La nozione controversa di Pubblica Amministrazione

La nozione controversa di Pubblica Amministrazione

L’organizzazione dei poteri pubblici è stata oggetto di un’evoluzione che ha visto il passaggio da una struttura piramidale, omogenea, compatta, fortemente accentrata e verticistica (propria dello Stato assoluto monoclasse) ad una invece disaggregata, disomogenea, “deconcentrata”, propria dello Stato pluriclasse a regime democratico del periodo post costituzionale. Si assiste alla nascita di organismi pubblici dotati di personalità giuridica deputati ad assolvere, compiti pubblicistici, per ragioni tecniche, organizzative o  economiche.  La concezione di amministrazione accolta dal nostro legislatore è indipendente dal Governo, si affianca un modulo dell’amministrazione come apparato a sé. Concezione che rinviene i suoi presupposti nell’art 97 comma1, 97 comma3, art 98 Cost.  Depone in tal senso la separazione tra politica e amministrazione che oggi è imposta anche dal legislatore ordinario in materia di pubblico impiego, effettuando una demarcazione delle rispettive competenza , attribuendo agli organi di governo i poteri di indirizzo politico e agli organi dirigenziali  quelli di gestione amministrativa. Il nostro sistema non è improntato ad una visione centralistica, ma è basato sul principio pluralistico che, accanto allo Stato, pone una molteplicità di enti pubblici che mirano al perseguimento del pubblico interesse. I criteri di identificazione degli enti pubblici si rivengono nella legge del parastato del 1975 n70. Gli indici di riconoscimento della natura pubblica dell’ente  sono rappresentati dall’assoggettamento di controlli pubblici,  dall’ingerenza dello Stato o di altra p.a nella nomina e nella revoca dei dirigenti dell’ente o dell’amministrazione, dalla partecipazione dello stato a spese di gestione, dall’esercizio da parte dello stato di un potere di direttiva sugli organi dell’ente, dalla  corresponsione di finanziamenti pubblici.  Gli enti si caratterizzano per autarchia, potere degli enti pubblici di amministrare i loro interessi attraverso un’attività che ha gli stessi caratteri  e la stessa efficacia dell’attività amm dello stato. Per altra impostazione, l’autarchia indica la capacità degli enti diversi dallo stato di emanare atti amministrativi equiparati agli atti amministrativi dello stato.

L’approccio sostanzialistico e settoriale, affermatosi a livello giurisprudenziale e dottrinale, altro non è che la conseguenza dell’influenza esercitata, in tale ambito, dal diritto europeo e dai correlativi principi di prevalenza della sostanza sulla forma e di neutralità delle forme giuridiche.  Non è necessario che un determinato ente sia qualificato come pubblico o privato da una determinata norma ma è sufficiente  che sussistano, sul piano sostanziale-teleologico, specifici indici rivelatori della sua natura pubblicistica.

La natura pubblicistica dipende dalla funzionalizzazione e della procedimentalizzazione dell’attività svolta: in altri termini è ente pubblico ogni soggetto che svolga (e nei limiti in cui svolga) attività funzionalizzata e procedimentalizzata. Ne discende che uno stesso soggetto può avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti e non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica. Ad esempio l’ organismo di diritto pubblico  può essere considerato pubblica amministrazione quando affidata contratti pubblici.Nel settore degli appalti pubblici, ad esempio, ciò che fa dell’organismo di diritto pubblico (ad onta della veste formale che può essere privatistica) un soggetto equiparato alla pubblica amministrazione (e, quindi, sostanzialmente e funzionalmente un ente pubblico) è proprio la disciplina legislativa che espressamente lo sottopone al regime dell’evidenza pubblica.

Con la conseguenza che l’organismo di diritto pubblico diviene pubblica amministrazione non sempre e comunque (in maniera fissa e immutevole), ma solo nello svolgimento di quel tratto di attività esplicitamente sottoposto ad una disciplina di diritto amministrativo. Quando svolge altre attività, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato.Esso è, quindi, un ente pubblico dinamico, funzionale e cangiante.

