Il Whistleblowing nel sistema italiano

Il Whistleblowing nel sistema italiano

Sommario: 1. Introduzione – 2. Breve cenno storico sull’istituto – 3. La disciplina italiana del whistleblowing – 3.1 La legge n.179 del 2017 interviene sull’ambito di applicazione soggettivo del whistleblowing nel settore pubblico – 4. Le tutele previste dalla normativa per il whistleblower – 5. Riflessioni conclusive sull’operatività dell’istituto

 

1. Introduzione

Il whistleblowing è un tema molto attuale. La disciplina legislativa in materia è destinata a breve ad essere riformata, soprattutto alla luce del particolare momento storico mondiale.

Tutti sappiamo che durante questa crisi pandemica un grande flusso di denaro viene elargito sotto forma di sostegno economico verso le aziende e ciò per far fronte alla crisi economica che ha coinvolto il mondo intero. L’esigenza primaria dei governi per affrontare l’emergenza economica è stata quella di snellire le procedure di controllo, talvolta rendendo anche sufficiente una autocertificazione per ottenere il sostegno economico. Ebbene, è chiaro che, in una situazione del genere, ad un’accelerazione dei tempi nell’erogazione del denaro si fa strada una minore trasparenza delle operazioni pubbliche.

In questo contesto, il whistleblowing potrebbe essere utile per individuare eventuali storture dell’utilizzo delle risorse pubbliche. Quest’ultimo è, infatti, un istituto che ha la finalità primaria di promuovere la cultura della legalità il tutto correlato al più ampio principio della libertà di espressione ed al diritto dei cittadini di essere informati liberamente, come applicativi del principio della libera circolazione delle informazioni, così come chiaramente esplicitato dalla recentissima direttiva europea del 23.10.2019  n. 1937 che riguarda il whisleblowing europeo nella quale si afferma che la tutela del whistleblowing rappresenta la manifestazione concreta dell’art. 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo e dell’Art. 11 della Carta europea dei Diritti.

2. Breve cenno storico sull’istituto

Il termine whistleblowing ha origine nella letteratura americana e fa riferimento alla condotta di chi all’interno di contesti lavorativi organizzati rivela a terzi o pubblicamente l’esistenza di pratiche illegali.

La prima normativa si ebbe con l’approvazione del False Claims Act, durante la presidenza di Abraham Lincoln, e si concentrava sulle eventuali condotte illecite di fornitori di materiale bellico.

Dopo gli Usa, altre nazioni si sono interessate al tema della lotta alla corruzione fino a raggiungere l’attenzione delle Organizzazioni internazionali. La materia della corruzione viene, infatti, esplicitamente menzionata sia nell’’art. 9 della Convenzione Civile contro la Corruzione del Consiglio d’Europa del 1999, sia nell’art. 33 della Convenzione Onu che richiede agli Stati di garantire “misure appropriate per proteggere da qualsiasi trattamento ingiustificato ogni persona che segnali alle autorità competenti, in buona fede e sulla base di ragionevoli sospetti, qualsiasi fatto concernente i reati stabiliti dalla presente Convenzione”.

3. La disciplina italiana del whistleblowing

Il nostro Legislatore si è mosso un po’ in ritardo rispetto al panorama internazionale con riferimento al tema del whistleblowing. Il passo in avanti si è realizzato con la legge Severino del 2012 n. 190 con la previsione dell’art. 54 bis del Dlgs 165/2001 (cd. testo unico del pubblico impiego) rubricato “tutela del dipendente che segnala illeciti”.

È opportuno fare due importanti premesse per comprendere il meccanismo e le finalità dell’istituto in oggetto. Il whistleblower è colui che segnala l’illecito pur non avendo obbligo di denuncia ed è un soggetto estraneo all’illecito che segnala.

Gli interessi che entrano in gioco nella sedes materiae sono diversi e contrapposti: da un lato, l’interesse pubblico all’emersione degli illeciti e la tutela della libertà di espressione del whistleblower, dall’altro lato ci sono gli interessi datoriali alla segretezza dei dati aziendali, nonché la tutela della reputazione dei soggetti che vengono segnalati nel caso di accuse non veritiere.

