La formula esecutiva e la Riforma “Cartabia”

La formula esecutiva e la Riforma “Cartabia”

Sommario: Premessa – 1. I soggetti legittimati al rilascio della copia conforme di un titolo – 2. Le formalità da osservare per verificare la correttezza del titolo a la legittima utilizzabilità ai fini esecutivi – 3. Osservazioni conclusive

 

Premessa

Lo scorso 28 febbraio 2023 è definitivamente entrato in vigore il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. “Riforma Cartabia, di seguito anche soltanto “Riforma“) che, tra le tante novità – e tra le tante perplessità e dilemmi applicativi – ha stravolto il principio chiave dell’ordinamento in punto di espropriazioni civili.

Come ben noto agli operatori del settore, specie in ambito legale, affinché il processo esecutivo potesse avere luogo, il codice di procedura esecutiva prescriveva una serie di formalità che hanno delineato e precisato, nel tempo, il concetto di “titolo esecutivo”.

Questo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., non toccato dalla Riforma, prevede, infatti, al comma 1, che “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo“.

Per confezionare, anche materialmente, un titolo esecutivo, sino al 28 febbraio 2023 era necessaria l’apposizione della c.d. formula esecutiva, ossia una formula tipica che contenesse il comando rivolto agli ufficiali giudiziari di porre in esecuzione il titolo in calce al quale la stessa veniva apposta.

La mancata apposizione della formula impediva agli aventi diritto la possibilità di recuperare coattivamente il proprio credito.

Ed ancora, per ogni copia successiva alla prima di cui il creditore avesse necessitato era indispensabile, ai sensi dell’art. 476 c.p.c., oggi abrogato dalla Riforma, l’autorizzazione del Presidente del Tribunale del luogo nel quale l’atto era stato originariamente formato.

Ergo, affinché un creditore procedesse alle azioni di recupero, era necessario:

– ottenere un titolo (potenzialmente) esecutivo, ossia una sentenza, un decreto, una ordinanza ovvero ogni atto giudiziale nel quale fosse presente una condanna di pagamento o un obbligo di fare, oppure un atto pubblico avente le stesse caratteristiche (ad esempio il mutuo);

– attendere il verificarsi delle condizioni imposte dalla legge affinché il titolo potesse effettivamente essere richiesto munito della formula esecutiva (ad esempio, il decreto di esecutorietà per mancata opposizione del decreto ingiuntivo nei termini);

– richiedere al depositario pubblico – concetto sul quale si tornerà -, ossia ad i Cancellieri, per i provvedimenti giudiziali, i Conservatori dei Registri Immobiliari, ovvero i Notai roganti, l’apposizione della formula e la spedizione della copia del titolo in forma esecutiva.

Nell’intento di agevolare il ceto creditorio, il Legislatore della Riforma, all’art. 3 commi da 34 a 44 del D. Lgs. n. 149/2022, ha abolito il concetto di formula esecutiva, sostituendolo con quello – in teoria – di più agevole utilizzazione della “copia attestata conforme all’originale”.

Peraltro, non vi è più necessità di richiedere l’autorizzazione al rilascio di una ulteriore copia esecutiva del titolo (che, post Riforma, sarebbe stata l’ulteriore copia attestata conforme) successiva alla prima.

Pertanto, vi è la possibilità di eseguire un numero potenzialmente illimitato di copie attestate conformi di un titolo purché si sia in possesso dell’originale di tale copia conforme, potendo il giudice, in corso di esecuzione, richiederne l’esibizione, ai sensi dell’art. 3 comma 35 del D.Lgs. 149/2022.

Dunque, l’attuale art. 475 c.p.c. prevede che “le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti dell’autorità giudiziaria, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, ai sensi dell’art. 474, per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o per i suoi successori, devono essere rilasciati in copia attestata conforme all’originale, salvo che la legge disponga altrimenti“.

