La disciplina delle indagini difensive

La disciplina delle indagini difensive

Nel rispetto del principio della parità delle parti processuali contemplato dall’art 111 della Costituzione, così come è consentito al Pubblico Ministero di acquisire, mediante le indagini preliminari, elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio, anche il difensore ha la possibilità di effettuare proprie attività di investigazione difensiva.

Tale facoltà, in origine non contemplata, venne introdotta con la legge n. 397 del 2000, che ha inserito il titolo VI bis nel codice di procedura penale.  La ratio di tale titolo, composto dagli articoli 391 bis al 391 decies, è quella di riequilibrare il rapporto tra accusa e difesa e di assicurare e ampliare il diritto fondamentale alla difesa tecnica.

Le attività di investigazione difensive possono essere svolte sin dal conferimento dell’incarico professionale e possono svolgersi anche in forma preventiva (Art 391 novies C.p.p), per l’eventualità che nasca un procedimento penale.  Durante l’espletamento di tali attività, se sono necessarie competenze specialistiche, il difensore può altresì nominare e avvalersi di ausiliari quali consulenti tecnici specializzati ovvero sostituti o, anche, di investigatori privati autorizzati ma non può svolgere indagini e attività che possano apportare limitazioni alle libertà personali contemplate dagli articoli 13, 14 e 15 della Costituzione.

Per quanto concerne l’uso degli investigatori privati, la cui disciplina è ancora prevista dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, non si fa largo uso di tali soggetti nella prassi poiché la normativa del TULPS è obsoleta e non facilmente conciliabile con gli istituti riguardanti le investigazioni difensive e, anche se è stato inserito l’art. 222 delle Disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, tale articolo ha creato ulteriori difficoltà applicative poiché è prevista l’autorizzazione del prefetto, previa verifica di un’adeguata esperienza professionale e l’iscrizione dell’incarico di investigazione in uno speciale registro. L’articolo 222 inoltre, doveva essere una norma temporanea, nell’attesa dell’approvazione della nuova legge sugli investigatori privati che, a distanza diversi anni, non è stata ancora approvata.

Art 327 bis C.p.p. Attività investigativa del difensore:  1. Fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI bis del presente libro. 2.La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l’esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. 3. Le attività previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici”.

L’art 327 bis, nel disciplinare l’attività investigativa del difensore, è omologo all’Articolo 359 C.p.p per il Pubblico ministero, anche se è una norma vuota nel contenuto poiché rinvia all’art 391 bis e seguenti.

Che attività di indagine può svolgere il difensore?

– Effettuare colloqui, ricevere dichiarazioni e assumere informazioni da persone in grado di riferire elementi utili ai fini investigativi;

– Richiedere atti alla Pubblica Amministrazione al fine di prenderne visione ed eventualmente estrarne copia, come contemplato dall’articolo 391 quater C.p.p.;

– Accedere a luoghi per prendere contezza dello stato delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi,  facoltà prevista dagli articoli 391 sexies e 391 septies C.p.p.;

L’art. 391 bis C.p.p. disciplina il Colloquio, la ricezione di dichiarazioni e l’assunzione di informazioni da parte del difensore nei confronti di persone in grado di riportare informazioni utili ai fini investigativi. Tale colloquio può avvenire in due modi:

Colloquio informale e non documentato, è un mero dialogo ove il difensore assume informazioni utili a fini investigativi e per il processo.

Colloquio documentato recante dichiarazione scritta. In tal caso, l’art. 391 bis, impone testualmente che il dichiarante venga reso edotto: “della propria qualità e dello scopo del colloquio; se si intende semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione; dell’obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato; della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione; del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date; delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione.”

La dichiarazione resa deve essere sottoscritta dal dichiarante e autenticata dal difensore, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 391 ter del codice di rito. Inoltre, qualora nel corso del colloquio con un soggetto non imputato ovvero non sottoposto ad indagini emergano indizi di reità a suo carico, il difensore ha l’obbligo di interrompere il colloquio e le dichiarazioni assunte saranno inutilizzabili.

Tali prescrizioni sussistono poiché il difensore resta un soggetto privato che è privo di potestà pubblica e di facoltà coercitive, limitazioni che ha il dovere di comunicare al dichiarante che rimane libero di non conferire con esso e che, qualora invece decidesse di interloquire, sarà a sua discrezione se tenere un colloquio informale ovvero di rendere dichiarazione scritta e solo in quest’ultimo caso il difensore redigerà un verbale attestante il rispetto delle prescrizione imposte dall’art. 391 bis e ter e nonché l’ammonimento al conferente dell’obbligo di dire la verità, richiamando il reato di falsa testimonianza ex art 374 c.p..

Come già accennato, a differenza della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, il rapporto che intercorre tra il difensore e il cittadino ha natura puramente privatistica e volontaria poiché il difensore ha l’onere di perseguire il solo interesse del suo assistito e non anche quello della collettività. Pertanto, non soggiacere all’obbligo che, viceversa, incombe sul PM e sulla PG, di verbalizzare ogni dichiarazione resa dai dichiaranti, potendo, il difensore, verbalizzare e portare a dibattimento soltanto dichiarazioni favorevoli al cliente e non anche ogni altra indagine compiuta se favorevole all’altra parte.

Di converso, è prerogativa del solo pubblico ministero la facoltà di cui all’art. 391 quinques consistente nel potere di inibire alle persone sentite la rivelazione di fatti e circostanze oggetto dell’indagine di cui sono a conoscenza, sebbene tale divieto debba essere espresso con decreto motivato, in presenza di specifiche esigenze riguardanti l’attività di indagine, e non possa essere imposto per un tempo superiore a due mesi.


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Salvatore Andrea Bonavita

Laurea magistrale in Giurisprudenza conseguita a 24 anni presso l'Università della Calabria Attualmente è avvocato praticante presso lo "Studio Legale Chiaia" situato a Cosenza e specializzato in contenzioso penale.

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