La fase centrale della procedura fallimentare, accertamento del passivo

La fase centrale della procedura fallimentare, accertamento del passivo

La fase più delicata e centrale della procedura fallimentare è costituita dall’accertamento del passivo, in detta fase si rilevano i conflitti intercorrenti tra il fallito ed i creditori. Vengono accertati in questa fase i creditori che si trovano nella situazione di diritto alla procedura di ripartizione dell’attivo, se si trovano in una situazione di prelazione e quanto ammontano i crediti di cui vantano diritto. Una volta ammessi al passivo essi mutano da creditori concorsuali a creditori concorrenti.

a. Avviso ai creditori e agli altri interessati 

Il curatore, a norma dell’art 92 della legge fallimentare, con apposito avviso che può effettuarsi tramite fax, lettera raccomandata o posta elettronica certificata comunica ai titolari di diritti reali, ai titolari di diritti Personali o diritti su beni immobili di proprietà o diritti su beni mobili o beni in possesso del fallito ed ai creditori  con le modalità indicate all’articolo 92 della legge fallimentare, possono partecipare alla procedura concorsuale trasmettendo la domanda. 

Varie fasi:

1. Viene data comunicazione della data in cui viene esaminato lo stato passivo e la data entro la quale devono essere presentate le domande 

2. Viene fornita qualunque informazione che possa essere utile per l’agevolazione della presentazione della domanda, e vengono avvertiti relativamente alle conseguenze di cui l’articolo 31 bis comma due, ovvero, che sussiste l’onere previsto dall’articolo 93 comma tre numero 5 

3. L’indirizzo suo di pec 

Qualora il creditore abbia sede all’estero la comunicazione può essere fatta pervenire dal suo rappresentante in Italia.

b. Domanda di ammissione al passivo

La domanda di ammissione al passivo può essere presentata anche dai titolari dei crediti prededucibili qualora non venga contestata la loro pretesa vantata né per collocazione né per l’ammontare. La domanda viene presentata a mezzo di ricorso entro trenta giorni antecedenti la data dell’udienza, viene trasmessa all’indirizzo pec del curatore. All’interno della domanda devono essere allegati i documenti che attestano l’esistenza del credito vantato e devono altresì specificare se esistono delle situazioni di prelazione. 

I. Domande tardive e ultratardive

Lo sfavore espresso dal legislatore del 2006 relativamente alla tardiva ammissione al passivo è stato confermato dalla legge delega 155/2017, a tal riguardo ha dettato delle precise indicazioni, espressamente annoverate all’art 7, comma 8 lett. a, l’articolo annovera i limiti dell’ammissibilità delle domande come una misura che avrebbe potuto realizzare obiettivi di maggiore concentrazione, snellezza e maggiore rapidità che sono gli elementi caratterizzanti del sistema di accertamento del passivo .

L’art 208 CCII ripropone i contenuti che trattava la L.fall. all’articolo 101, ma introducendo delle novità che irrigidiscono maggiormente il sistema, i tempi dei termini finali per la presentazione delle domande tardive sono stati dimezzati, dai precedenti dodici mesi si è giunti a sei mesi, non riguardano solamente la presentazione della domanda ultratardiva, ma anche l’invio della domanda al curatore che deve avvenire non dopo i sessanta giorni dai quali è venuta meno la causa impedita del deposito tempestivo.

Ai fini dell’accelerazione e della semplificazione della fase di verificazione sono state apportate altre modifiche da parte del legislatore delegato, che pertanto ha sia disciplinato le modalità di procedura per la presentazione delle domande ultratardive, ed ha inoltre eliminato la quadrimestrale calendarizzazione delle udienze per l’esame delle domande tardive, stabilendo che nei casi di manifesta inammissibilità può essere dichiarata “con decreto reclamabile a norma dell’art 124” da parte del giudice delegato , tale articolo corrispondeva all’art. 26 della legge fallimentare, si tratta delle medesime forme annoverate dall’art 222 CCII per ciò che concerne l’accertamento dei crediti prededucibili che vengono liquidati a norma dell’art. 123 CCII, senza la necessità che venga attivato il procedimento previsto dal capo III. Gli artt. 15 e 101 della L.Fall. sono ricalcati dall’art 208:

– vengono considerate tempestive le domande che vengono presentate entro trenta giorni.