Conseguentemente, in punto di formula esecutiva:

– è stato abrogato l’art. 476 c.p.c. (rubricato “altre copie in forma esecutiva”);

– è stato modificato l’art. 478 c.p.c. (“prestazione della cauzione”), ove è stato eliminato il riferimento alla copia spedita in forma esecutiva in luogo del titolo rilasciato ai sensi dell’art. 475;

– l’art. 479 c.p.c. (“notificazione del titolo esecutivo e del precetto”) non prescrive più la necessità di notificare il titolo in forma esecutiva precedentemente o contestualmente al precetto ma di notificare la copia attestata conforme all’originale.

Il tutto, sebbene la Giurisprudenza si fosse ormai consolidata ammettendo la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 comma 1 c.p.c. laddove il titolo fosse stato notificato privo di formula esecutiva, non dovendo, l’opponente, dimostrare la sussistenza di alcuna ulteriore ragione fondante l’opposizione stessa.

Eppure, a parere di chi scrive, l’intento del Legislatore di snellire il formalismo sopra esposto, che pure era ormai consolidato ed affrontato con estrema serenità, non appare bilanciato con l’alea di incertezza che il settore legale impegnato nella materia è chiamata ad affrontare, senza neppure disporre di una normativa transitoria di raccordo e di precisazione delle modalità operative che la Riforma ha introdotto.

Senza considerare che l’errata applicazione delle “nuove formalità” – perché pur sempre di formalità occorre disquisire – potrebbe avere conseguenze sull’andamento dei procedimenti espropriativi in termini di validità dei titoli sui quali sarebbero fondati.

I dilemmi che avvolgono la Riforma, sul punto, possono sostanzialmente riassumersi in due punti, che di seguito si esporranno.

1. I soggetti legittimati al rilascio della copia conforme di un titolo

Il primo quesito che naturalmente ci si pone riguarda i soggetti che sarebbero deputati alla formazione del titolo esecutivo.

Per affrontare compiutamente le argomentazioni che seguiranno, non ci si può esimere dall’analisi delle disposizioni di cui agli artt. 475 e ss. c.p.c. congiuntamente all’art. 743 c.p.c.

Quest’ultimo, rubricato “Copie degli atti”, non coinvolto dalla Riforma, stabilisce che “Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorché l’istante o i suoi autori non siano stati parte nell’atto“.

Assume dirimente rilevanza, a parere della scrivente, la declinazione della figura del “depositario pubblico”, giacché la norma, così come disegnata dal Legislatore, è una disposizione in bianco che non chiarisce nulla circa i soggetti che vanno ricompresi nella categoria.

Al fine che interessa all’interprete, occorrerà avere riguardo, dunque, alle altre disposizioni normative che individuano con precisione i soggetti che siano dotati della capacità di estrarre la copia conforme, che spetta, in linea generale, a chi sia tenuto a ricevere e a formare le dichiarazioni di volontà o altri atti produttivi di effetti giuridici, redigendone la documentazione e provvedendo alla conservazione, ovvero a chi sia chiamato a conservare gli atti formati da terzi ed a chi provvede alla formazione dei registri pubblici ove tali atti vanno trascritti, iscritti o annotati.

Vien da sè che, certamente, rientrano nella fattispecie i Notai, i Cancellieri, i Conservatori dei registri immobiliari e gli Archivisti.

Il concetto assume ancora più rilevanza laddove si consideri che i principali “agenti” (rectius, i protagonisti) dei procedimenti di esecuzione sono gli Avvocati, categoria senza dubbio penalizzata dalla Riforma.

Ci si è chiesto, infatti, se gli Avvocati siano soggetti legittimati al rilascio di una copia attestata conforme all’originale, nel pieno rispetto degli artt. 475 e ss. c.p.c., ma anche dell’art. 743 c.p.c.

Gli Avvocati, specie a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 90/2014, che ha modificato il D.L. 179/2012, come ben noto, hanno acquisito la facoltà di attestare la conformità di un atto a quello informatico presente nei fascicoli telematici dal quale sono estratti.

Si parla precisamente, de “le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo” che, in forza dell’attestazione predetta “equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale“.

Tuttavia, non vi è cenno circa la configurabilità dell’Avvocato quale depositario pubblico.

