La responsabilità medica dal punto di vista penale

La responsabilità medica dal punto di vista penale

La responsabilità medica è una forma di responsabilità professionale legata all’esercizio dell’attività sanitaria.

Nel 2012 l’art 3 del decreto Balduzzi[1] limitava tale forma di responsabilità ai soli casi in cui il medico con “colpa grave” avesse cagionato lesioni o morte del paziente, introducendo così la distinzione tra colpa grave e colpa lieve. Si ha colpa grave quando vi è un errore grossolano, non scusabile, mentre vi è colpa lieve quando viene usata l’ordinaria diligenza, prudenza o perizia e si incorre in errore scusabile. Quindi nel caso di colpa grave vi è responsabilità penale del medico, nel caso di colpa lieve non vi è responsabilità penale del medico se sono state osservate le linee guida o le buone pratiche clinico assistenziali. In entrambi i casi vi è il risarcimento del danno ai sensi dall’art 2043 c.c.

Nel 2017 la Legge Gelli-Bianco abroga l’art 3 del decreto Balduzzi e introduce l’art 590 sexies c.p.[2] il quale al secondo comma prevede la non punibilità del medico che per colpa abbia cagionato la morte o lesioni al paziente quando ha osservato le linee guida e in mancanza di queste le buone pratiche clinico assistenziali. La Corte di Cassazione[3] ha chiarito che la causa di non punibilità prevista dal secondo comma dell’art 590 sexies c.p. opera solo nei casi di colpa lieve ossia qualora vi sia imperizia[4] nella fase attuativa ed esecutiva delle linee guida Es. il medico che individua correttamente il trattamento da praticare ma commette un errore nella materiale esecuzione delle regole di condotta pur correttamente selezionate. Fondamentale a riguardo è la distinzione tra imperizia in eligendo (che si ha quando vi è un errore sulla valutazione e nella scelta delle regole da applicare al caso concreto), e imperizia executivis (che si ha quando vi è una erronea applicazione delle regole scelte correttamente). Dunque tale clausola non opera né nei casi di colpa dovuti a negligenza o imprudenza[5], né nei casi dove l’atto sanitario non è governato da linee guida o da buone pratiche.

Al fine di applicare il principio del c.d. favor rei nei casi di successione di leggi penali nel tempo la giurisprudenza ha discusso a lungo su quale sia la norma più favorevole. Sul punto si sono creati due orientamenti: il primo sostiene che l’art 3 del Decreto Balduzzi sia più favorevole al reo poiché distingue tra colpa grave e colpa lieve; il secondo sostiene che l’art 590 sexies c.p. Sia più favorevole perché contiene una causa di non punibilità in caso di imperizia.

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite[6], le quali hanno reintrodotto la distinzione tra colpa grave e colpa lieve riconoscendo l’art 3 del decreto Balduzzi come norma più favorevole al reo e affermando la responsabilità del sanitario che cagioni la morte o lesioni al paziente nei casi in cui: l’evento si sia verificato per colpa sia grave che lieve da negligenza o imprudenza; l’evento si sia verificato per colpa sia grave che lieve da imperizia nell’ipotesi di un caso concreto non governato da linee guida o buone pratiche clinico assistenziali; l’evento si sia verificato per colpa sia grave che lieve da imperizia nell’individuazione delle linee guida o buone pratiche clinico assistenziali non adeguate allo specifico caso concreto; l’evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell’esecuzione di linee guida o buone pratiche clinico assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.

Dunque rimangono fuori dal perimetro di applicazione della causa di non punibilità le ipotesi di imprudenza e negligenza anche se lievi. Quindi secondo la sentenza Mariotti la causa di non punibilità attiene all’imperizia del sanitario solo nella fase esecutiva delle linee guida e non anche all’imperizia del sanitario nella fase di individuazione delle LG o buone pratiche opportune, imperizia che comporta la responsabilità penale del sanitario.

Responsabilità penale e posizione di garanzia dell’infermiere. Prima di affrontare tale argomento occorre fare un accenno al Principio di affidamento, il quale opera in relazione ad attività pericolose svolte da una pluralità di soggetti permettendo a ciascun soggetto agente di confidare nel comportamento dell’altro e che tale comportamento sia conforme alle regole della diligenza, prudenza e perizia. Tale principio, è il più significativo corollario del Principio di responsabilità personale sancito dall’art 27 della Costituzione, e opera nel caso di responsabilità medica di equipe e di circolazione stradale. Per quanto riguarda la posizione di garanzia dell’infermiere la Suprema Corte[7] ha rilevato il fondamento della posizione di garanzia nell’autonoma professionalità dell’infermiere come soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia del paziente, poiché ha l’onere di vigilare sul decorso post-operatorio proprio al fine di consentire l’intervento del medico. Dunque nei confronti dei pazienti medico e infermiere hanno un’autonoma posizione di garanzia.