– le domande presentate nell’arco di tempo intercorrente dal trentesimo giorno precedente l’udienza ed entro la fine sesto mese con eventuale proroga a dodici mesi, che sono successivi al decreto depositato dell’esecutività del passivo vanno considerate tardive con le relative previsioni di cui l’art 225 CCII.

Lo spirare del termine finale dei sei mesi o dodici mesi è posto a pena di decadenza per la presentazione delle domande tardive, pertanto il suo decorrere si configura in presunzione di inammissibilità di domanda tardiva. Ciò si ricava dalla lettura dell’art 208 CCII ultimo comma che stabilisce “decorso il termine di cui al comma 1, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale, la domanda tardiva è ammissibile solo se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al curatore non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo”. Detta disposizione va ad identificare un’ulteriore tipologia di domande tardive che si differiscono per via dei tempi di presentazione, che sono posteriori ai 30 giorni precedenti all’udienza di verificazione. 

Sostanzialmente, oltre alle domande tardive semplici, che vengono presentate entro i sei o dodici mesi posteriori all’emissione del decreto di esecutività, la norma disciplina e prevede le domande ultratardive le quali seguono il seguente regime:

1. In linea di principio la domanda di insinuazione ultratardiva è inammissibile e ne consegue che non può essere esperita nella procedura concorsuale

2. Eccezionalmente, la presunzione relativa di inammissibilità può essere superata a favore del creditore solamente alla presenza di due presupposti: – dare attestazione che la sua non presentazione non è stata dovuta a causa non imputabile a lui; – debba aver trasmesso al curatore la domanda antecedentemente al decorrere dei sessanta giorni nei quali la causa impeditiva sia cessata;

Se vi sono entrambe le condizioni delineate, il creditore a norma dell’art. 225 CCII può essere ammesso alla presentazione ultratardiva.

3) Il limite invalicabile si configura nell’esaurimento della ripartizione dei beni facenti parte dell’attivo della liquidazione giudiziale a seguito della loro ripartizione ai creditori. Il creditore che ha presentato la sua domanda a seguito del riparto finale di esecutività (al termine della scadenza dei termini per impugnare il decreto che rende esecutivo il piano del riparto finale), in questa circostanza è prevista l’assoluta inammissibilità, la quale non può essere superata nemmeno dando prova che il ritardo non dipende da causa a lui imputabile e che la domanda sia stata presentata entro il termine dei sessanta giorni, il curatore eccepisce l’effettuazione dell’avvenuto riparto finale e a sua volta viene dichiarata l’inammissibilità della domanda da parte del Giudice Delegato.

c. Progetto e formazione dello stato passivo

Il progetto di stato passivo è disciplinato ai commi 2 e 3 dell’art 95. Il curatore una volta esamina le domande redige un progetto di stato passivo nel quale relativamente l’ammissione o meno esprime un mero parere, la decisione dell’ammissione spetta unicamente al Giudice Delegato, al quale non è conferito il potere inquisitorio. Il fallito, il titolare di diritti sui beni ed i creditori possono visionare il progetto ed hanno facoltà di presentare documenti integrativi e presentare eventuali osservazioni. Tale facoltà gli è loro conferita sino all’ultima udienza per l’ammissione al passivo.

Redatto il progetto, il curatore prepara l’udienza per l’istruzione del passivo. Le parti hanno facoltà di chiedere che venga ammessa la prova testimoniale. Nonostante il fallito non è parte nel procedimento, gli è data la possibilità di essere sentito in base alla disposizione dell’art 95 al comma 4 in quanto vi è stata la sostituzione.

Solamente la parte interessata può rilevare l’eccezione di compensazione in quanto non rilevabile d’ufficio, tutte le eccezioni che spettano al fallito vengono formulate dal curatore nonostante sia parte, inoltre le eccezioni possono essere sollevate anche dai creditori. Innanzi al giudice delegato, in questa fase sia il curatore sia i creditori sono posti ad un livello paritario, a seguito della riforma maggiore terzietà è stata conseguita dal giudice delegato.

L’art 96 della l. Fall racchiude la disciplina riguardante il momento decisorio riguardo le domande di ammissione al passivo.