Tanto più se si considera che le attestazioni di conformità fino ad oggi prodotte dagli Avvocati, non posseggono ex se efficacia esecutiva, ma si limitano alla mera attestazione di congruità tra due documenti, precisandone la provenienza.

In questo senso, non può neppure sottacersi che, di fatto, l’avvocato non potrebbe – lo si ribadisce, a parere della scrivente – qualificarsi come depositario pubblico, dal momento che effettivamente non ha la capacità di detenere alcun originale che, si converrà, è rappresentato dall’atto redatto e sottoscritto in originale dinanzi al Notaio rogante, ovvero dal provvedimento trasmesso dal Giudice al Cancelliere che, in ultimo, provvede ad inserire in un portale telematico fruibile dalle parti processuali.

Di fatto, nella formulazione dell’attestazione di conformità, nell’ottica sopra descritta, non andrebbe attestata la corrispondenza della copia informatica dell’atto all’originale presente nel fascicolo telematico dal quale è stato estratto, quanto la conformità alla copia informatica presente nel fascicolo telematico.

Il dato letterale appare confacente alla tesi esposta. Infatti:

– quanto al concetto di “depositario”, il termine utilizzato dal legislatore implica la volontà di riferirsi al soggetto che ha formato, detiene o conserva l’originale, che di per sé sembra escludere la figura forense;

– quanto al titolo attestato conforme, si parla espressamente di titolo “rilasciato”, il che non appare riferibile all’Avvocatura, che potrebbe, al più, estrarre l’atto in parola.

Questione, questa, che non è di poco conto, e lascia aperto ogni dubbio circa i soggetti effettivamente abilitati a dotare di efficacia esecutiva un provvedimento o un atto, anche alla luce della digitalizzazione del processo civile.

2. Le formalità da osservare per verificare la correttezza del titolo a la legittima utilizzabilità ai fini esecutivi

Altra parentesi lasciata vuota dal Legislatore della Riforma riguarda le caratteristiche che la copia attestata conforme all’originale deve possedere affinché possa darsi luogo al procedimento esecutivo senza incorrere nella eventualità di vedersi formulata la relativa eccezione.

Dunque, anche laddove volesse ammettersi di dover elaborare una non meglio precisata richiesta di rilascio di copia attestata conforme all’originale, non si sarebbe in grado di comprendere le caratteristiche che detta copia dovrebbe possedere.

Si pensi alla copia di un contratto di mutuo.

L’iter che si dovrebbe seguire – astrattamente parlando – è richiedere all’Archivio Notarile o al Notaio di rilasciare una “copia attestata conforme”.

A seguito di tale richiesta, facendo tesoro delle esperienze acquisite dalla scrivente stessa nel primo mese di entrata in vigore della disposizione, gli Archivi potrebbero rispondere trasmettendo i seguenti modelli:

– per la richiesta ed il pagamento di diritti di copia “in carta semplice”;

– per la richiesta ed il pagamento di diritti di copia per “copia conforme in esenzione di bollo in quanto per uso processuale”;

– per il pagamento dei diritti per “la seconda copia esecutiva”;

– per il rilascio “della copia esecutiva”;

– per la richiesta della “copia esecutiva post riforma”.

Allo stato, perciò, non è stato possibile comprendere neppure in quale forma richiedere il provvedimento che occorre ai fini dell’esecuzione.

Parallelamente, nel caso di atti giudiziari, non solo si versa nell’impossibilità di comprendere chi sia il soggetto legittimato al rilascio, ma neppure è dato sapere né le modalità con le quali richiedere la copia dell’atto, né tanto meno le formalità che tale copia deve possedere.

3. Osservazioni conclusive

Al termine della suestesa breve analisi delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia in tema di copia esecutiva (rectius, copia attestata conforme all’originale), ma anche delle perplessità operative che ha destato e a tutt’ora desta nei soggetti che sono tenuti a confrontarvisi, è uno l’auspicio che ci si consente di maturare: la prossima e repentina pubblicazione di un vademecum o di un protocollo, o ancora di un decreto legge, che siano in grado di poter raccordare la precedente normativa con la nuova, chiarendo anche quali dovrebbero essere le effettive modalità operative da seguire.


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