Responsabilità penale d’equipe. Non vi è alcun riferimento normativo a riguardo, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel considerare vigente il principio di affidamento secondo il quale ogni sanitario nell’attività di equipe deve svolgere secondo i doveri di diligenza, perizia e prudenza le proprie mansioni, avendo “fiducia” nel lavoro altrui. La Corte di Cassazione[8] ha sottolineano la necessità di accertare, case by case, il ruolo svolto dal singolo componente dell’équipe, al fine di determinare la responsabilità penale. Il principio di affidamento incontra dei limiti tra i quali vi è l’obbligo per il sanitario di verificare la conformità alle regole dell’attività posta in essere dal collega e se del caso porre riparo ad eventuali errori evidenti e rilevabili con il supporto delle conoscenze comuni del professionista medio[9].

In sede di c.d. “passaggio delle consegne” tutti i sanitari che prendono in cura il paziente assumono nei suoi confronti una posizione di garanzia e l’attività di ogni sanitario deve coordinarsi con quella del collega che subentra a quello uscente. Colui il quale “succede” nella posizione di garanzia non può ritenersi sollevato dall’obbligo di eliminare situazioni di rischio preesistenti; viceversa, chi vede altri subentrare nella posizione di garanzia non può, per ciò solo, ritenersi sollevato da responsabilità in relazione alla concretizzazione di rischi che egli stesso, in primo luogo, avrebbe dovuto eliminare[10]. Tutti i medici che partecipano al processo di cura del paziente, pertanto, devono adoperarsi per contribuire al coordinamento reciproco; ciò implica che sugli stessi incombe un dovere di informazione che richiede a ciascun medico di informare colui che subentra sulle condizioni di salute dei pazienti e delle particolari cure di cui necessitano; al contempo, in capo al subentrante grava il dovere di informarsi dal medico uscente sulle condizioni di salute e sulle particolari cure di cui necessita il paziente preso in carico: l’insoddisfacente comunicazione al cambio turni rappresenta, infatti, una delle principali cause di errori medici.

 

 

 

 

 

 

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[1] Art. 3 decreto Balduzzi primo comma “L’esercente la professione sanitaria che  nello  svolgimento della propria attività si attiene a linee  guida  e  buone  pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde  penalmente  per colpa lieve. In tali casi  resta  comunque  fermo  l’obbligo  di  cui all’articolo  2043  del  codice  civile.”
[2] Art 590 sexies c.p. «Art. 590-sexies  (Responsabilita’  colposa  per  morte  o  lesioni personali in ambito sanitario). – Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della  professione  sanitaria,  si applicano le pene ivi previste  salvo  quanto  disposto  dal  secondo comma. Qualora l’evento  si  sia  verificato  a  causa  di  imperizia,  la punibilita’ e’ esclusa  quando  sono  rispettate  le  raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e  pubblicate  ai  sensi  di legge  ovvero,   in   mancanza   di   queste,   le   buone   pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni  previste  dalle predette linee guida risultino adeguate alle  specificita’  del  caso concreto».
[3] Corte di Cassazione sentenza n.8115/2019
[4] Imperizia quando vi è una carenza di cognizioni o di abilità esecutive nello svolgimento di attività tecnico assistenziali
[5] Si ha negligenza quando vi è l’omissione di un’azione doverosa mentre vi è imprudenza quando vi è la violazione del divieto assoluto di agire o di agire con particolari modalità.
[6] Sezioni Unite sentenza n.8770/2018
[7]Corte di Cassazione sentenza n. 05/2018
[8] Cass. pen, sez. IV 18 giugno 2013, n. 43988
[9]Cass. pen., sez. IV, 24 gennaio 2005, n. 18548; Cass. pen., sez. IV, 6 aprile 2005, n. 22579.
[10] Cass. pen., sez. IV, 26 maggio 1999 Nello stesso senso Cass. pen., Sez. IV, 1° ottobre 1998.

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