3.1 La legge n.179 del 2017 interviene sull’ambito di applicazione soggettivo del whistleblowing nel settore pubblico

La legge menzionata interviene sulla disciplina del whistleblowing. Essa consta di tre articoli dettati per definire il perimetro soggettivo di operatività della disciplina dell’istituto, ritenuto che la legge Severino era poco chiara sul punto. In particolare, si individuano diverse categorie di soggetti cui si rivolge la disciplina e sono: i dipendenti delle p.a., i dipendenti degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ed infine i lavoratori e collaboratori delle imprese fornitrici di beni, servizi, opere in favore della p.a.

Occorre fare una precisazione sui soggetti interessati dalla disciplina del whistleblowing. Questo istituto, infatti, non riguarda quei soggetti che hanno ex lege un obbligo di denuncia. Si tratta, ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale, dei pubblici ufficiali [357 c.p.] e degli incaricati di un pubblico servizio [358 c.p.] che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.

Quanto all’oggetto della segnalazione, quest’ultima deve riferirsi a “condotte illecite” di cui si sia venuti a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, come stabilito anche dalla Cassazione con la sentenza n. 35792 del 2018, e la segnalazione deve essere realizzate nell’esclusivo interesse della tutela dell’integrità della pubblica amministrazione che rappresenta il punto nodale dell’ambito di operatività dell’istituto del whistleblowing.

Pare ovvio che il riferimento al concetto “condotte illecite” è estremamente vago e sbrigativo, per tale ragione vengono in aiuto le linee guida ANAC del 2015.

Quest’ultime hanno puntualizzato che per “condotte illecite” debbono ritenersi non solo i fatti di reato, ma anche una qualsiasi situazione in cui si riscontra l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.

Infine, quanto al canale da utilizzare per effettuare la segnalazione, la legge lascia al whistleblower la libertà di scegliere se utilizzare un canale interno, ossia far riferimento al responsabile della prevenzione corruzione e trasparenza (RPCT), oppure un canale esterno che, nel nostro ordinamento, è rappresentato dell’Anac o dall’autorità giudiziaria.

4. Le tutele previste dalla normativa per il whistleblower

Sotto il profilo della tutela previste dal nostro ordinamento nei confronti del whistleblower, ossia del segnalante, occorre affermare che la legge Severino poneva l’accento sulla segretezza della denuncia e sul divieto di misure latu sensu discriminatorie, con la novella del 2017 è stato confermato e rafforzato l’indirizzo “Severino” prevedendo l’esenzione dalla responsabilità del segnalante per la violazione dei doveri di segreto e riservatezza.

Orbene ed esaminando nel dettaglio la materia, le principali tutele previste dalla normativa della legge 179 per il segnalante, sono il divieto di atti ritorsivi e la tutela dell’identità del segnalante. Quanto agli atti ritorsivi, già prima della novella del 2017, la giurisprudenza aveva, comunque, riconosciuto tale tipo di tutela, ritenendo infatti nullo il licenziamento posto in essere dal datore di lavoro a seguito della segnalazione di un illecito da parte del segnalatore.

Sappiamo però che gli atti ritorsivi possono avere delle forme diverse, la ritorsione può consistere anche in un trasferimento, in mobbing, mancate promozioni etc etc.

Pertanto, la legge 179 del 2017, nei confronti del lavoratore che esercita il suo diritto a segnalare condotte illecite nell’interessa della p.a., ha previsto che qualsiasi atto ritorsivo ovvero qualsiasi misura che ha conseguenze negative sul segnalante deve essere considerata nulla una volta che ne viene accertata la natura ritorsiva.

Ulteriore tutela prevista per il segnalante è l’inversione dell’onere probatorio, ossia è l’ente che deve provare che le misure adottate nei confronti del lavoratore-segnalatore non sono state applicate a scopo ritorsivo.

