La natura giuridica del domain name
Il rapido evolversi delle nuove tecnologie e dell’incredibile strumento comunicativo conferito dalla rete Internet ha dischiuso nuove prospettive evolutive in materia di segni distintivi dell’impresa. Significativa, in tale prospettiva, è l’attenzione riservata dal dibattito scientifico ai domain names, elaborati per agevolare l’accesso alla rete Internet da parte degli utenti, ma intrinsecamente funzionali a veicolare messaggi, strumentali all’attività d’impresa, fungendo da identificatori di beni e servizi.
Al fine di comprendere la funzione identificatrice del nome a dominio e la sua risonanza globale, risultano doverese alcune precisazioni. Da un punto di vista meramente tecnico, senza l’ardire di voler essere esaustivi, il funzionamento della rete si articola su due standards essenziali: il primo è costituito dai protocolli di comunicazione necessari a consentire lo scambio di informazioni tra computer collegati alla rete, che trova definizione nel c.d. Internet Protocol (IP); il secondo standard, essenziale al funzionamento della rete, è invece costituito dal Domine Name System (di seguito “DNS”). In proposito, è opportuno precisare che grazie all’utilizzo del protocollo IP ciascun computer collegato alla rete viene identificato attraverso un indirizzo, costituito da una stringa di numeri divisi in più campi, a loro volta separati da punti (c.d. indirizzo IP). La difficoltà di memorizzazione dell’indirizzo IP ha tuttavia da subito suggerito l’introduzione di un meccanismo tecnico idoneo a consentire l’identificazione dei computer collegati alla Rete anche attraverso sequenze di lettere. Il DNS non è dunque altro che un sistema tecnico di conversione degli indirizzi IP in sequenze di lettere separate da punti, ovvero il domain name. Attraverso il DNS l’utente può accedere ad un determinato sito web digitando la sequenza di lettere di cui è composto il domain name, senza dover conoscere il corrispondente indirizzo IP. Risulta già evidente come la caratteristica della comunicazione globale e la facilità del suo accesso costituisca uno strumento formidabile in tema di mercato ed evidenza di beni e servizi.
Il nome a dominio si caratterizza pertanto da elementi personalizzanti che lo rendono unico ed identificabile. Il Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio “.it” (la c.d. anagrafe dei nomi a dominio – disponibile in http://www.nic.it) definisce il nome a dominio come un “codice alfanumerico che facilita l’accesso ad una o più risorse di rete, di per sé caratterizzate da un indirizzo numerico, ed è costituito da due elementi: il Top Level Domain (TLD), ovvero la parte finale del domine name, che può essere di tipo geografico, identificando idealmente un territorio corrispondente ad uno Stato o ad una diversa area geografica – ad ogni Stato corrisponde tipicamente un solo TLD geografico -, e un TLD tematico (altrimenti detto generico), che identifica in linea di principio una determinata area tematica; il Second Level Domain (SLD), ovvero la parte iniziale del domain name, che è costituito da una sequenza di lettere liberamente scelta dall’utente mediante richiesta di assegnazione.
Il nome a dominio, dunque, rappresenta l’indirizzo fisico del server in cui risiede la risorsa, e che, ben presto, ha assunto valenza distintiva con riferimento al soggetto a cui il segno viene assegnato.
Nel quadro del discorso si innesta la questione relativa all’assegnazione del domain name, che si fonda su due principi, quello dell’unicità del nome di dominio, non ammettendosi la possibilità che vi siano due indirizzi internet identici; nonché il criterio della priorità temporale (c.d. principio del first come, first served), secondo cui l’assegnazione di un nome di dominio non ancora registrato viene effettuata seguendo l’ordine cronologico delle richieste. Soddisfatte queste due condizioni, si assegna il nome di dominio, e da ciò discende il diritto di utilizzo in esclusiva, indipendentemente dal fatto che il nome di dominio sia in conflitto con altri diritti di privativa. In altri termini, le RA nazionali o i Registrar dei TLD tematici non verificano tipicamente la corrispondenza del domain name ai segni distintivi del soggetto richiedente, né l’interferenza tra il domain name richiesto e i segni distintivi di terzi.
Alcune RA nazionali hanno tuttavia adottato una differente politica di assegnazione, basata su di un temperamento del principio “first come first served” che, sebbene transeunte, manifesta la necessità di una regolamentazione ad hoc. Un esempio di quanto asserito lo è senz’altro la Francia che, per un certo tempo, procedeva a registrare i domain name sotto il TLD.fr soltanto quanto corrispondeva ad un segno distintivo debitamente documentato del richiedente. L’AFNIC richiedeva infatti ai fini della assegnazione dei domain name sotto il TLD .fr degli “éléments justificatifs”: ossia dei documenti da cui risulti la titolarità di un segno distintivo corrispondente al domain name richiesto. In particolare, l’AFNIC non imponeva la registrazione come domain name di un determinato segno distintivo (es. il marchio, o la ditta), ma consentiva al richiedente di scegliere tra i segni distintivi risultanti dagli “éléments justificatifs”. Tale regola è stata tuttavia eliminata a partire dall’11 maggio 2004[1].
