La contraffazione per equivalenza in una prospettiva comparatistica

La contraffazione per equivalenza in una prospettiva comparatistica

Sommario: 1. Il respiro internazionale della fattispecie – 1.1. Contraffazione letterale e contraffazione per equivalenza secondo la EPC; il modello tedesco – 1.2. L’elaborazione statunitense – 2. L’identificazione della contraffazione per equivalenza secondo le linee guida della Cassazione – 2.1. La sentenza n. 2145/19 – 2.2. L’ordinanza n. 33232/19 – 2.3. L’ordinanza n. 2977/20

 

 

L’art. 52, c. 3 bis del d.lgs. 30/2005, “Codice della proprietà industriale a norma dell’art. 15 della L. 273/2002”, introdotto dal d. lgs. 131/10, individua normativamente la sfera operativa della tutela del brevetto (tutela di diritto reale assoluto su bene immateriale) statuendo: “Per determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, si tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni”.

Queste, a loro volta e come illustrato nei primi due commi, evidenziano con specificità ciò che forma oggetto di brevetto tracciandone un limite, e vanno interpretate alla luce della descrizione e dei disegni.

Ma cos’è la contraffazione per equivalenti cui la norma ora richiamata si riferisce, e per quali tratti si distingue la disciplina italiana rispetto alle principali dottrine applicate negli altri paesi?

1. Il respiro internazionale della fattispecie

1.1. Contraffazione letterale e contraffazione per equivalenza secondo la EPC; il modello tedesco

Il decreto delegato 30/2005 è modellato sulle prescrizioni in tema di brevetto europeo dettate dalla European Patent Convention (stilata a Monaco nel 1973 e revisionata nel 2000, entrata in vigore il 13 dicembre 2007) ed in particolare sul protocollo relativo all’interpretazione dell’art. 69, art. 2: “per determinare l’estensione della protezione conferita dal brevetto europeo, si tiene debito conto di ogni elemento equivalente indicato nelle rivendicazioni”. Lo stesso protocollo (interpretazione dell’art. 69, art. 1) consente di effettuare una prima distinzione tra: la contraffazione di cui ci si occupa, consistente nella sostituzione con altri equipollenti dei caratteri di una creazione, senza mutarne il principio fondante, da un lato; e la riproduzione meccanica dell’invenzione rivendicata in un brevetto precedente (europeo o nazionale) avente le medesime caratteristiche, determinante contraffazione “in senso stretto e letterale”, dall’altro. Nella descrizione della prima, il metodo impiegato è l’element by element approach (v. sent. 10061/19 del Tribunale di Milano, sez. specializzata impresa, resa nella causa iscritta al n. R.G. 31567/16): il giudizio di equivalenza prende le mosse dalle singole componenti dell’invenzione piuttosto che dalla stessa integralmente considerata. Vi è di più: la primigenia stesura dell’art. 2 del protocollo interpretativo proponeva il seguente parametro di valutazione: la contraffazione per equivalenza doveva ritenersi sussistente quando, agli occhi dell’esperto, risultasse ovvio che la variazione operata nel prodotto additato come sospetto avrebbe condotto agli stessi esiti raggiunti dall’invenzione brevettata per prima. La metodologia è stata poi espunta dal testo definitivo della EPC, ma rimane valida e similare all’approccio impiegato da plurimi stati: si pensi al quesito ideato dalla Suprema Corte tedesca nel caso Schneidmesser del 2002: “l’esperto della materia poteva rendersi conto, senza alcuno sforzo intellettuale -vale a dire facendo uso soltanto delle sue conoscenze e abilità generali-, che l’applicazione della variante avrebbe avuto come risultato l’illecito dedotto?”, laddove la risposta positiva alla domanda è indice di contraffazione per equivalenza. L’esempio della Germania ispirerà altresì la Federal Patent Court (caso Kontrazeptiva, 2013) e il Tribunale federale (caso Patentverletzung durch Nachahmung, 2016) svizzeri, e, come si esporrà dappresso, la nostra giurisprudenza di legittimità.

1.2. L’elaborazione statunitense

In uso negli Stati Uniti (prima di essere posto in dubbio nel caso Warner Jenkinson Co. contro Hilton Davis Chem Co., 520 U.S. 17, deciso dalla Corte Suprema statunitense nel 1997), privo di sostegno normativo nel nostro paese è il c.d. triple test o triple identity test, il quale consente di statuire sulla presenza della contraffazione per equivalenza verificando l’identità della triade FWD: function, way e result. In altre parole, la contraffazione va affermata quando le due invenzioni perseguano uguale funzione, con modalità sostanzialmente identiche, e per il raggiungimento dei medesimi esiti tecnici, anche se i due prodotti sono tra loro diversi nel nome o nella forma (per la sua applicazione, cfr. il caso Graver Tank & Manufacturing Co. contro Linde Air Prods. Co., 339 U.S. 605 deciso dalla Corte Suprema statunitense nel 1950). La Corte di Cassazione, pure in virtù della sua vetustà, ha ritenuto preferibile non applicarlo (Cass. civ., sez. I, sent. n. 24658/16), esprimendo a chiare lettere preferenza per il modello tedesco (sez. I, sent. n. 2977/20, v. infra).