Altra tutela prevista per il whistleblower è il potere di Anac di irrogare sanzioni pecuniarie all’ ente una volta che viene accertato il carattere ritorsivo della misura.

La seconda tutela riconosciuta al segnalante è quella della segretezza dell’identità.

L’art. 54-bis co. 5 del Dlgs. 165 del 2001 sancisce, come modificato dalla legge 179 del 2017, prevede che: “l’Anac, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. Le linee guida prevedono l’utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione”.

La norma, sempre al fine di garantire la riservatezza, impone altresì all’amministrazione l’obbligo di adottare una specifica procedura per l’invio e la gestione delle segnalazioni. Dunque, sulle amministrazioni grava l’obbligo di creare un canale che consenta di fare le segnalazioni nel rispetto della riservatezza del whistleblower.

Pare ovvio che la tutela della identità del segnalante deve essere controbilanciata al diritto di difesa del segnalato. A tal proposito, la legge 179 prevede, nell’ambito del procedimento penale, che l’identità del segnalante sia garantita nei limiti dell’art. 329 c.p.p. ossia fino alla chiusura delle indagini preliminari. Nel procedimento davanti alla Corte dei Conti, l’identità è segreta fino alla chiusura della fase istruttoria. Nel procedimento disciplinare, si stabilisce che l’identità deve essere rivelata, pena l’inutilizzabilità, laddove la contestazione si basa in tutto o in parte sulla segnalazione e la conoscenza del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato.

Sempre nella prospettiva della tutela della segretezza, la legge sospende la possibilità di ricorrere all’istituto dell’accesso generalizzato agli atti.

L’impianto delle garanzie a tutela del segnalante si arricchisce con la previsione della non punibilità del segnalante rispetto ai reati di cui agli artt. 326 c.p. “rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio”, 623 c.p. “rivelazione dei segreti scientifici e industriali”, art. 622 c.p. “rivelazione del segreto professionale”, e nella non configurabilità della violazione del dovere di fedeltà e lealtà cui all’art. 2105 del codice civile.

La normativa prevede, affinché operi quella che appare una vera e propria scriminante, il necessario rispetto di una serie di prescrizioni. Il whistelblower deve agire al fine di perseguire l’interesse all’integrità delle amministrazioni, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni; altresì, il segnalante non deve essere un soggetto estraneo all’ente che sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza o di assistenza; infine, le notizie e i documenti, oggetto di segreto aziendale o d’ufficio, non devono essere rivelati con modalità eccedenti rispetto alla finalità dell’eliminazione dell’illecito

5. Riflessioni conclusive sull’operatività dell’istituto

I rapporti di Anac evidenziano, negli ultimi anni, un aumento delle segnalazioni e questo si deve, presumibilmente, all’applicazione informatica del canale delle segnalazioni.

Alla quantità delle segnalazioni, però, si accompagna la scarsa qualità delle stesse. Molte segnalazioni, infatti, sono state realizzate per problemi personali del dipendente. Il rapporto Anac evidenzia, quindi, un approccio egoistico all’istituto del whistleblowing e, quindi, non finalizzato alla tutela dell’interesse pubblico.

Dunque, è chiaro che la normativa necessita di una revisione nel rispetto degli interessi in gioco. La tutela del whistleblower ha, infatti, un suo “costo” ovvero quello di un ridimensionamento di altri diritti, quali il diritto di difesa del segnalato, nonché la limitazione all’accesso agli atti con conseguenze dunque sul piano della trasparenza della procedura.

Pertanto, si ritiene a parer di chi scrive che andrebbe individuato uno strumento per selezionare l’oggetto della segnalazione, di modo che le tutela previste siano rivolte solo a quelle segnalazioni realmente lesive dell’integrità della pubblica amministrazione e ciò allo scopo di rendere l’istituto del whistleblowing realmente utile ai fini della lotta alla corruzione all’interno del nostro ordinamento.


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