Il principio del first come, first served governa la disciplina della registrazione dei nomi a dominio, destando non poche preoccupazioni. Il domain name, infatti, non può essere considerato un istituito giuridico autonomo del diritto industriale o una categoria a sé stante, in quanto si inserisce per le caratteristiche sopra indicate inevitabilmente all’interno della categoria giuridica dei segni distintivi. In primo luogo, da un punto di vista materiale, esso è palesemente un segno grafico; in secondo luogo, in relazione allo scopo, esso ha tipiche funzioni identificative, consentendo di distinguere un determinato sito da altri. Inoltre, detto segno permette anche a chi non conosce un determinato indirizzo telematico di raggiungere un determinato sito acquisendo informazioni utili su beni e servizi offerti nel mercato. Si concreta, così, una delle caratteristiche proprie dei segni distintivi, ossia quella di essere indicazione di provenienza di una determinata attività, o di un certo servizio.
Alla luce del quadro delineato, evidenti sono i problemi di natura giuridica che possono sorgere, specie in termini di armonizzazione del regime normativo fra segni direttamente e fisicamente apposti ai prodotti (segni distintivi), e nomi di dominio che incidono in un modo immateriale. L’espansione del fenomeno Internet ha alimentato la questione fondata sull’assenza di una specifica disciplina normativa sui domain name. Ciò ha favorito il prodursi di un diritto giurisprudenziale che, dapprima, si è mostrato contrario al riconoscimento del nome di dominio quale segno distintivo e, successivamente, ha assimilato il domain name ai segni distintivi e, più frequentemente, al marchio, quale segno distintivo di prodotti e servizi. Tuttavia, pare consolidarsi l’orientamento di dottrina[2] e giurisprudenza[3] nel ritenere che il domain names svolga, oltre alla necessaria funzione tecnica di individuazione dei computer collegati alla Rete, anche la funzione di segno distintivo di prodotti o servizi di impresa. Precisamente il domain name può svolgere tale eventuale funzione nelle ipotesi in cui contrassegni un sito web destinato all’offerta o promozione di beni o servizi di impresa[4]. Si osservi, infatti, che al fine di una maggiore incisività sul mercato, e alla luce della progressiva commercializzazione della rete Internet, l’imprenditore non si avvale di un indirizzo qualsiasi, ma richiede un determinato nome di dominio per rendere identificabili ai navigatori i prodotti o servizi offerti dal proprio sito commerciale.
Sul piano giurisprudenziale, come rilevato, spesso i giudici hanno riconosciuto l’equiparazione del domain name al marchio, usato per contraddistinguere prodotti o servizi e, come tale, astrattamente idoneo a creare un effetto confusivo o di associazione sul mercato. Il riconoscimento di una funzione distintiva del domain name ha avuto importanti conseguenze anche sul piano della disciplina del diritto della proprietà intellettuale.
Pur se la prospettiva da cui si muove quando si discute di tutela dei diritti di privativa in rete è diversa rispetto a quella che interessa il diritto della proprietà intellettuale tout court, occorre considerare come la distintività del segno assurga a valore assoluto, a prescindere dal contesto nel quale la lesione si sia verificata, sia essa nel mondo reale o virtuale. Ebbene, il nome di dominio, con la sua riconosciuta natura giuridica di segno distintivo, è suscettibile di violare il carattere individualizzante di un marchio altrui, a prescindere dal contesto online, laddove la somiglianza dei segni possa determinare confusione nell’utente consumatore.
[1] Cfr. la Charte de nommagé de l’Association française de nommage Internet en coopération Règles d’enregistrement des domaines de premier niveau de l’internet correspondant aux codes pays du territoire national”, in vigore dall’8-12-2014, consultabile all’indirizzo web https://www.afnic.fr.
[2] In tal senso si vedano Folicardi, Problemi, opportunità e rischi del commercio elettronico. Diritto del consumatore. La sicurezza dei pagamenti on-line, in Atti della Conferenza La sicurezza delle Reti, Milano 4-5-1997, ed AIMO, Internet, domain names e diritti di proprietà intellettuale sui segni distintivi: le prime decisioni, in Contratto e impresa-Europa, 1998, pag. 554.
[3] Si v., ad esempio, nota a Trib. Milano, 16 maggio 2003, ord. n. 28691, in Diritto&Diritti, inserita nell’ottobre 2003, secondo cui “I nomi di dominio, corrispondenti ai siti della rete Internet, sono indubbiamente segni distintivi di impresa, avendo la funzione di attrarre l’attenzione di clienti e fornitori a visitare il sito e a mettersi in contatto con l’imprenditore. L’utilizzo di questi nomi comporta quindi i problemi della tutelabilità del segno contro gli accostamenti confusori della concorrenza”. Ed ancora tra le più dirimenti si segnalano in particolare le pronunce seguenti: Trib. Modena 23 ottobre 1996, in Riv. dir.ind. 1997, II, 177 (Caso Foro.it); Trib. Pescara, 9 gennaio 1997, in Dir. inf. 1997, 952 (Caso Nautilus); Trib. Milano, 22 luglio 1997, ivi, 1997 (Caso Amadeus), 957; Trib. Roma 2 agosto 1997, ivi,1997, 961 (caso Porta Portese); Trib. Napoli, 8 agosto 1997, in Giust. Civ. 1998, 259; Trib. Macerata 2 dicembre 1998, in Riv. dir.ind, Riv. dir.ind 1999, 35 (caso Pagine Utili); Trib. Verona 25 maggio 1999, in Foro It., 1999, I, 3061 (caso Technovideo); Trib. Ivrea, 19 luglio 2000, in Riv. dir.ind. 2001, 177 ed ivi anche Trib. Brescia, 6 dicembre 2000; Trib. Prato, 19 agosto 2000, in Riv. dir.ind. 2002, 51.
[4] V. in tal senso A. Vanzetti, V. Di Cataldo, M.S. Spolidoro, in Manuale di diritto industriale, ed. IX, Milano, 2024, p. 353.
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