un., 20 gennaio 2004, n. 962.

29Così, Cass. Pen. Sez. V, 26 settembre 1991, n. 11407.

30In questo senso si veda Dalia, voce Sequestro, cit., p. 207 il quale propone il ricorso alla causalità adeguata come correttivo per l’attribuzione dell’evento morte.

31Così, Cass. Sez. Un. 13 ottobre 1984, in Cass. Pen., 1985, 306; Cass., 1 luglio 1988, in Riv. Pen., 1990, p. 601.

32Così, Cass., 8 marzo 1989, in Riv. Pen., 1990, p. 186.

33Così, Cass., Pen. Sez. VI, 21 giugno 2021, n. 24255.

34In tal senso G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., p. 172.

35Secondo la tesi interpretativa avallata dalla Corte Cost., 16 maggio 1984, n. 143, in Foro it., 1984, II, 2082 ancorchè la lettera della norma limiti l’attenuante al singolo concorrente, prevale la tesi secondo cui sarebbe irragionevole escluderne la responsabilità sia nell’ipotesi di ravvedimento di un unico agente isolato e sia nel caso di resipiscenza di tutti i concorrenti.

36Così, Cass., 4 luglio 1986, in Riv. Pen., 1987, p. 601; Cass., 30 gennaio 1984, in Giust. Pen., 1984, II, p. 717; Cass., 12 marzo 1982, in Cass. Pen., 1983, p. 1553.

37In tal senso G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale parte speciale, cit., p. 173.

38Vi rientrano gli sforzi diretti a far conseguire la liberazione del sequestrato e quelli volti ad impedire la soppressione o la causazione di lesioni, con esclusione dei tentativi diretti a rendere più mite il trattamento sanzionatorio nei confronti del sequestrato.

39Si fa riferimento alle forme di collaborazione post delictum che si traducono in un aiuto alle indagini e che consistono in un ausilio decisivo per l’individuazione e la cattura dei concorrenti prima che tale risultato sia conseguito autonomamente dall’autorità inquirente.

40Così, Cass., 29 aprile 1986, in Riv. Pen., 1987, p. 797.

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