La decisione in merito alle domande proposte segue un iter ben preciso che si articola in varie fasi. In base alla disposizione del primo comma <<il giudice delegato, con decreto succintamente motivato, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell’articolo 93>>, aggiunge invece il penultimo comma che <<terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria >>. Costituiscono due provvedimenti differenti menzionati al penultimo e primo comma, dal momento che vengono adottati in momenti diversi. Il progressivo esame di ciascuna domanda, viene effettuato dal giudice delegato durante l’udienza. Per ogni singola domanda, il giudice delegato, decide con un decreto ad hoc con relativa motivazione (relativamente a questo profilo, è stato generalizzato dal correttivo del 2007 l’obbligo di dare motivazione circa le decisioni del giudice delegato, il quale non è più come a seguito della riforma del 2006 un subordinato della previa contestazione della domanda del curatore). Le decisioni che il giudice delegato prende su ciascuna domanda non sono definitive, ma provvisorie in quanto può sempre “ribaltarle”. Le domande sulle quali è stata emessa una decisione irrevocabile diventano tali in quanto è stato emesso un secondo decreto che rende esecutivo lo stato del passivo, pertanto viene apposto alle deliberazioni prese in precedenza relativamente a ciascuna domanda da parte del medesimo organo giudiziario il sigillo dell’immutabilità. Tutto ciò non deve intendersi come il passaggio in giudicato delle decisioni emesse, il passaggio in giudicato si consegue alla decorrenza dei relativi termini una volta che sono stati esauriti i mezzi di gravame.

d. Decisione del giudice

Il decreto con il quale in giudice delegato decide sulle domande sottoposte al suo esame possono assumere vario contenuto:

1. Decisione di rito: la legge considera l’eventualità che dal giudice non possa essere data decisione della domanda nel merito, fermandosi pertanto per motivi di rito ad una pronuncia di rigetto che normativa di riferimento, ossia l’art 96 comma primo della L. Fall., la va a qualificare come declaratoria di inammissibilità. Una situazione del genere si verifica nei casi annoverati dall’art 93 al terzo comma che riguardano la mancanza dei requisiti essenziali della forma della domanda, o nel caso in cui la domanda sia stata proposta da persona che non è idonea a stare in giudizio in quanto incapace a stare in giudizio o qualora un soggetto non avente diritto si sia affermato titolare della legittimazione straordinaria. In questo procedimento i meccanismi sanatori che vengono adoperati all’interno del processo civile non trovano applicazione, ovvero l’art 164 c.p.c. disciplinante il rinvio delle cause per integrare la domanda affetta da nullità o rinnovare la domanda ad un’udienza nuova. Questa modalità è data dal fatto che la normativa prevede solamente l’esame delle domande tempestive, che sono state presentate nei antecedenti trenta giorni, ne consegue che la domanda presentata nei termini successivi vanno a configurarsi come domande tardive ed andrebbero a configurarsi inammissibili. In altre parole, all’udienza in commento le domande tardive non possono essere ammesse, a pena di nullità della stessa domanda proposta tardivamente e delle domande proposte tempestivamente. Il motivo di inammissibilità della pronuncia risiede nella reiterabilità della domanda, ovvero di riproporre facoltativamente la domanda emendata dei vizi che hanno impedito l’esame del merito precedentemente, addossandosi gli eventuali rischi dovuti al ritardo della presentazione della domanda.

 Si deve inoltre tenere presente che il ritiro della domanda produce gli stessi effetti che produce la pronuncia di inammissibilità.

2. Decisione sul merito: si caratterizza per avere contenuti differenti quali:

– parziale accoglimento o accoglimento della domanda: si verifica qualora il creditore si vede soddisfatta una parte della sua istanza di quanto aveva richiesto al giudice. Un  esempio per rendere meglio tale situazione si verifica quando il creditore chiede l’ammissione di 100, ma viene ammesso per una cifra inferiore, oppure quando un creditore ha un privilegio ed anziché godere di tale privilegio a vantaggio degli altri creditori viene ammesso come un semplice creditore chirografaro.

– rigetto totale o accoglimento totale della domanda: si verifica con l’esclusione piena del credito dallo/allo stato passivo o con l’ammissione.

