Inopponibilità all’esecuzione dell’accettazione con beneficio d’inventario

Inopponibilità all’esecuzione dell’accettazione con beneficio d’inventario

Non sempre l’accettazione con beneficio di inventario pone l’erede al riparo dalle azioni esecutive promosse nei suoi confronti dai creditori del defunto e per comprendere quando questo può accadere dobbiamo preliminarmente esaminare la posizione in cui si trova il chiamato all’eredità a seguito dell’apertura della successione.

La morte di un soggetto determina l’apertura della sua successione con conseguente subentro dell’erede, senza soluzione di continuità, nella titolarità di tutte le posizioni giuridiche, attive e passive, facenti capo al defunto.

Tuttavia, l’acquisto del patrimonio ereditario da parte del chiamato non è conseguenza immediata dell’apertura della successione: il decesso fa acquistare efficacia alla designazione, fatta dalla legge o dal testamento, di coloro che sono chiamati a succedere al de cuius (cosiddetta vocazione) ed ai quali viene offerto il patrimonio ereditario (cosiddetta delazione), ma i chiamati acquistano la qualità di erede solo se accettano l’eredità manifestando, tacitamente od espressamente, la volontà di subentrare nella titolarità del patrimonio relitto.

A seguito dell’accettazione i due patrimoni, quello del de cuius e quello dell’erede, vengono a costituire un unico insieme di situazioni giuridiche attive e passive tutte facenti capo all’erede e conseguentemente i creditori del defunto possono  soddisfarsi indistintamente sui beni del de cuius o su quelli dell’erede ed altrettanto possono fare i creditori personali di quest’ultimo.

Se l’erede vuole evitare questa confusione di patrimoni – cosa che può risultare opportuna quando vi sia il dubbio che il passivo ereditario possa essere superiore all’attivo – deve accettare con beneficio di inventario.

Si tratta di un tipo di accettazione che, fatta nelle forme e nei termini di legge (articoli 484 e seguenti Codice Civile), ha come effetto quello di mantenere una netta separazione fra il patrimonio relitto e quello dell’accettante.

Colui che accetta con beneficio di inventario diventa quindi erede – da questo punto di vista non c’è differenza rispetto all’accettazione pura e semplice (Cass. Civ. 23 febbraio 1982 n. 1114) – e subentra nella titolarità dei beni del defunto i quali, però, rimangono distinti dai suoi beni personali.

Questo è l’effetto che scaturisce, ex articolo 490 Codice Civile, dall’accettazione con beneficio di inventario: il patrimonio personale dell’erede non può essere aggredito dai creditori del defunto i quali possono soddisfarsi solo sui beni del patrimonio ereditario con preferenza rispetto ai creditori dell’erede (Cass. Civ. 13 settembre 2017 n. 21212).

Viene in tal modo introdotta una limitazione legale alla responsabilità patrimoniale generica dell’erede: a differenza di quanto prevede la regola di cui all’articolo 2740 Codice Civile  (“Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”), egli risponderà dei debiti ereditari – in cui è subentrato a seguito dell’accettazione seppur beneficiata – solo ed esclusivamente con i beni pervenutigli in forza della successione (intra vires hereditatis) e dei debiti personali solo ed esclusivamente con i propri beni (Cass. Civ. 9 aprile 2015 n. 7090).

Se, dunque, successivamente alla morte del debitore, il creditore ereditario, utilizzando un titolo esecutivo formato contro il de cuis, agisce esecutivamente contro l’erede aggredendo beni che non fanno parte del patrimonio relitto, l’erede può legittimamente eccepire di aver accettato con beneficio di inventario. In caso di contestazione spetterà allo stesso erede provare tale forma di accettazione mentre sarà onere del creditore provare l’eventuale decadenza dal beneficio oppure la ricorrenza di una accettazione pura e semplice (Cass. Civ. 2 marzo 1987 n. 2198).

Se, invece, l’esecuzione si fonda su un titolo esecutivo formatosi in un giudizio di cognizione iniziato nei confronti del debitore, poi deceduto in corso di causa, e riassunto contro l’erede oppure in un giudizio iniziato, successivamente alla morte del debitore, nei confronti del suo successore a titolo universale, l’accettazione con beneficio di inventario non può essere opposta per la prima volta in sede di esecuzione (Cass. Civ. 16 aprile 2013 n. 9158;  Cass. Civ. 26 luglio 2012 n. 13206; Cass. Civ. 19 marzo 2007 n. 6488; Cass. Civ. 14 marzo 2003 n. 3791).

In tale caso, infatti, l’erede, può usufruire dei vantaggi conseguenti all’accettazione beneficiata solo se ha dedotto questa sua qualità nello stesso giudizio di cognizione (Cass. Civ. 19 marzo 2007 n. 6488).

Questo perché costituendo l’accettazione beneficiata una limitazione alla responsabilità patrimoniale generica dell’erede – che pur essendo subentrato nella titolarità dei debiti ereditari (diventando così debitore) risponde dell’adempimento degli stessi solo ed esclusivamente con i beni ereditari (che tra l’altro potrebbero essere anche insufficienti od addirittura inesistenti) e non con tutto il suo patrimonio, come invece previsto dall’articolo 2740 c.c. – essa va ad incidere sul modo di essere del diritto del creditore ereditario e pertanto deve essere eccepita nel giudizio in cui il creditore ereditario fa valere la sua pretesa in via illimitata sul patrimonio dell’erede perché è in questo giudizio che si forma il titolo esecutivo utilizzabile contro di lui (Cass. Civ. 9 aprile 2015 n. 7090).

Laddove l’accettazione beneficiata preesita al processo di cognizione od intervenga in corso di causa, è pertanto onere dell’erede che voglia avvalersi degli effetti che essa produce dedurla all’interno del processo e quindi rendere noto che la pretesa avanzata dal creditore non è garantita da tutto il suo patrimonio ma solo dal patrimonio ereditario. Se egli non vi provvede e l’accettazione beneficiata risulta dagli atti di causa tale eccezione può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice in quanto rientra nel novero delle eccezioni in senso lato, ovvero delle eccezioni che possono essere rilevate in ogni stato e grado del processo anche dal giudice a condizione che il fatto risulti documentato in atti (Cass. S.U. 7 maggio 2013 n. 10531).

In conclusione, qualora il creditore ereditario agisca sulla base di un titolo esecutivo formatosi in un giudizio iniziato o riassunto nei confronti dell’erede, quest’ultimo potrà evitare l’esecuzione sui propri beni opponendo l’avvenuta accettazione beneficiata solo se nel processo di cognizione, in primo grado od in appello, è stata rilevata, dallo stesso erede o dal giudice, l’esistenza di una accettazione con beneficio d’inventario.

In caso contrario, l’erede non potrà opporre per la prima volta in sede di esecuzione l’esistenza della limitazione alla sua responsabilità patrimoniale conseguente all’accettazione beneficiata.


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