La Cedaw: una Carta priva di “vita”

La Cedaw: una Carta priva di “vita”

La Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata con risoluzione dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, entrata in vigore il 3 settembre 1981, si configura come il più importante strumento internazionale mirante sia a denunciare qualsiasi forma di discriminazione della donna sia a promuovere l’emancipazione femminile con tutti i mezzi ritenuti idonei.

Considerata come una sorta di Carta internazionale dei diritti della donna, essa è stata ratificata da ben 180 Stati (tra cui l’Italia), coscienti di dover portare a termine il seguente obiettivo: abbattere ogni barriera discriminatoria tra uomo e donna, tale da consentire a quest’ultima di esprimere la propria personalità.

Sebbene la questione infuri ancora oggi negli Stati Uniti, unica potenza a non ratificare la suddetta Convenzione, a livello nazionale, l’obiettivo predefinito non sembra essere stato perseguito fino in fondo.

Tale inottemperanza trova riscontro in un Rapporto del 2012, il cd. “Rapporto ombra”, che mette alla prova l’attuazione della Convenzione in Italia, attestando la mancata attivazione di pratiche serie ed efficaci nel territorio nazionale.

A distanza di trent’anni dalla ratifica della Convenzione, avvenuta con legge del 14 marzo 1985, n. 132, la giurisprudenza italiana si è limitata a menzionare la predetta Convenzione in un’unica occasione, dando ulteriormente prova di indifferenza verso la delicata tematica.

Tuttavia, quel che maggiormente desta scalpore è il silenzio che alleggia nell’aria, una calma innaturale che oltrepassa l’ambito giuridico e tocca inevitabilmente la coscienza morale. Il contributo pone in luce le ragioni di tale quiete, anche attraverso un raffronto con altre realtà sovranazionali.

Un esempio è dato dai rappresentanti delle Filippine che, a riguardo dell’ardua questione relativa all’apposizione di riserve, avevano espressamente espresso la loro contrarietà all’ammissibilità delle stesse.

La CEDAW nasce con l’intento di garantire l’uguaglianza politica, economica, sociale e civile tra uomini e donne, concedendo altresì una formulazione puntuale ai diritti delle donne, già enunciati in ulteriori atti internazionali. Sotto detto profilo, appare evidente come l’entrata in vigore della Convenzione avvenga in chiave di dovere. La ragione della mancata concretizzazione della CEDAW nei singoli ordinamenti giuridici e la palese indifferenza mostrata da questi ultimi nei confronti della questione risiede proprio in ciò.

La necessità di allineare la posizione della donna a quella dell’uomo deve essere letta alla stregua di un diritto, come del resto avallato dalla stessa Costituzione Italiana che all’art. 3, consacra espressamente l’uguaglianza dei sessi di fronte alla legge. Di recente, altresì, non sono mancate iniziative volte a incentivare la presenza femminile nei svariati contesti.

Se quest’ultimi interventi, da un lato, marcano la volontà di compiere un primo passo in avanti rispetto al passato, dall’altro, confermano quanto sia difficile considerare la figura femminile quale portatrice di diritti. Innanzi a tale triste realtà, appare opportuno (ed urgente) cominciare a trattare la tematica in termini più morali che giuridici, ad osservare la stessa con occhi diversi.


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Dott.ssa Luana Leo

La dottoressa Luana Leo è dottoranda di ricerca in "Teoria generale del processo" presso l'Università LUM Jean Monnet. È cultrice di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale nell'Università del Salento. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso il medesimo ateneo discutendo una tesi in Diritto Processuale Civile dal titolo ”Famiglie al collasso: nuovi approcci alla gestione della crisi coniugale”. È co-autrice dell'opera "Il Presidente di tutti". Ha compiuto un percorso di perfezionamento in Diritto costituzionale presso l´Università di Firenze. Ha preso parte al Congresso annuale DPCE con una relazione intitolata ”La scalata delle ordinanze sindacali ”. Ha presentato una relazione intitolata ”La crisi del costituzionalismo italiano. Verso il tramonto?” al Global Summit ”The International Forum on the Future of Constitutionalism”. È stata borsista del Corso di Alta Formazione in Diritto costituzionale 2020 (“Tutela dell’ambiente: diritti e politiche”) presso l´Università del Piemonte Orientale. È autore di molteplici pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche in materia. Si occupa principalmente di tematiche legate alla sfera familiare, ai diritti fondamentali, alle dinamiche istituzionali, al meretricio, alla figura della donna e dello straniero.

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