– ammissione con riserva: è un tipo di ammissione condizionata, il diritto del creditore nel concorrere alla ripartizione del passivo è sospensiva, pertanto la sua ammissione potrà essere effettuata a seguito del verificarsi di un evento precedentemente determinato. Ne consegue che i creditori che vengono ammessi con condizione non hanno diritto alla soddisfazione al momento della ripartizione, ma in compenso vantano il diritto di avere accantonato quanto loro spettante in tale sede oltre al diritto di partecipare  ad un eventuale votazione per una proposta di concordato fallimentare: questa categoria di creditore non può vedere soddisfatto immediatamente il credito vantato, ma viene accantonato. Si tratta di un istituto tipico ed è applicato nei soli casi previsti dall’ordinamento. Qualora il giudice ne facesse utilizzo nei casi non previsti dalla normativa e la riserva atipica adottata sarebbe considerata come non apposta ed il credito per il quale fosse stata presentata verrebbe ammesso semplicemente e puramente. L’art 96  regolamenta i casi di ammissione con riserva, non sono regolamentati dal medesimo articolo i crediti di matrice tributaria in quanto la competenza di essi spetta esclusivamente al giudice tributario:

  1. I crediti condizionati sospensivamente ed i crediti cui fa riferimento l’art 55 l. Fall., ovvero <<quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale>>

  2. <<i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice>>, per titoli vanno intesi i documenti probatori, ossia giustificativi che vanno a sostegno del credito. A tale riguardo sorge un interrogativo: ovvero perché viene rigettata una domanda che possibilmente è provvista di tutta la documentazione di cui necessita ed invece viene accolta una domanda che invece ne è priva? Questo interrogativo trova la sua risposta presumendo che il creditore abbia presentato nella domanda tutta la documentazione necessaria, della quale non è avvenuta in sede di giudizio. Il creditore oltre alla sua richiesta di ammissione dovrà presentare una descrizione dettagliata del contenuto del documento delle caratteristiche formali, in modo tale da dare al giudice la possibilità di poter dare una valutazione positiva relativamente all’accoglimento della domanda in modo tale che successivamente potranno essere presentati. A sua volta il creditore ha l’onere di dover dare dimostrazione che per cause non a lui imputabili non gli è stato possibile produrre tempestivamente i documenti( un esempio può essere dato da una copia non ancora emessa da una banca relativamente ad un titolo di credito acquisito o nel caso della pronuncia di una sentenza da parte di un giudice straniero della quale non si è potuta eccepire copia cartacea). Il giudice assegna un termine al fine di disporre l’ammissione con riserva in modo che il creditore potrà procedere alla produzione dei documenti per il giudizio: la riserva verrà sciolta con esito negativo una volta decorso il termine che era stato fissato precedentemente dal giudice, questo evidenzia maggiormente la limitatezza temporale per la presentazione

  3. Per i crediti titolati, ovvero <<accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento>>: la normativa si riferisce ad un credito della cui esistenza si evince all’interno di una sentenza che prima dell’apertura del fallimento era stata pronunciata, ma che allo stesso tempo non era già diventata definitiva perché non erano ancora decorsi i tempi tecnici per agire con eventuali azioni impugnatorie del processo intrapreso precedentemente. Alla luce di ciò è evidente che qualora venisse esaminato ex novo il creditore, si verificherebbe uno sperpero dell’attività giurisdizionale antecedentemente svolta. Per ragioni di economicità processuale è stato consentito al giudice di poter ammettere allo stato passivo il credito basandosi meramente sul risultato di quella sentenza, la facoltà del creditore resta quella di <<proporre o proseguire il giudizio di impugnazione>> contemplato in via ordinaria avverso quella determinata pronuncia, il credito sarà ammesso con riserva dal giudice, nell’attesa che la ricognizione ad esso riguardante vada a termine.