Nella materia dei contratti pubblici la nozione di pubblica amministrazione è più ampia; cioè, la nozione di pubblica amministrazione ai fini dell’evidenza pubblica in materia di contratti pubblici comprende soggetti che non sono compresi nella nozione di pubblica amministrazione ai fini del pubblico impiego; nella materia del pubblico impiego la nozione di pubblica amministrazione è più ristretta.

In materia di contratti pubblici, l’esigenza è di garantire la tutela della concorrenza, quindi, evitare che possano essere eluse le norme sull’evidenza pubblica attraverso soggetti che sono formalmente privati ma che, in realtà, sono sostanzialmente pubblici. Non vale il gioco delle etichette, bisogna guardare alla sostanza, non alla forma: il soggetto ricade nel campo di applicazione delle regole dell’evidenza pubblica quando, pur essendo un soggetto formalmente privato, assume una connotazione sostanziale pubblicistica per garantire la massima applicazione della disciplina dell’evidenza pubblica e, quindi, per assicurare la tutela della concorrenza al massimo livello possibile. In tal senso si inserisce l’organismo di diritto pubblico.

Mentre, nel pubblico impiego, l’esigenza del diritto dell’Unione Europea è esattamente opposta. Il pubblico impiego è un’eccezione ad una regola, ad un principio generale: la libera circolazione dei lavoratori, principio generale, art 45 del Trattato, uno dei principi su cui si fonda l’ordinamento dell’Unione Europea.

La nozione di PA oggi è cangiante e variabile e la perimetrazione di ciò che è pubblico e ciò che è privato è operazione complessa che non può essere svolta una volta per tutte ma dipende dalla singola materia dal singolo regime giuridico.

Si accede così ad una nozione “funzionale” di ente pubblico, in base alla quale il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa: per tale ragione, al fine di accertare la natura (pubblica o privata) di un ente occorre di volta in volta domandarsi quale sia la funzione dell’ente medesimo, quale sia la ratio di un determinato regime “amministrativo” previsto dal legislatore, per poi verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di applicazione della disciplina pubblicistica.

La nozione è cangiante anche per un’altra ragione: i criteri per stabilire se ad un determinato soggetto si applica il regime procedimentale non sono sempre gli stessi, ma mutano a seconda del tipo di istituto di diritto amministrativo che viene in considerazione: Ad esempio: la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi presuppone una nozione specifica di pubblica amministrazione (art. 23 legge n. 241/1990); quella dei contratti pubblici presuppone una nozione diversa (art. 3 del nuovo Codice dei contratti pubblici); quella dell’obbligo di reclutare il personale con procedure concorsuali un’altra (art. 19, comma 2, TUSP), etc.

Si pensi, solo per fare qualche esempio: al gestore del servizio pubblico rispetto alla disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi (art. 23 legge 7 agosto 1990, n. 241); alle società strumentali o titolari di funzioni amministrative esternalizzate, sottoposte alle norme procedimento amministrativo ex art. 29 della legge n. 241 del 1990 (se si tratta di società con totale o prevalente capitale pubblico) o ai soli principi ex art. 1, comma 1, ter legge n. 241 del 1990 negli altri casi; alle società a controllo pubblico rispetto all’obbligo di reclutare il personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (secondo quanto previsto dall’art. 19 dello schema di decreto legislativo recante il “Testo unico delle società a partecipazione pubblica” che nella sostanza ribadisce quanto già previsto, a legislazione vigente, dall’art. 18 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

Quando un ente viene dalla legge sottoposto a regole di diritto pubblico, quell’ente, limitatamente allo svolgimento di quell’attività procedimentalizzata, diviene, di regola, “ente pubblico” a prescindere dalla sua veste formale. Deve essere ribadito che lo diviene non in maniera statica ed immutevole, ma dinamica e mutevole, perché dismette quella veste quando svolge altre attività non procedimentalizzate.Si tratta di una conclusione che trova riscontro (e un fondamento normativo generale) nell’art. 7, comma 2, del Codice del processo amministrativo, il quale, recependo a sua volta una nozione funzionale e cangiante di pubblica amministrazione, statuisce espressamente che “per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto del principio del procedimento amministrativo”. Il che implica che, come regola generale, la giurisdizione amministrativa segue la procedimentalizzazione dell’attività e prescindere dalla veste formale del soggetto la cui attività è procedimentalizzata.


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