Al sistema statunitense è anche riconducibile la regola del prosecution-history estoppel per la quale ove l’inventore abbia effettuato, nell’ambito del procedimento volto ad ottenere la privativa, dichiarazioni che confinavano la stessa entro ambiti più ristretti, la dottrina per equivalenti non può trovare applicazione.

2. L’identificazione della contraffazione per equivalenza secondo le linee guida della Cassazione

2.1. La sentenza n. 2145/19

La Corte ha statuito che sono ricomprese nella tutela offerta dal brevetto quelle variazioni palesi agli occhi di colui che è perito nel settore, per quanto non esplicitamente enunciate nelle rivendicazioni. Dunque per accertare la contraffazione, occorre valutare se il prodotto successivo mostri connotati suoi peculiari; si considera eccedente rispetto alla mera reiterazione dell’invenzione già brevettata quella che superi le soluzioni prospettabili dall’esperto di media abilità (conforme a: Cass. 13 gennaio 2004, n. 257; Cass. 2 novembre 2015, n. 22351; Cass. 2 dicembre 2016, n. 24658).Inoltre: per aversi contraffazione di una invenzione industriale occorre che ciò di cui ci si appropria sia quel quid che rappresenta l’altezza inventiva, interna ed esterna (come nella ormai risalente Cass. 17 giugno 1966, n. 1561). Per queste ragioni, sul ricorso promosso da Autostrade per l’Italia s.p.a. contro Craft s.r.l., ha ritenuto che il sistema di rilevamento della velocità dei veicoli elaborato da Autostrade, e basato su spire induttive o magnetiche, non fosse contraffattivo rispetto a quello del brevetto Craft, fondato sul rilevamento ottico “tergale” (tramite individuazione della parte posteriore dei mezzi in transito), e ciò nonostante il rilevamento mediante spire induttive fosse arte nota e menzionata dalle norme UNI CEI. Se per la Corte d’appello il trovato di Autostrade doveva considerarsi banale, per la S.C. l’elemento inventivo di entrambe le creazioni non stava nel problema affrontato, che ben poteva essere -come nel caso era- il medesimo, ma nel modo di affrontarlo, pacificamente diverso nei sistemi prodotti dalle due parti in causa.

2.2. L’ordinanza n. 33232/19

La Corte ha riproposto il principio in base al quale la contraffazione può verificarsi anche se la riproduzione dell’idea è solo parziale ma rappresentativa del concetto complessivo del dispositivo brevettato precedentemente (conforme a Cass., 02/11/2015, n. 22351). Difatti, pronunciando nella causa tra Aga Medical Corporation, ricorrente, e Occlutech Gmbh, Biovirtus e Amplatz Curtiz intimati, ha confermato la decisione di merito che escludeva la contraffazione per equivalenza del prodotto Aga da parte di Occlutech.

2.3. L’ordinanza n. 2977/20

La sentenza in esame riprende il disposto dell’art. 52 del Codice della proprietà industriale, il quale al comma 3 detta i parametri cui il giudice deve attenersi nel determinare l’ambito di tutela assicurata dal brevetto: occorre effettuare un contemperamento tra l’equa protezione del titolare (che vorrebbe per sé la massima estensione della protezione) e la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi (auspicanti una riduzione della tutela al tenore letterale del brevetto). Dopo aver richiamato il criterio dell’ovvietà in base alle conoscenze del tecnico di media competenza, esclude una qualsivoglia rilevanza dell’elemento soggettivo, vale a dire degli intenti di colui che richiede il brevetto, a nulla rilevando tale connotato psicologico quand’anche ricostruito tramite gli atti del procedimento amministrativo che hanno portato alla concessione della privativa. Afferma la Corte che tanto le disposizioni della EPC quanto l’art. 52 del Codice appalesano l’avvenuto accoglimento della peripheral definition theory, la netta individuazione del perimetro della tutela conferita dal brevetto, e l’allontanamento dalla central definition theory, che si sforzava di ravvisare gli elementi di innovazione nell’idea sottesa alla creazione; da ultimo, rammenta la ratio della disciplina e della dottrina degli equivalenti, che è quella di conferire garanzie effettive al titolare del diritto di esclusiva, a prescindere dall’esatta riproduzione di tutti i caratteri dell’invenzione e a fronte di condotte modificative parziali e di non sostanziale entità. Nel caso di specie, viene censurata la sentenza impugnata, che aveva attribuito rilevanza all’elemento soggettivo del soggetto titolare del brevetto impiegando impropriamente il summenzionato criterio d’oltreoceano della prosecution history estoppel, non previsto né coerente con il nostro ordinamento che privilegia ed anzi attribuisce unicamente rilevanza al significato obiettivo del brevetto.


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Laura Muscolino

Laura Muscolino è nata nel 1991 a Messina, dove risiede. Diplomata al Liceo Classico F. Maurolico, si laurea con lode in Giurisprudenza Magistrale all'Universitá degli Studi di Messina nel luglio 2019. Durante il corso di laurea ha partecipato al Festival del diritto di Piacenza, ed. 2014, ed effettuato il tirocinio curriculare di cui al D.M. 270/04 presso la Procura della Repubblica di Barcellona P.G.; attualmente svolge il tirocinio ex art. 73, d.l. 69/13 presso il Tribunale di Messina, dove si occupa di diritto civile.

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