La riserva si scioglierà nel momento in cui si verificherà l’oggetto che costituisce l’evento della condizione. L’accertamento si svolge nella sede del procedimento disciplinato dall’art 113 bis l.fall., il quale prevede che <<quando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente>>. Il curatore o il creditore per verificare se la condizione si è avverata o meno presenterà al giudice un’apposita istanza, che darà luogo ad un procedimento sommario, nella quale a seconda delle casistiche, dedurrà che si è verificata l’avveramento della condizione, la disponibilità intervenuta del documento o l’esistenza di un credito attestato da una sentenza, e facendo richiesta di mutare la decisione che prima di questo momento era ammissione con riserva in ammissione pura e semplice. Dalla legge non viene tenuta in considerazione l’eventualità che un determinato evento non venga in essere o si avvera a svantaggio del creditore : ma il procedimento e la normativa sembrerebbero applicarsi in via analogica anche a detta ipotesi; in questa circostanza, il curatore sarà onerato a chiedere che venga sciolta la riserva in senso negativo, facendo esclusione dai riparti del creditore.

 e. Impugnazioni dello stato passivo 

Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza agli articoli 206 e 207 disciplina le azioni che possono essere esperite avverso il decreto emesso dal giudice delegato, che in fase di liquidazione giudiziale rende esecutivo lo stato passivo. Detti articoli nel panorama della crisi di impresa non vanno a configurare nulla di nuovo in quanto vanno a confermare ciò che era già stato sancito agli articolo 98-99 della previgente Legge fallimentare. La fase eventuale della procedura, ovvero l’impugnazione dello stato passivo può essere azionata ricorrendo a tre rimedi di natura ordinaria quale la revocazione e due rimedi di natura straordinaria quali l’impugnazione dei crediti ammessi e l’opposizione. Si tratta di azioni che possono essere esperite innanzi al tribunale concorsuale, la sua competenza viene individuata tenendo conto del centro degli interessi principali del debitore. A lungo è stata dibattuta la natura giuridica della natura di detti istituti. La dottrina pertanto si è trovata scissa, una parte sosteneva che avesse natura di giudizio di primo grado dovuto al carattere sommario della fase ad essa precedente di accertamento dei diritti dei terzi e del passivo, dall’altra parte la dottrina dava natura di gravame

La classificazione dell’impugnazione come primo grado di giudizio deriva dall’analizzazione della fase dell’accertamento dello stato di passività che viene posto in essere dal curatore che si configura come parte necessaria della liquidazione giudiziale. In questa fase del procedimento vi sono per i creditori delle lacune garantistiche che sono causate dalla procedura per le sue esigenze di celerità, pertanto il diritto di prova viene compresso nel suo pieno esercizio. Questa caratteristica del procedimento fa si che l’impugnazione va a qualificarsi come un ordinario giudizio di cognizione, oltre che la difesa tecnica dei creditori, non è prevista obbligatoria, ma facoltativa e la sommarietà del giudizio non lo rendono qualificabile come un procedimento di primo grado.

La Cassazione, si è sempre dimostrata sostenitrice del ricondurre sia l’opposizione sia gli altri rimedi nel novero delle impugnazioni. La Suprema Corte con ordinanza del 17 maggio 2022 n. 15884, ha confermato la sua natura di impugnazione di detta fase e la necessarie del rispetto del principio di immutabilità della domanda, nella trattazione di un caso riguardante l’ammissione o meno di nuove domande nella fase dell’opposizione. La citata pronuncia va ad aggiungersi ad una giurisprudenza cospicua a sostegno della non assimilabilità dell’appello di detti rimedi, mettendo in risalto le cospicue differenze e la non possibile applicazione della disciplina relativa, un esempio è dato dal fatto che il principio devolutivo tipico del giudizio in appello non è presente nella fase di impugnazione (implicherebbe di riesaminare tutte le domande per l’ammissione al passivo con conseguenze che risulterebbero irrazionali rispettivamente alla necessarie della celerità), oppure essendo un giudizio che “mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria ed all’esito di un procedimento che non prevede la formalizzazione della posizione del curatore come parte processuale contrapposta al creditore..”.

Inoltre, è da considerarsi errata, la tesi in base alla quale non potrebbe considerarsi un’impugnazione non essendo annoverata all’interno dell’art. 323 del codice di procedura civile, dal momento che il nostro ordinamento giudiziario prevede anche dei metodi di impugnazione che non sono inseriti all’interno del codice di procedura civile. L’attenzione deve essere posta sulle caratteristiche di carattere sostanziale anziché porre l’attenzione alle caratteristiche formali degli istituti. A sostegno della natura di giudizio di primo grado non sembrerebbe possibile utilizzare il pieno contraddittorio o ciò che ha introdotto la riforma con decreto legislativo n. 5 del 2006, dal momento che in precedenza il provvedimento che veniva adottato , terminato l’accertamento era caratterizzato come “inaudita altera parte” (il procedimento si caratterizzava per la sua natura inquisitoria e non di tipo contenzioso come risultano essere adesso sia la fase eventuale sia la fase necessaria).

Dal momento che non può essere equiparata l’opposizione al giudizio in appello sembrerebbe che manchi un grado e pertanto non potrebbe essere applicata in via analogica la disciplina relativa all’istituto dell’appello.

f. Opposizione

Il rigetto parziale o integrale della domanda viene contestato ricorrendo all’istituto dell’opposizione allo stato passivo, i presupposti per l’opposizione sono:

– sussistenza di un eventuale diritto di prelazione o insinuazione di un credito

– di un soggetto di cui non è stato riconosciuto il diritto personale o reale. Legittimari a proporla sono il titolare di diritti su beni immobili o mobili o il creditore , è rivolta a colui che nella fase procedurale raffigura gli interessi, ovvero il curatore.

La novità introdotta dalla riforma risiede nel fatto che non sono oramai autorizzati a proporre opposizione i creditori che sono stati ammessi con riserva. La verificazione di un evento al quale era correlata la riserva va a determinare la possibilità di poter azionare un’azione di impugnazione volta ad incidere sul rendiconto del creditore o sul riparto.

L’art 98 della legge fallimentare prevede che il curatore ha diritto nel partecipare al procedimento di impugnazione poiché l’opposizione è volta a modificare il provvedimento che ha dato approvazione allo stato passivo che lui ha redatto.  Nel caso in cui il competente giudice per l’opposizione (che adesso va a configurarsi nel collegio in quanto non può più partecipare il giudice delegato) rileva che non è stato chiamato il curatore, si dovrà nel contraddittorio integrare la sua chiamata.

Con riguardo alla non mutabilità dell’oggetto della domanda di opposizione, che risulta essere caratteristica del procedimento di impugnazione, in base a quanto sancito dall’art 96 al comma 6 della legge fallimentare, l’oggetto della domanda può essere mutato qualora intervengano altri creditori, i quali a loro volta avanzino delle ragioni che siano differenti da quelle che erano state dedotte da coloro che avevano avanzato l’azione impugnativa In questo caso il dover rispettare il principio del contraddittorio presuppone che anche colui che impugna può vedersi modificata la sua richiesta avanzata tramite opposizione in relazione alle richieste che erano state formulate dall’interveniente

g. Impugnazione

Precedentemente l’impugnazione era disciplinata dall’art 100, legittimati ad “azionarla” sono il creditore, il curatore il titolare di diritti su beni immobili o mobili che “contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente la cui domanda è stata accolta. 

La novità tra l’odierna disciplina e la precedente , disciplinata dall’art 100 della legge fallimentare, risiede nel fatto che anche il curatore può instaurare l’impugnazione, è stata ad opera della riforma ampliata nel suo ruolo. Il curatore , sul piano funzionale non è più alla stregua di ausiliario del giudice delegato, con l’onere della predisposizione del passivo, ma diviene adesso una parte del giudizio di verifica; concorre pertanto con differente interesse al pari dei creditori alla formazione dello stato passivo. Diviene parte necessaria del processo il curatore, grazie ai nuovi compiti che gli sono stati attribuiti. La legittimazione attiva del curatore come da art 100 della legge fallimentare non era prevista.

h. Revocazione

Contro i crediti ammessi è prevista l’istanza di revocazione che si presenta come un’impugnazione a carattere di impugnazione straordinaria, la sua finalità risiede nel fatto che coloro che sono effettivamente creditori giovino del risultato dell’esecuzione collettiva. Con la nuova disciplina ha assunto lo strumento della revocazione una fisionomia maggiormente delineata. La precedente normativa che andava sotto l’art 102 della legge fallimentare faceva si che si avesse difficoltà circa la collocazione della revocazione, ovvero se annoverarla tra i mezzi ordinari di impugnazione o di straordinaria impugnazione. La revocazione va ad inquadrarsi con maggiore contezza nell’ambito delle impugnazioni straordinarie grazie alla formulazione dell’art 98 della legge fallimentare. 

La revocazione si configura come lo strumento impugnativo da esperire avverso il provvedimento che approva lo stato passivo divenuto ormai definitivo nei casi in cui si rinvengono dei documenti di cui non si era a conoscenza o erano stati ignorati quando il provvedimento non era ancora divenuto definitivo o si era già a conoscenza di detti documenti, solamente che per motivi non imputabili all’interessato non erano stati prodotti nella precedente fase di ammissione dello stato passivo.

Si può fare riferimento alla revocazione sia nei casi di rigetto sia nei casi in cui viene accolto il provvedimento.

Ciò che la differenzia rispetto alla precedente disciplina risiede su fatto che , nei casi in cui era possibile rivendiacare un credito riconosciuto ingiustamente o censurare l’esclusione di un diritto di credito , adesso il riconoscimento di un diritto escluso ingiustamente è consentito chiederlo.

E’ agevole il rifermento disciplinante l’opposizione di terzo revocatoria e della revocazione straordinaria: si fa riferimento agli articoli 404 comma 2 e 395 n.1,2,4 e 6 del codice di procedura civile. Il profilo della straordinarietà del mezzo si evince dal fatto che viene proposto a seguito che il provvedimento censurato sia passato in giudicato e non sia assoggettabile, facendo riferimento ai termini fissi.

L’art 98 della legge fallimentare dall’art 395 del codice di procedura civile riprende i vizi provenienti dalla scoperta del dolo, della falsità della mancanza della conoscenza di documenti rilevanti ai fini della decisione che non erano stati tempestivamente prodotti, per causa non imputabile o dell’errore essenziale di fatto che hanno inciso sulla decisione del provvedimento contestato.

I legittimari alla revocazione sono il curatore con riferimento ad un credito che ha ritenuto essere ammesso ingiustamente, il creditore che si trova a contestare l’ammissione al passivo di un creditore rivendicante o un creditore concorrente, il titolare di diritti su beni immobili o beni mobili. 

Si tratta di “attori” che nella fase precedente erano rimasti estranei alla procedura. Nella riforma viene specificata l’autorizzazione all’esclusione dei creditori abilitati all’impugnazione revocatoria. Il creditore che non abbia tentato o abbia fatto valere il proprio credito nella fase antecedente alla formazione dello stato passivo non può agire in revocatoria. 

Le parti necessarie della procedura si configurane nel curatore qualora la domanda avanzata la creditore è stata respinta ed il creditore a cui sia stata negata l’ammissione al passivo sulla base di rilevanze documentali nuove


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 Per Trib. Vicenza 11/8/2009, in www.ilcaso.it, il curatore può sollevare tutte le eccezioni per dimostrare l’infondatezza dell’impugnazione.
 NARDECCHIA, in Aa.Vv., Le insinuazioni al passivo, a cura di FERRO, Padova 2005, sub voce Opposizione allo stato passivo.
 Secondo Trib. Aosta 18/11/2008 e Trib. Firenze 2/9/2010 in www.ilcaso.it,
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 C.CAMAGNI, Natura giuridica dell’impugnazione dello stato passivo nella liquidazione giudiziale: recenti conferme e riflessioni, iusinitinere.it
 Cass. Civ. Sez. I, sentenza n6900, 22 marzo 2010.
 Cass. Ord. n. 2677, 22 febbraio 2012, Cass. Sez. I, ord. n. 15884, 17 maggio 2022
 Cass. Civ. Sez. I, sentenza n.11026. 9 maggio 2013. Cass.Civ.Sez. I, sentenza n. 11392, 1° giugno 2016
 Cass.Civ. Sez. I, sentenza n. 8246, 4 aprile 2013.
 Trib. Novara, 29 novembre 2010, in novarajus.it e Trib. Novara, 5 dicembre 2012(Enel Energia s.p.a. e altro c. Fall. Geola Distribuzione s.r.l.,inedita)
F. Grieco, L’irrilevanza del fatto notorio nell’omessa comunicazione della domanda di ammissione al passivo, in Giur. It., 2023, 619
 art 208 CCII
G.Bozza, L’accertamento del passivo nella procedura di liquidazione giudiziale, in Fall, 2016, 1066
 Art. 92 Legge Fallimentare
 GIAN FRANCO CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, Utet giuridica, settima edizione, p.573

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